Riprendiamo da LIBERO di oggi, 24/12/2024, pag. 17, con il titolo "Trump rivuole Panama per toglierla ai cinesi e mira alla Groenlandia", la cronaca di Carlo Nicolato.
Carlo Nicolato
Dallo stretto di Panama alla Groenlandia (senza dimenticare il Canada), il presidente Trump vuole prendersi tutto.
«“Qualcuno ha mai sentito parlare del Canale di Panama?», ha detto domenica all'AmericaFest. «Perché ci stanno fregando al Canale di Panama come ci stanno fregando ovunque altrove». Sì è vero, ha poi aggiunto, «è stato dato a Panama e al popolo di Panama», dagli stessi Stati Uniti che l’hanno costruito, «ma contiene delle disposizioni». E poche ore dopo, annunciando la nomina di Ken Howery come nuovo ambasciatore Usa in Danimarca, ha scritto: «Ai fini della sicurezza nazionale e della libertà in tutto il mondo, gli Stati Uniti d’America ritengono che la proprietà e il controllo della Groenlandia siano una necessità assoluta».
L’INFLUENZA DI PECHINO
Trump è impazzito? Dipende da che prospettiva si vuole vedere il quadro complessivo. Riguardo a Panama il presidente entrante ha ammonito che «se i principi, sia morali che legali, di questo magnanimo gesto di donazione non saranno rispettati chiederemo che il Canale di Panama ci venga restituito integralmente, rapidamente e senza fare domande». Il riferimento è ovviamente ai rapporti tra lo Stato di Panama e la Cina, diventati sempre più stretti dal 2017. Anche se molti degli investimenti annunciati, come il treno ad alta velocità, sono naufragati, è rimasto saldo l’interesse di Pechino per lo stretto, nodo cruciale per il commercio mondiale, tanto che attualmente la Cina è proprietaria, attraverso la Hutchison con sede a Hong Kong, di due dei cinque principali porti della zona, uno su ogni lato del canale.
Di fatto mentre gli Stati Uniti si concentravano sul Medio Oriente, la Cina ha trasformato Panama in un hub geografico e commerciale chiave, rafforzando anche la sua influenza politica e economica.
Aziende cinesi si stanno occupando di ristrutturare il porto di Fuerte Amador, nonché di costruire il quarto ponte sul canale. Huawei, ZTE e Xiaomi hanno ormai quasi il monopolio delle telecomunicazioni panamensi, mentre Hikvision e Dahua hanno quello dei sistemi di sorveglianza. Per non parlare della frenetica attività di banche cinesi come la Bank of China, la China Development Bank, la China Export-Import Bank e l'ICBC.
E la Groenlandia? Pechino aveva messo gli occhi anche sull’uranio della grande isola artica, ma il piano per accaparrarselo è fallito grazie all’opposizione degli inuit. La Groenlandia, dicono, è anche il chiodo fisso di quel pazzo di Trump sulla quale aveva avanzato pretese già durante il primo mandato ricevendo una risposta stizzita dall’attuale proprietario, la Danimarca. Ma è quasi un secolo che gli Stati Uniti puntano a impossessarsi dell’ isola.
Se il tycoon è un pazzo perché vorrebbe comprarla dovremmo dire che lo erano anche Eisenhower e lo Stato Maggiore americano che dopo averla classificata come sede essenziale per le basi americane in chiave antisovietica avevano provato a comprarla. Si limitarono tuttavia a firmare un trattato con la Danimarca che conferiva agli Stati Uniti la giurisdizione esclusiva della difesa. D’altronde basta guardare una cartina dell’Artico per rendersi conto dell’importanza strategico-militare della Groenlandia in una contrapposizione con la Russia.
IL CONTROLLO DELL’ARTICO
Negli ultimi anni l’interesse di Washington perla Groenlandia è tornato a crescere, specie dopo l’inizio della guerra di Mosca contro l’Ucraina. I motivi sono molteplici, ancora strategici e militari ma anche economici, visto che l’isola è ricca di gas, petrolio, terre rare e, appunto, uranio. Ma soprattutto, come ha detto Walter Berbrick del Naval War College, «chiunque detenga la Groenlandia deterrà l'Artico. È la posizione strategica più importante nell'Artico e forse nel mondo». Il controllo dell’Artico è ancora più fondamentale per la Russia, circa l’80% del gas liquido naturale del mondo viene da lì e il 40-42% delle esportazioni di idrocarburi russe arrivano dall’Artico, in particolare dalla penisola di Yamal. Per non parlare di minerali come nichel e cobalto fondamentali per le batterie e non a caso esenti da sanzioni. L’Artico è anche la via marittima più breve tra Russia e Cina e quest'anno per la prima volta un’enorme portacontainer (il Panamax, Flying Fish 1) ha attraversato tale rotta andando da San Pietroburgo alla città cinese di Qingdao. Nell’apparente disinteresse dell’Occidente lo scorso mese Putin ha varato la più grande nave rompighiaccio del mondo a propulsione nucleare, costruita grazie alle sovvenzioni di Pechino. Un’altra rompighiaccio ancora più grande, dal costo di un miliardo di dollari, è in via di costruzione nei cantieri di Vladivostok.
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