Boualem Sansal, la sua storia
Newsletter di Giulio Meotti
Testata: Newsletter di Giulio Meotti
Data: 05/12/2024
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: 'L'Europa è succube del mondo islamico. Dov'è la reazione degli intellettuali?'

Riprendiamo il commento di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "L'Europa è succube del mondo islamico. Dov'è la reazione degli intellettuali?".


Giulio Meotti

Boualem Sansal, lo scrittore algerino che ci metteva in guardia dall'Islam, adesso è in carcere in Algeria e rischia l'ergastolo. Si sta realizzando la trama del suo romanzo di fantapolitica "2084" in cui immagina un totalitarismo islamico.

Da una settimana un grande scrittore è in prigione. Non una prigione qualsiasi. Una galera algerina. E nel silenzio totale della cultura, dei giornali e dell’editoria italiana ed europea. A valergli il soprannome di “Orwell algerino” è stato il romanzo 2084, in cui Boualem Sansal immagina un mondo distopico governato da una dittatura islamista. Autoprofezia, considerando quello che gli è appena successo.

Lo scrittore franco-algerino, 75 anni, è stato arrestato sabato 16 novembre dopo essere arrivato all’aeroporto di Algeri su un volo da Parigi. Da allora non ha dato più notizie ai famigliari. Così i suoi amici in Francia hanno dato l’allarme denunciando i troppi giorni di silenzio e si è saputo che il famoso scrittore è stato arrestato a Dar El Beida, a est di Algeri, subito dopo avere lasciato l’aeroporto. Agenti dei servizi algerini lo hanno fatto scendere dall’auto e preso in custodia. Emmanuel Macron è “molto preoccupato”. Sansal era pronto a trasferirsi a Parigi, troppo inviso al regime di Tebboune, troppo pericoloso continuare a vivere a Boumerdes, fuori Algeri. Un parente intervistato da Europe 1 dice che il suo entourage aveva tentato di dissuaderlo dal rimettere piede sul suolo algerino. “Sansal ha detto che non si era mai preoccupato”.

Ora l’agenzia di stampa pubblica algerina, in un articolo al vetriolo, accusa Sansal di essere il rappresentante della “Francia macronito-sionista”. Potrebbe essere perseguito ai sensi dell’articolo 87 del codice penale. Questo articolo descrive come “terroristico o sovversivo” qualsiasi atto che leda “la sicurezza dello Stato, l’integrità territoriale, la stabilità o il normale funzionamento delle istituzioni”. In questo caso, la pena massima prevista è la pena di morte, di solito commutata in ergastolo.

“Sono su tutte le liste nere”. Così Sansal raccontava di essere nel mirino del regime di Algeri e degli islamisti in Francia. E ora assume l’aspetto del Solzhenitsyn islamico, di immensa lucidità e coraggio.

In Italia nessuno scrittore o giornalista ha ancora fatto appello per la sua liberazione. Neri Pozza, la sua casa editrice, è l’unica per ora a chiederne il rilascio. Per il resto, silenzio. Basta ricordare la campagna per Patrick Zaki, lo studente e attivista egiziano in carcere che una volta uscito si è messo ad attaccare l’Occidente e Israele. Una campagna che raccolse il consenso bipartisan della nostra classe politica. Si voleva sollevare l’attenzione sul rispetto dei diritti umani e civili nell’Egitto del generale Al Sisi. Campagna sostenuta fortemente da tutti i giornali e televisioni.

Zero per Sansal. Si chiede un commentatore in Francia: “Scomparsa di Sansal, i grandi cavalieri dei diritti dell’uomo hanno perso la voce?”. Lo scrittore algerino non è il candidato giusto per le campagne pubbliche: è arabo ma filo-israeliano, ha dichiarato guerra all’Islam radicale ed è contro l’immigrazione, è ateo ma anti-woke e piange il declino del Cristianesimo europeo.

Iniziai a intervistarlo subito dopo gli attentati di Parigi.

E appena una settimana prima che finisse in prigione, quando avevamo parlato dell’antisemitismo in Europa. Molte le interviste per la newsletter: “Per l’Islam sarà un gioco da ragazzi prendersi la vecchia Europa”, “Quando la Francia si sveglierà sarà troppo tardi e scoprirà di essere ormai un paese islamista”, “Di fronte all’Islam, l’Occidente è una tigre di carta” e molte altre. E ancora: “Arrivano le moschee e scompaiono i simboli ebraici e cristiani. L’islamizzazione dell’Europa è rapida e agisce in profondità”.

