Riprendiamo da BET Magazine, numero di dicembre, a pag. 20/21, il commento di Ester Moscati con il titolo "Quei cattivi maestri, seminatori di odio (davvero inconsapevoli?)".
Roberto Vecchioni, così come Alessandro Barbero, Michele Serra, Carlo Rovelli, sono diventati predicatori contro Israele. Provenienza e cultura diversissime, ma un unico obiettivo: quello di negare legittimità allo Stato ebraico.
Provengono da aree culturali diverse, sono laici, cattolici, sono di destra o di sinistra; ma in questi tempi difficili sono accomunati da una smania di comunicare qualcosa che sta diventando trasversale: il giudizio draconiano (e velenoso) su Israele e (più o meno di riflesso) sugli ebrei. Ma purtroppo questi “cattivi maestri” hanno in comune anche il fatto di essere… ottimi maestri, cioè capaci di farsi ascoltare da un pubblico vasto, soprattutto di giovani. Restii ad aprire un libro, molti ragazzi tra i 16 e i 25 anni si incollano al cellulare anche per informarsi sul presente e sul passato. Sono seguitissime su You Tube, per esempio, le lezioni dello storico del Medio Evo Alessandro Barbero. Peccato che quando, dal suo campo di studio, plana su ambiti diversi, in cui la sua formazione ideologica prevale sulla verità fattuale, i giovani ascoltatori delle sue lezioni, a centinaia di migliaia, si sentono dire che “Il regno di Israele non è mai esistito”. Chissà allora che cosa hanno conquistato i Romani, coniando le monete Judea capta. Mah…
Il fine? Negare il legame storico tra la terra di Israele e gli ebrei, a favore della propaganda Propal. Infatti, i commenti dei giovani ascoltatori (in questo specifico caso 957.000) alle lezioni di Barbero sono del tipo “Alessandro ho bisogno di sentirti parlare della Palestina; parla anche tre ore, ti ascolto sempre”.
Un’altra mente “brillante” dall’eloquio forbito è Carlo Rovelli, fisico e saggista, docente in Francia all’Università di Aix-Marseille, divulgatore scientifico capace di vendere un milione di copie di un libro come Sette brevi lezioni di fisica, davvero stupefacente. Ebbene, quando parla di Israele – e lo fa spesso – o dell’Ucraina, la polemica è inevitabile. Rovelli è contro gli aiuti militari a Kiev, per un pacifismo che nei fatti porta solo all’abbandono del più debole al giogo di Putin, e su Israele, che definisce “braccio armato dell’Occidente”, è lapidario: “Sto dalla parte dei ragazzi delle Università. Il boicottaggio è ragionevole” visto che lo Stato ebraico si difende, invece di cedere “pacificamente” al terrorismo.
Un altro professore che seduce le platee, dalla cattedra di un liceo al palco di un concerto, e più di recente nello spazio televisivo di trasmissioni come In altre parole, è Roberto Vecchioni. Nel programma di Massimo Gramellini (La7) che si vorrebbe intrinsecamente dedito al valore della “parola”, Vecchioni ha veicolato, senza minimamente discuterlo, un significato di “sionismo” ripreso da alcuni suoi giovani interlocutori: “dato che ormai Israele esiste, il Sionismo è oggi l’occlusione alle culture diverse”. Occlusione, badate bene: una definizione assurda per chiunque conosca minimamente Israele e l’ebraismo, una definizione che si allea indissolubilmente con l’antisemitismo. Sembra ignorare, il professor Vecchioni, che Israele esiste, ma la sua esistenza è continuamente minacciata; il Sionismo quindi, come “diritto alla autodeterminazione del popolo ebraico”, è ancora necessario, è un’ideale da difendere più che mai dopo il pogrom del 7 ottobre 2023, atto genocidario – quello sì – come programmato nello Statuto di Hamas.
Il Sionismo ha fatto sì che in un fazzoletto di terra fossero integrati ebrei provenienti da decine di Paesi diversi (europei, nordafricani, islamici) soprattutto dopo la cacciata di oltre 800.000 ebrei dal mondo arabo nel corso del Novecento: ma in Israele convivono anche due milioni di arabi con passaporto israeliano, e ancora cristiani, circassi, drusi, bahi, tutti con uguali diritti e doveri. Altro che “apartheid”, altra parola usata continuamente dai “cattivi maestri”, del tutto a sproposito. Come il termine “genocidio” di cui sarebbero vittime i palestinesi, termine che anche nella trasmissione di Gramellini è stata spacciata per “opinione legittima”, mentre è solo l’ennesima falsità. In una trasmissione sull’importanza delle parole, andrebbe specificato che il limite alla libertà di opinione non è solo la violenza, ma anche e soprattutto la verità.
