Riprendiamo da LIBERO di oggi 24/11/2024, a pag. 1/10, con il titolo "Il mondo cambia. Il terzetto Trump-Musk-Milei indica direzioni e velocità nuove", il commento di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
Il mondo cambia ultravelocemente, e il terzetto Trump-Musk-Milei si propone oggettivamente come un nuovo plotone di guida su una rotta totalmente diversa rispetto ai vecchi percorsi (direzione a sinistra obbligata, Occidente autocolpevolizzato, autocrazie in espansione, fondamentalismo islamico all’assalto).
Quei tre leader – non dispiaccia a chi li detesta – potrebbero non rappresentare solo una parentesi, ma l’inizio di un tempo totalmente nuovo: di riscossa pro Occidente in politica estera, di rigetto dei dogmi statalisti in economia, di incanalamento in senso libertario e anti-politicamente corretto della grande arrabbiatura dei ceti medi (altro che moderati: qualcuno ne prenda nota, anche rispetto all’Italia).
Rispetto a tutto questo, che si pensa di fare da questo lato dell’Atlantico? La sensazione è che alcuni siano fermi alla celebre poesia di Guido Gozzano in cui si descrive il salotto di Nonna Speranza: “Loreto impagliato e il busto d’Alfieri”, “i fiori in cornice”, insomma un piccolo mondo antico che però – tornando alla nostra attualità – appare infinitamente lontano, un’altra era geologica, rispetto a ciò che sta per accadere a Washington.
Prendi il “Doge”, cioè il megadipartimento anti-burocrazia pensato da Trump per Musk e Ramaswamy.
Qua in Europa stiamo ancora a giochicchiare con il Pnrr e con altri piani pubblici, convinti che sia il potere politico (dall’alto di Bruxelles) a poter allocare le risorse per i prossimi sei-sette anni, stabilendo a tavolino quali settori premiare e quali punire.
E sempre in una logica ultra-dirigista: piani green, piani digitali, regolamentazione ossessiva, la pretesa (presunzione fatale, avrebbe detto Hayek) di indirizzare-piegare-plasmare le forze dell’economia. Là invece smonteranno la vecchia macchina burocratica, taglieranno gli sprechi e i sussidi, sfoltiranno le tasse e la regolamentazione, libereranno energie. E si prenderanno pure il lusso di raccontarlo in tempo reale: Musk e Ramaswamy hanno annunciato la nascita di un podcast per raccontare la “rivoluzione” in corso, in una logica di connessione totale con i cittadini. Esattamente il contrario dell’oscuro mastodonte bruxellese, che pretende di ingabbiare tutto senza mai spiegare niente a nessuno.
Dall’altro lato della barricata, pure i nemici dell’Occidente si organizzano. Coordinate o no che siano queste mosse, l’effetto è convergente. La Cina allarga la sua influenza in almeno tre continenti e cerca un cavallo di Troia pure in Europa, dove ha già sfondato grazie alle follie green. La Russia resta un enigma: potrebbe trattare con Trump cercando un’intesa stabile (speriamo), ma potrebbe anche preferire la minaccia costante rispetto a un “deal”, a un affare complessivo. Intanto, questa settimana, il fronte anti-Israele ha battuto un colpo attraverso la Corte penale internazionale e il suo mandato di arresto contro Netanyahu: finendo per utilizzare attrezzi giuridici costruiti quando un Occidente a guida dem si era illuso sulla “fine della storia”. E invece adesso strumenti pensati per colpire dittatori e criminali possono essere (a maggioranza anti -occidentale) utilizzati contro i nostri paesi.
La Corte, del resto, pur formalmente fuori dal sistema Onu, ne rispecchia pienamente le logiche: autocrati e islamisti coordinati tra loro che tengono in scacco l’Occidente. A maggior ragione, dunque, si pone un altro tema che definirei di livello strutturale: si può andare avanti con queste Nazioni Unite?
Forse le democrazie farebbero bene a muoversi di conseguenza: secondo una visione più cauta e riformista, costituendo un gruppo coeso all’interno delle istituzioni sovranazionali esistenti; secondo una visione più spinta, affiancando a quelle istituzioni delle costruzioni nuove in cui adeguati standard democratici siano premessa non aggirabile per ottenere la membership.
Non a caso Javier Milei insiste sul suo progetto di un quadrilatero Stati Uniti -Argentina -Italia -Israele come l’embrione di qualcosa di nuovo: non solo intese economiche, ma un “luogo” nel quale le democrazie trovino un nuovo e più stretto modo di cooperare e interagire tra loro.
Davanti a tutto questo, restano due misteri. Il primo è come i sonnambuli dell’Ue pensino di poter continuare nel loro dormiveglia o nelle loro ambiguità in un mondo totalmente cambiato. Guardate anche le contraddizioni della nuova Commissione che inizierà il suo lavoro il primo dicembre prossimo. La precedente era segnata dalla linea anti -Occidente del pessimo Borrell. La prossima oscillerà dall’orientamento ultra -occidentale dell’estone Kaja Kallas a quello pro -Pal e anti -mercato della spagnola Teresa Ribera. Tutto e il contrario di tutto: la premessa di una paralisi.
Il secondo mistero riguarda i nostri media, che – nel dubbio – si preoccupano di celare il nome stesso dei nemici. Prendete i giornali di ieri: possibile che Libero sia stato quasi l’unico quotidiano a citare nel titolo Hezbollah come gli autori dell’attacco a una base italiana? Altrove si è scelto – per così dire – di neutralizzare e spersonalizzare la notizia: «Libano, attacco agli italiani» (Repubblica),«Libano, missili sugli italiani» (Corriere della Sera), fino a un surreale «Missili fuori controllo» (Avvenire), come se l’attacco o i missili fossero partiti senza la volontà di qualcuno. Tra l’altro, sul quotidiano della Cei, anche ieri l’editoriale era di una sconcertante e unidirezionale durezza contro Israele e contro Netanyahu: ormai è una linea che dura da mesi. Carezze alla Cina, schiaffi a Israele, gelo per Trump. Ne prendiamo nota.
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