Sapevo che Sansal sarebbe finito ucciso o arrestato. Due anni fa pubblicai questo articolo per la newsletter: “‘Se dovessi scegliere una sola parola per descrivere il male del nostro tempo, direi Islam’. Ho paura per Boualem Sansal dopo aver letto il suo saggio drammatico. ‘Non c’è terra dove l'Islam non abbia messo radici e non sia devastata. E domani? Il male sarà maggiore’”.

Nel video che pubblico siamo a un convegno a Roma nel 2016. Avevo chiesto a Sansal di parlarci dello “scandalo d’Israele nel mondo arabo”, lui che aveva subito la scomunica arabo-islamica per aver presentato un suo libro a Gerusalemme. Profetico come pochi altri scrittori viventi.

Boualem Sansal è in galera perché aveva ragione. Da decenni ci ricorda con la sua magnifica faccia da Comanche della prateria e il suo sorriso che “governare in nome di Allah” porta al peggio. Che la libertà è come l'aria. Quando ce l’abbiamo, non ci interessa. Quando il potere attacca gli scrittori è perché è nella sua fase terminale. Un Dio, in questo caso Allah, che ha bisogno del sangue degli esseri umani che non credono in lui è debole. Un regime che arresta gli scrittori è malato.

E per anni, Sansal si era rammaricato che noi occidentali, quando si trattava di libertà, giocassimo con il fuoco. Nelle università, nelle scuole, nei media, in politica, dentro noi stessi, la censura sta progredendo.

Che Boualem Sansal torni presto in libertà e continui a dirci quanto siamo fortunati a poterla respirare.

Giulio Meotti (a sinistra) e Boualem Sansal (in piedi, alle sue spalle)

Ripubblico la prefazione di Sansal al mio libro La dolce conquista.

L’Europa è passata dal blu al verde

di Boualem Sansal

Noi “lanciatori d’allerta”, che da decenni mettiamo in guardia contro i pericoli dell’Islam politico non solo i nostri compatrioti, ma tutti i popoli della terra, dovremmo infine prendere atto della nostra incapacità di destare le persone, smettere di suonare le campane a martello e finirla con l’importunarle.

Il cittadino medio non se ne accorge, ma la realtà di fondo è questa: l’islamismo sta colonizzando il mondo, procede a balzi dalla periferia al centro, imponendo i suoi ritmi, i suoi veli e il suo hallal, in attesa di una grande resa globale per poi promulgare la sua legge di ferro sulla Terra, in nome di Allah, l’Altissimo. Il nostro attivismo donchisciottesco è chiaramente un combattimento condotto dalle retrovie, lo riconosco. Come abbiamo potuto pensare che saremmo riusciti a persuadere le persone a contrastare insieme il progetto messianico dei Servi di Allah? Non c’è un profeta, nessuno in grado di risvegliare le coscienze.

Mentre ne sono circondate, abituate fin dall’infanzia a vedere il blu ovunque, le persone libere, come se ne possono ancora trovare nell’emisfero settentrionale, cantano, ballano e giurano che domani andrà meglio. Ridono di noi, del nostro lamentarci, delle nostre pur fondate previsioni, e ci negano persino il diritto fraterno di preoccuparci per loro, per i loro figli e per il loro paese; giurano di non avere nessun problema con l’Islam e con i musulmani, cosa che ben sappiamo essere vera e per la quale ci congratuliamo con loro; ma bisogna anche andare a vedere se vale il viceversa, perché la maggior parte dei musulmani non ha ancora ufficialmente rotto con la sharia, che continua ancora oggi, in questo XXI secolo di presunto globalismo, a obbligarli con tutta la sua forza. Felice, la gente afferma con orgoglio che l’islamismo non può fare nulla contro di loro, che sono intelligenti e brillanti, che la loro democrazia laica li protegge dalle dannose intromissioni religiose e ideologiche, che i loro paesi sono potenti, che le loro società sono immuni, e che sono in grado di accogliere e integrare anche il più recalcitrante dei credenti. Come argomento chiave ci ricordano che la Germania di Angela Merkel ha accolto un milione di migranti siriani in poche settimane, senza problemi. Ha dato loro conforto, li ha formati, ha concesso loro la cittadinanza, e li ha mandati a lavorare nelle sue belle fabbriche nelle quali si trasformeranno in perfetti tedeschi, disciplinati e produttivi. Hanno dimenticato ciò che è stato ripetuto loro per anni, oppure lo hanno udito ma non compreso, e cioè che l’islamismo agisce apertamente solo quando è ben radicato nel paese, quando ha sedato la diffidenza del popolo, sedotto gli ingenui, arruolato i fondamentalisti islamici e gli utili idioti, quando si è infiltrato nelle università, nei club sportivi, negli ambienti degli artisti intrisi di wokismo, quando ha instaurato una fiorente economia halal, preso il controllo dei grandi traffici e persuaso la classe dirigente che non c’è futuro per essa senza la benedizione di Allah e dei suoi rappresentanti. Si sono dimenticati, inoltre, che l’islam ha una vocazione universale, che le sue élite costituiscono una fratellanza planetaria molto più potente di tutte le altre fratellanze umane messe insieme, siano esse civili, religiose, finanziarie, massoniche o altro. Non ha scheletro, forma o cervello, solo tentacoli che si agitano in tutte le direzioni. La scienza non ne capisce nulla, e le scuole di guerra non sanno quali armi adottare per combattere il fenomeno. L’islamismo è stato creato dai grandi conquistatori musulmani dei primi secoli per far trionfare la religione di Allah, non per mandarla in rovina tra miserabili miscredenti. In verità, l’islam vince sempre, perché viene a conquistare ciò che nessuno protegge, ciò che nessuno difende, nemmeno i diretti interessati: l’anima delle persone, in primo luogo quelle che non sanno di averne una e quelle che credono che essa appartenga solo a Dio. Gli altri seguiranno, per codardia, opportunismo, wokismo.

