I successi di Netanyahu nella guerra di rinascita per Israele
Commento di Fiamma Nirenstein
Testata: Il Giornale
Data: 28/12/2024
Pagina: 10
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: I successi di Netanyahu nella guerra di rinascita per Israele

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 28/12/2024 a pag. 10 il commento di Fiamma Nirenstein dal titolo: "I successi di Netanyahu nella guerra di rinascita per Israele". 


Fiamma Nirenstein

Benjamin Netanyahu al fronte. Sta vincendo una guerra nata dal pogrom del 7 ottobre, dalla disfatta peggiore della storia di Israele. In 15 mesi Netanyahu ha trasformato la sconfitta in una rinascita.

Nella resistenza millenaria alle persecuzioni che ha consentito la sopravvivenza del popolo ebraico, rifulgono i leader: sono tanti fin dalla Bibbia. Mosé, eroe della libertà dalla schiavitù egizia, padre della legge che ha fondato il mondo moderno, e poi Judah Maccabi, Tuvia Bielsky, Mordecai Anielewicz, Hanna Senesh, gli eroi del sionismo. Oggi alla loro lista si aggiunge il nome di Benjamin Netanyahu, con la sua sfida al mondo che ha restituito a Israele il ruolo di responsabilità e di eccezionalità che il 7 ottobre gli aveva strappato. Guerra di rinascita. La sua determinazione a stroncare il mondo islamista dell’odio, a fronteggiare le imposizioni americane e la diffamazione antisemita dell’Occidente in questi 15 mesi di guerra, a rifiutare il cessate il fuoco lasciando in vita Hamas ed Hezbollah, ha restituito la vita a Israele e ha distrutto il piano di dominio dell’Iran che era una minaccia per il mondo intero. Ha anche emarginato il dominio russo dalla Siria, ha creato le premesse per una vera pace coi Paesi moderati.

Netanyahu la mattina del 7 ottobre fu chiamato alle 6:29, si trovò di fronte 1.200 omicidi, un’antologia di odio genocida; subito dichiarò la guerra che ancora dura mentre già si sollevava l’antico odio antisemita nel mondo: un leader che guida un governo di destra, quindi inviso a Onu, Ue, all’America di Biden, ha mantenuto un Paese unito nella guerra nonostante la persecuzione delle organizzazioni come la Corte internazionale di giustizia e il Tribunale Penale Internazionale che hanno preteso di farne un genocida; ha sopportato un attacco dell’informazione; ha accettato il processo che lo segrega sei ore tre volte a settimana con accuse politiche; ha affrontato il suo proprio dolore per i rapiti, per gli uccisi, per l’antisemitismo e ha pensato, disegnato, si è contrapposto a chi gli chiedeva di non andare a Rafah, e questo è stata una dimostrazione di fede in Israele. Netanyahu è entrato a Gaza che già il mondo gridava «cessate il fuoco» e ha sostenuto la minaccia di Biden di bloccare l’invio delle armi se avesse deciso di entrare a Rafah.

Bibi ha dovuto aprire il fronte degli Hezbollah. L’esercito ha mostrato un incredibile valore, le riserve sono tornate più e più volte al fronte lasciando famiglie e lavoro. Anche qui, Netanyahu ha agito nonostante molti sconsigliassero di battersi: distruggeranno Israele coi loro 250mila missili iraniani, dicevano. La strada però il 24 luglio al congresso Usa si apre quando Bibi sente il caloroso supporto per l’Israele del confine, del sogno di essere un popolo libero nella propria terra. Il 17 settembre, sempre fra mille discussioni interne, esplodono i beeper degli Hezbollah, e si prepara anche l’impossibile eliminazione del diabolico capo della resistenza organizzata dagli iraniani: il 24 Nasrallah muore nel bunker, e a Gaza il 16 ottobre Sinwar viene incenerito. Quando l’Iran ad aprile e a ottobre pensa di terrorizzare e forse distruggere Israele con missili balistici, Israele si leva in volo, coadiuvata da Gb, sauditi, americani. La coalizione del futuro è già là, mentre crolla il domino russo in Siria, Assad fugge sgomberando l’autostrada delle armi iraniane verso il Libano. Bibi è tornato adesso con un elicottero sulle alture siriane dove ha combattuto nell’unità speciale. In alto un cielo da cui adesso, finita l’operazione contro la minaccia Houthi, si può passare liberamente per colpire l’arma atomica iraniana in costruzione, operazione già discussa con Trump.

Essere un popolo libero nella nostra terra, dice «Ha Tikva» «La Speranza», l’inno ebraico. Netanyahu ha viso pallido e occhi stanchi, ormai gli si vedono i 75 anni, e sembra un po’ Churchill. 

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