Per questo il ruolo dei docenti è così importante: ammirare, come ha fatto Vecchioni, i suoi giovani accoliti antisionisti per il loro “attivismo”, rinunciando a istruirli ed educarli nei contenuti basilari della verità storica nella sua complessità, è una pericolosa rinuncia alle proprie responsabilità di insegnanti.
Ma non si è limitato a questo: Vecchioni si è speso anche per denunciare la mancanza di pietas verso Sinwar, la cui immagine è stata diffusa dopo la morte perché i palestinesi non ne negassero la fine, perpetuandone il mito. Il grecista ha paragonato il leader di Hamas addirittura all’eroe troiano Ettore, il “buono” per eccellenza dell’Iliade, le cui spoglie furono reclamate dal padre Priamo, nell’accampamento dei greci, con parole di rara dolcezza e valore etico. Non ricordiamo, da parte del professor Vecchioni, parole di pietas per i corpi delle giovani israeliane massacrate, esposte come trofei sui pick-up palestinesi. Ricordiamo Marika, la sua canzone in cui esalta una terrorista palestinese che si sta preparando a compiere un attentato: “Canta Marika canta, come sei bella l’ora del destino, ora che stringi la dinamite come un figlio in seno”.
Un’amaca contro il Levitico
Dopo Roberto Vecchioni, anche Michele Serra è scivolato su letture e paragoni improponibili, stigmatizzando quello che sarebbe “l’oscurantismo” degli ebrei del Levitico, che oggi si contrappongono agli ebrei “buoni”, liberal e democratici. Gli ebrei che si ispirano alla Torà, invece, secondo Serra, mollemente adagiato sulla sua Amaca (La Repubblica), sono fedeli alla vendetta, all’odio, alla Legge del Taglione, dimostrando di ignorare completamente l’esegesi ebraica del Levitico. Deve conoscerla Michele Serra? Non necessariamente, non è il suo campo; ma allora, se avesse l’onestà intellettuale (questa sì che è richiesta a chi del titolo di “intellettuale” si fregia) di ammetterlo, non dovrebbe parlarne. Come pure Dacia Maraini che, per esaltare Gesù, scrive: “Un giovane uomo che ha riformato la severa e vendicativa religione dei padri, introducendo per la prima volta nella cultura monoteista il concetto del perdono, del rispetto per le donne, il rifiuto della schiavitù e della guerra, i principi del vecchio Testamento, il suo concetto di giustizia come vendetta, la sua profonda misoginia, l’intolleranza e la passione per la guerra”. Una sequela atroce di falsità che, nei secoli, “infiniti lutti addusse agli ebrei”, per parafrasare le citazioni care a Vecchioni.
Del resto, non si possono rimproverare troppo Serra e Maraini se, nella reiterata condanna di Israele è caduto più volte, in questo terribile anno, persino un fine biblista come Monsignor Gianfranco Ravasi, il raffinato esegeta biblico, il Ministro della cultura vaticana ed esponente di quella Chiesa che si vorrebbe rinnovata, che ha riesumato la Legge del Taglione per definire la risposta militare di Israele a Hamas. Il tutto avvenuto durante la trasmissione su La7, di Massimo Gramellini (a questo punto ci chiediamo se sia un caso…) dove Ravasi ha addirittura tirato fuori il personaggio di Lemech, della stirpe di Caino, che è il simbolo della vendetta per eccellenza.
Cattivi maestri e cattive femministe
Ma in questo anno di sangue, inaugurato dal pogrom di Hamas il 7 ottobre 2023, non abbiamo assistito solo ai vaneggiamenti ideologici dei cattivi maestri (e maestre), ma anche a quelli delle cattive compagne, di strada e di banco, donne con cui abbiamo condiviso battaglie per la parità di diritti, per la dignità sociale. Donne, femministe, #nonunadimeno, che hanno sputato con indifferenza, se non con vero compiacimento, sui corpi delle ragazze israeliane stuprate, mutilate, uccise dai palestinesi, su quelle ancora ostaggio di Hamas. Lo strazio del “femminile ebraico” è stato ignorato, negato. Anni di “Me too” hanno portato a sostenere ogni donna che denunciasse molestie sessuali, stupri. “Noi ti crediamo!” è stato ed è un mantra irrinunciabile. Invece sul 7 ottobre, documentato dagli stessi terroristi attraverso le body-cam e diffuso sui canali Telegram il giorno stesso del massacro, si aprono i “forse” i distinguo, i “sì, ma”. Le donne che avrebbero voluto portare testimonianza di questi orrori alle manifestazioni femministe sono state allontanate, censurate, vituperate. “Te ne devi andare!”. Lo stupro di una bambina francese di 12 anni solo perché ebrea è stato completamente ignorato dalle femministe. Cattivi maestri, cattive compagne. Vergogna, tremenda vergogna.
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