Quando, poi, sfortunatamente per loro e per noi, essi si imbattono nella realtà, quando il sangue scorre e le teste rotolano, accusano noi “lanciatori d’allerta” di aver sconvolto i musulmani con i nostri discorsi, di averli stigmatizzati e di aver spinto i più fragili a radicalizzarsi. Loro, invece, sanno bene che i primi a soffrire a causa degli islamisti e dei loro missi dominici, dei dhimmi di ieri e dei fondamentalisti di oggi sono proprio i musulmani.

«In Francia, salutiamo coloro che appiccano i roghi e perseguitiamo coloro che suonano la campana a martello», diceva Nicolas de Chamfort, giornalista moralista francese del XVIII secolo, spesso citato da Eric Zemmour, giornalista polemista, e re dei suonatori di campana a martello in Francia. Quanto a stigma, lui, ebreo algerino, ne sa qualcosa, gli hanno appiccicato addosso qualunque cosa perché gli ingenui possano accorgersi con chi hanno a che fare: un paio di corna in testa, zoccoli al posto dei piedi, una coda appuntita che parte dal fondoschiena e un tridente in mano. Per convincerli una volta per tutte, dovranno spingere fino in fondo la loro logica e bruciarlo sulla pubblica piazza.

Che fare? La battaglia è persa? Dobbiamo venir meno al nostro dovere e accontentarci del conforto dell’indifferenza? A quale prezzo? Ci sono altre possibilità, più vili, come imparare a tradire e a monetizzare la nostra complicità; dopotutto, la causa degli islamisti e dei fondamentalisti islamici è onorevole se sei un islamista o un fondamentalista islamico, e se vuoi recare danno a coloro che la legge islamica – a meno di accettarne l’eventuale pentimento – ha già irrimediabilmente condannato: cristiani, ebrei, atei, apostati, bestemmiatori, sodomiti, adulteri, ecc., ecc., l’elenco è lungo. Si può anche cambiare paese, ma dove andare senza correre il rischio di vedere un giorno l’islamismo sbarcare anche lì? A parte la Corea del Nord, dove non può entrare nemmeno una mosca sperando di uscirne viva, e il Giappone, che tiene a distanza di sicurezza tutti gli stranieri, non vedo altre possibilità. Quella laggiù è l’Asia: un mondo di popoli ostinati, con il senso dell’eternità, e che nessuna moda – che in Europa va e viene come le onde dell’oceano, e finisce per rovinare tutto ciò che incontra sul proprio cammino – ha potuto sviare. Non hanno conosciuto né i ruggenti anni Venti, né la moda Hippy, né la moda Yéyé, né la moda Woke, e non conosceranno la moda che sta arrivando ora, che chiameremo Baby, quando ci si divertirà a fabbricare bambini come si coltivano i cavoli, in terreni presi in affitto situati all’altro capo del mondo, e che, una volta pronti, saranno recapitati tramite corriere espresso ai loro nuovi genitori. La vecchia Europa prosegue nel suo declino e continua a coprirsi di ridicolo.

