Il Medio Oriente post Assad 11/12/2024
Analisi di David Elber
Autore: David Elber

Il Medio Oriente post Assad
Analisi di David Elber 

Via Assad, cade un'altra pedina importante dell'Iran nel Medio Oriente. Per Israele è sicuramente una vittoria, ora però deve puntellare i confini, con nuove alleanze, per tenere alla larga la minaccia dei nuovi jihadisti.

La caduta del regime di Bashar Assad è stato un altro duro colpo per l’Iran. Dal 7 ottobre 2023, in poco più di un anno, Israele (lasciato completamente solo dai finti alleati) è riuscito a disarticolare i più pericolosi gruppi terroristi, armati e finanziati dall’Iran, Hezbollah e Hamas. Ha colpito duramente gli Houthi in Yemen e l’Iran stesso distruggendone le difese aeree. Tutto questo ha indebolito l’immagine di un Iran aggressivo e potente. In un teatro come il Medio Oriente, dove non c’è spazio per il “buonismo”, per i “ponti” e per la pace come la si intende in Europa, ma che rispetta solo la forza e la determinazione, la conseguenza di tutto questo, è stata la caduta del regime di Assad visto ormai come l’anello più debole del sistema di alleanze creato negli ultimi decenni dagli Ayatollah. Così, la componente minoritaria alawita (sciiti) che controllava la Siria da oltre 50 anni, tra massacri e pulizia etnica, quando è stata abbandonata dai suoi principali protettori (Russia e Hezbollah) oltre dall’Iran stesso, è stata subito aggredita e sconfitta. Ciò è stato possibile dal concatenarsi di diversi avvenimenti: guerra in Ucraina, sconfitta di Hezbollah e distruzione delle difese aeree iraniane, che hanno portato i ribelli siriani sunniti, appoggiati da Turchia e Qatar, a condurre un’offensiva – dopo oltre 5 anni di calma – che ha sbriciolato quel che rimaneva delle forze governative di Assad.

Come ha sottolineato il premier israeliano Netanyahu, tutto questo è potuto avvenire solo grazie alla forza e alla determinazione di Israele a difendersi e a confrontarsi direttamente con l’Iran, palesando così la sua debolezza. Ora proviamo a delineare i prossimi scenari che si apriranno in Medio Oriente.

Per prima cosa è da sottolineare che per l’Iran la perdita della Siria è un colpo durissimo per un duplice motivo. Primo, la Siria era da anni il deposito di armi per Hezbollah, vi erano istallazioni militari, missilistiche e radar direttamente controllate dalle guardie rivoluzionarie iraniane. Secondo, il territorio siriano forniva “l’entroterra logistico” per Hezbollah, il quale poteva a suo piacimento spostare armi, missili e truppe per sottrarle ai raid israeliani in Libano. Ora sono i siriani rimasti fedeli ad Assad che fuggono in Libano per sfuggire al regolamento di conti con i sunniti siriani. Nell’immediato questa nuova realtà in Siria è indubbiamente una vittoria per Israele, ma sarà così anche nel prossimo futuro? Probabilmente no. Il nuovo regime che si sta strutturando a Damasco non è meno pericoloso di quello che ha appena spodestato. I terroristi raggruppati in una nuova sigla (Hayat Tahrir al-Sham) non sono altro che quelli di Al-Nusra e prima ancora di Al-Qaeda. In pratica dei tagliagole non meno efferati del regime che hanno sconfitto. Perciò, Israele, ben guidato da Netanyahu, ha iniziato a prendere le sue precauzioni: ha occupato la zona smilitarizzata dal 1974 per predisporre delle difese a possibili attacchi terrestri, in più sta distruggendo la maggior parte dell’aviazione siriana, della marina militare e i centri per la produzione di armi chimiche oltre che i depositi di missili iraniani. Si contano almeno 300 raid in pochi giorni. Oltre a ciò, Israele ha iniziato un lavoro diplomatico, sotto traccia, con i curdi e i drusi di Siria per stringere alleanze per contrastare questa nuova organizzazione terroristica al potere. Tale azione politica non è meno importante di quella militare, anzi, in prospettiva a lungo termine, se avrà successo, può risultare ancora più importante. Però, essa sarà fortemente contrastata dai nemici di Israele (Iran, Russia, Turchia e paesi arabi) e dai finti amici di Israele (Unione Europea). Questo per ragioni diverse. Per i primi, una Siria disintegrata e debole non sarebbe più uno dei baluardi anti israeliani; per i secondi, che non hanno mai capito le dinamiche del Medio Oriente, è ancora inconcepibile abbandonare le logiche dello Stato nazionale, anche se, in Medio Oriente, non hanno mai funzionato tranne che per due eccezioni: Israele e Turchia. Quindi prevedo che l’Europa farà di tutto per preservare i confini della Siria sotto il nuovo regime terrorista, a discapito delle minoranze (principalmente curdi e drusi) che subiranno i soprusi del nuovo regime sunnita, pur di mantenere una parvenza di Stato nazionale che esiste sono nelle carte geografiche e nelle teste bacate dei politici europei. Ciò per preservare il concetto di integrità territoriale statuale – mai attecchito in Medio Oriente – a discapito dell’indipendenza su base clanico-famigliare che ha molto più senso in questa parte del mondo. Per l’Europa è meglio un regime che massacra la propria popolazione entro confini certi, che l’incertezza di nuovi confini su base etnica. Questo lo si è visto nell’ultimo secolo con i massacri di curdi, cristiani, yazidi, sciiti (nei paesi sunniti) e sunniti nei paesi sciiti. Tutto questo pur di mantenere un ordine costituito con la fine della Prima guerra mondiale. Una rottura con questa logica potrebbe venire dalla nuova amministrazione Trump, la vera grande incognita dei prossimi anni.

Israele cercherà di puntellare i confini con nuove alleanze, i drusi in Siria, e con i finti amici in Giordania, che sono sempre meglio dell’Iran o dei tagliagole di Al-Qaeda. Questo potrà realizzarsi solo con il pieno sostegno dell’amministrazione Trump e non certo con l’aiuto dell’Europa.

Un’altra grande incognita è rappresentata dalla Turchia di Erdoğan, per ora, la vera vincitrice dello scombussolamento siriano. Le mire espansionistiche turche sono già evidenti da tempo: ha già compiuto operazioni di pulizia etnica nel nord della Siria (Afrin e ampie zone del Rojava curdo) dove ha creato una buffer zone di 30 km di profondità dal confine turco, nella quale ha cambiato la composizione etnica del territorio. La vittoria dei sunniti di Al-Golani permetterà a Erdoğan di estendere il suo controllo su altre parti del paese. Questo fintanto che i terroristi di Hayat Tahrir al-Sham avranno bisogno dell’appoggio logistico e di armi dalla Turchia (per i soldi ci pensa il Qatar). Però, quando i terroristi avranno consolidato il loro potere (legittimato dall’Europa) si rivolgeranno ai padrini arabi per le armi e le infrastrutture e inizieranno così gli scontri con i turchi.

I prossimi obiettivi di Israele dovranno essere quelli di colpire i siti nucleari iraniani per far crollare il regime e contrastare, con l’aiuto di Trump, l’espansionismo neo ottomano di Erdoğan, l’altra grande minaccia alla stabilità del Medio Oriente.


David Elber