Iran, ipocrisia dei rossi sull'arresto di Cecilia Sala
Commento di Giovanni Sallusti
Testata: Libero
Data: 28/12/2024
Pagina: 1/9
Autore: Giovanni Sallusti
Titolo: Cari progressisti, sveglia L’Iran che l’ha arrestata arma da anni i terroristi

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 28/12/2024, a pag. 1/9 con il titolo "Cari progressisti, sveglia L’Iran che l’ha arrestata arma da anni i terroristi" il commento di Giovanni Sallusti.

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Giovanni Sallusti

Cecilia Sala è prigioniera del regime totalitario islamico iraniano. La sinistra intellettuale, ipocritamente, trascura questo "dettaglio", chiede la sua liberazione, ma non dice da chi.

Cecilia Sala è prigioniera, purtroppo e dannazione, e #cecilialibera è un coro per una volta di una unanimità bella, auspicabile, necessaria. Libera da cosa, è la subordinata immediata.
Dal totalitarismo islamista liberticida e misogino, dalla notte teocratica in cui l’unico diritto è costituito dalla sharia e dall’arbitrio degli ayatollah.
Se la detenzione della giornalista italiana nel carcere di Evin (destinato espressamente a reprimere il dissenso e tetramente noto per la sistematica violazione dei diritti umani) innesca quell’orrore unanime, è perché di fronte al volto, alla storia, alla persona con la cui penna e la cui voce abbiamo confidenza quotidiana, le costruzioni ideologiche franano gli esotismi intellettuali evaporano, le idealizzazioni codarde del regime si sfaldano.
$ semplicemente orrendo, essere in una galera iraniana per aver esercitato la libertà di stampa e d’espressione, ed è orrendo esattamente perché c’è un nesso tra le due cose. Non è orrendo da ieri mattina però, da quando è stata battuta la notizia che nessuno avrebbe voluto dare, Cecilia da dieci giorni in mano alla Repubblica islamica. Lo è dall’aprile 1979, quando venne appunto proclamato un tal genere di Repubblica. Con le parole di allora dell’ayatollah Khomeini: «Non solo una Repubblica, non una Repubblica democratica.
Non usate la parola “democratica” per descriverla. Questo è lo stile occidentale».
La rivoluzione khomeinista nasce contro «lo stile di vita occidentale», e paradossalmente proprio questa chiarezza estrema del suo padrino sul tema generò l’innamoramento fatale presso le élite occidentali. Esangui, ormai dedite alla decostruzione del proprio mondo (quindi in guerra culturale contro di esso), alla ricerca perenne di un “altrove” salvifico che le purifichi dal loro peccato originale, l’appartenenza alla civiltà infetta e colonialista. $ il grande abbaglio che inizia con i philosohes in ginocchio dall’ayatollah, capofila quel Michel Foucault in fregola per «il tentativo di aprire nella politica una dimensione spirituale».

RESISTENZA PALESTINESE

Ed è il grande abbaglio che ci siamo trascinati fino all’altro ieri, fino a cinque minuti prima di quell’agenzia maledetta. Ce lo siamo trascinati perfino nelle piazze post- 7 ottobre, anzi soprattutto in quelle. Tutte quelle piazze ideologicamente ubriache che in questi mesi hanno inneggiato alla fantomatica “Resistenza palestinese” (e non sono poche, non sono per nulla residuali, anzi sono sempre coccolate dal mainstream mediatico-artistoide) inneggiavano di fatto ai rapitori (perché questo sono, sotto la sharia la giustizia è roba da predoni) di Cecilia. Inneggiavano alla piovra del Terrore che con un braccio aveva appena macellato i civili israeliani, ma che ha la testa a Teheran.
Ce l’ha detto un paio di mesi fa il rapitore in capo, la Guida Suprema Ali Khamenei: «Il 7 ottobre è stata un’azione perfettamente giustificata e logica basata sul diritto internazionale».
Tutti coloro che non hanno denunciato questo obbrobrio, tutti coloro che l’hanno raccontato come il messaggio istituzionale di un capo di Stato, e non il grido di guerra del capo dei tagliagole, hanno fatto il gioco di quell’orrore che oggi ha imprigionato Cecilia. «All eyes on Rafah», urlavano e ri-postavano compulsivamente nella loro ossessione monomaniacale, il presunto genocidio in cui consisterebbe la reazione dell’unica democrazia del Medio Oriente al pogrom.

FINTI ESPERTI

Tutti gli occhi su Rafah, e intanto nessuno guardava a Teheran, agli omosessuali impiccati, alle donne massacrate dalla polizia morale, ai finanziamenti e alle armi smistate per i tentacoli della Piovra. Peggio ancora degli islamo-gauchisti, ci sono stati e ci sono i finti esperti, i geopolitologi da talk show, che stravaccati in poltrona soppesano le ragioni di Israele e le ragioni dell’Iran come fosse una querelle tra due Stati di diritto entrati in collisione, non una lotta esistenziale tra libertà e barbarie.
Ecco, tutta questa fauna politico-intellettuale che, consciamente o inconsciamente, ha sempre visto di buon occhio la rivoluzione islamista, perché in fondo era anzitutto una rivoluzione antioccidentale, anticapitalista e (ça va sans dire) antiebraica, oggi scopre la barbarie. Perché non puoi non scoprirla, di fronte all’inaudito, di fronte a Cecilia in una cella per aver scritto, parlato, pensato, da donna libera. L’augurio allora è doppio. Che Cecilia torni immediatamente, anzi che sia già tornata quando questo pezzo va in stampa. E che nessuno si dimentichi più della barbarie.

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