Essa si trova di fronte a un problema insolubile: culla della civiltà occidentale, credeva di aver chiuso con le religioni, o quantomeno si era convinta di aver instaurato con esse un modus vivendi che garantisse a tutti la libertà di coscienza all’interno di una convivenza laica indolore.

Noi, abitanti di questo calamitoso XXI secolo, abbiamo il terribile privilegio di essere testimoni attoniti del declino di una grande civiltà, senza dubbio la più feconda della storia dell’umanità, quella occidentale. Abbiamo individuato mille cause della sua rovina, tra le più decisive c’è l’invecchiamento della sua popolazione e la concorrenza spietata di nuovi leader mondiali.

Ma c’è un’altra spiegazione, più radicale, che non si può indicare apertamente, ossia l’incontro con l’islam nel VII secolo, in Medio Oriente. Lo shock fu violento e decisivo, sono seguiti secoli di conflitti per i territori e per la legittimità davanti a Dio e agli uomini. Flussi e riflussi: l’islam ha cacciato il cristianesimo dal Medio Oriente, dal Nord Africa, dalla Spagna, da Bisanzio e da molti territori del Sacro Romano Impero, e nel frattempo ha sottoposto gli ebrei alla dhimma o li ha spinti a disperdersi in tutto il mondo. In seguito, le potenze europee coalizzate, che avevano perso tutte le crociate, a partire dal XVI secolo sono riuscite a riconquistare la Spagna, il Nord Africa e il Medio Oriente; l’abolizione del califfato ottomano nel 1924 ha segnato la fine della dominazione musulmana e il declino della sua civiltà. Ma, lungi dallo scomparire, l’islam ha ripreso subito l’iniziativa, ha liberato le sue terre dalla colonizzazione e ha iniziato una nuova conquista dell’Europa.

È una legge della biologia: come non si possono mettere due galli in un pollaio, così non si possono far convivere due racconti delle origini e dell’umanità; la terra non è grande abbastanza per ospitare due Verità, due Religioni, entrambe dedicate allo stesso unico dio. Una delle due dovrà farsi da parte. Ovviamente, sarà quella più vecchia, perché è ciò che impone la legge della biologia.

Ed ecco che questo Occidente cristiano, che appariva invincibile e proiettava con fierezza il proprio futuro nella conquista dello spazio e dell’onnipotente universo del Digitale, si sta disfacendo davanti ai nostri occhi sgomenti; non è altro che un vecchio corpo flaccido che la furia degli eventi sballotta di qua e di là. Sono sempre meno coloro che ritengono che resterà ancora a lungo il leader mondiale che è sempre stato fin dal Medioevo. Il suo tempo sarebbe scaduto, i “lanciatori d’allerta”, lo ripetono ogni giorno più forte.

Giulio Meotti presenta oggi un contributo decisivo davanti al tribunale della storia. Descrive una realtà che fa rabbrividire. Ci parla della moschea più grande d’Europa costruita a Roma, cuore della cristianità, dall’Arabia, cuore dell’islam; ci parla della grande moschea di Colonia, che l’amministrazione comunale ha appena autorizzato a schierare muezzin per chiamare i fedeli alla preghiera; ci parla di Malmö in Svezia, dove l’islamismo regna indisturbato; ci parla di Amsterdam e del suo spirito woke che è arrivato al punto di tagliare dall’Inferno di Dante un passaggio su Maometto ritenuto offensivo per i musulmani; ci parla di Parigi e del “cane dell’inferno” decapitato da un islamista; ci parla di Londra dove è piacevole vivere quando sei un islamista puro e duro; ci parla di Bruxelles, capitale d’Europa e centro di smistamento dei Fratelli Musulmani e di altri attivisti.

Riuscirà il suo reportage a mutare lo sguardo degli ingenui, affascinati come sono dai discorsi civettuoli degli islamisti e della sinistra islamista? Scommetto di no, il nostro amico Giulio Meotti dovrà scrivere molti altri reportage sulle grandi città europee diventate verdi o in procinto di esserlo: Marsiglia, Lione, Barcellona, Valencia, Manchester, Torino, Monaco, Ginevra, Vienna, giusto per completare la mappa confessionale dell’Europa.

Il suo racconto susciterà la curiosità delle autorità pubbliche? Scommetto di no, hanno tante altre cose da fare: arginare la Covid-19, pareggiare i bilanci, sorvegliare Putin, osservare i primi passi del nuovo cancelliere tedesco, Olaf Scholz, indovinare chi sarà il futuro presidente della Francia, ecc. L’islam politico e rivoluzionario può attendere.

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