Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 22/12/2024, a pag. 14, con il titolo "Gli Houthi spaventano ancora Tel Aviv. Netanyahu: pace solo senza più Hamas" l'analisi (faziosa) di Giusi Fasano.
Giusi Fasano
«Il lungo braccio di Israele vi raggiungerà». Israel Katz, il ministro della Difesa israeliana, lo dice agli Houthi, che sono nello Yemen a più di 2.000 chilometri da lui ma che cominciano a essere un problema serio per il suo Paese. Ieri notte l’attacco forse più preoccupante. Un missile balistico lanciato dallo Yemen è riuscito ad arrivare al suo obiettivo: Tel Aviv. Ha colpito un piccolo parco giochi per bambini in mezzo a due palazzi residenziali e 23 persone sono rimaste ferite, per lo più dai frammenti di vetro delle finestre esplose. Una persona non ha retto alla paura ed è morta di infarto.
Contro l’attacco — che gli stessi Houthi hanno rivendicato spiegando che si è trattato di un «missile balistico ipersonico» battezzato come «Palestina2» — sono stati attivati gli intercettori dell’aeronautica militare israeliana. Ma è stato inutile: tutti i tentativi di abbatterlo con il sistema di difesa Arrow sono falliti. Nei video diffusi poi su vari canali Telegram si vede l’«inseguimento» e infine l’impatto al suolo.
Preoccupante, appunto. Tanto che l’esercito israeliano, secondo il Times of Israel, avrebbe aperto «indagini approfondite sull’incidente», oltre ad ammettere il fallimento dell’operazione e a rivelare che l’Aeronautica militare ha «imparato la lezione» studiando le cause del mancato abbattimento. «Per motivi di sicurezza operativa — spiegano — non possiamo dare ulteriori dettagli sulle attività di difesa aerea e sul sistema di allerta».
Giovedì notte i frammenti di un altro missile lanciato dagli Houthi avevano colpito una scuola a Ramat Gan (Est di Tel Aviv), e anche ieri pomeriggio un drone che arrivava quasi certamente dallo Yemen è stato abbattuto nello spazio aereo israeliano.
Gli Houthi yemeniti, i cosiddetti Partigiani di Dio (arabi di fede sciita zaidita armati dall’Iran) sono da sempre ostili ai «sionisti imperialisti», ma da quando è partita l’offensiva contro Hamas, dopo il massacro del 7 ottobre, il nemico non è più soltanto Israele. In solidarietà ai palestinesi di Gaza chiedono il cessate il fuoco immediato nella Striscia e, per imporre le loro richieste al mondo, non hanno esitato ad attaccare la navigazione commerciale nel Mar Rosso costringendo le compagnie di trasporto a cambiare rotta. Ma Israele resta il primo nome della loro lista nera, con lanci sistematici di missili e droni quasi sempre intercettati. Le forze di difesa israeliane rispondono attaccando i loro porti, centrali elettriche, strutture militari, obiettivi strategici nella capitale, Sana’a...
Il premier Benjamin Netanyahu ha alzato la voce contro gli Houthi dopo l’attacco alla scuola di quattro giorni fa: «Non stanno attaccando solo noi, stanno attaccando il mondo intero», ha detto. E ieri è tornato a parlare dell’accordo fra Israele e Hamas per liberare gli ostaggi e per il cessate il fuoco a Gaza. «Non è mai stato così vicino» avevano detto fonti da entrambe le parti soltanto pochi giorni fa. Ma adesso è lui a frenare gli entusiasmi. In un’intervista rilasciata ieri al Wall Street Journal, Bibi, come lo chiamano da queste parti, ha detto che Israele «sta vincendo alla grande» contro i suoi oppositori e ha precisato che non ha nessuna intenzione di firmare un accordo con il movimento islamista palestinese per la liberazione degli ostaggi se prima non avrà sradicato il gruppo dalla Striscia di Gaza. La tregua totale, in sostanza, è una opzione soltanto se e quando Hamas sarà neutralizzato. «Non accetterò di porre fine alla guerra prima di aver rimosso Hamas», dice. «Non li lasceremo al potere a Gaza, a circa 50 chilometri da Tel Aviv. Non accadrà». Resta invece in piedi, ha spiegato, la possibilità di un accordo parziale in cambio di una pausa nei combattimenti.
A criticare duramente Israele ieri è stato però il Papa. Francesco ha detto che «il Patriarca non lo hanno lasciato entrare a Gaza e sono stati bombardati bambini: questa è crudeltà, questa non è guerra, voglio dirlo perché tocca il cuore».
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