Riprendiamo da LIBERO di oggi, 19/11/2024, a pag. 14, con il titolo "Erdogan mette le mani sulla Palestina. Giallo su Hamas", la cronaca di Amedeo Ardenza.
Erdogan-show a Rio de Janeiro. La Turchia fa notizia nelle ore in cui nella grande città brasiliana si apre il vertice delle 20 nazioni più industrializzate. Si parte dal conflitto russo-ucraino: per la sua soluzione il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan presenterà un piano che passa dal congelamento della situazione militare e un impegno da parte dell’Ucraina a non entrare nella Nato per almeno dieci anni come anche dal rifornimento delle armi a Kiev per la difesa del Paese e il dispiegamento di caschi blu internazionali in una zona demilitarizzata nel Donbass.
Il piano non sarebbe sgradito al circolo dei consiglieri del presidente eletto degli Usa Donald Trump. La proposta del sultano è stata invece respinta dal Cremlino tramite il portavoce Dmitry Peskov secondo cui, ha scritto Interfax, «l’idea di congelare il conflitto lungo il fronte è inaccettabile per la parte russa». Erdogan si sta anche occupando di Medio Oriente, ribadendo la propria ferma ostilità nei confronti di Israele: nulla di nuovo per un leader diventato noto su scala globale per aver preso a male parole l’allora presidente israeliano Shimon Peres sul palco del Forum di Davos. Correva l’anno 2009.
Un quarto di secolo dopo il sultano se la prende con un altro capo di stato israeliano, Isaac Herzog. In queste ore, scrive il Daily Sabah, il governo di Ankara ha respinto la sua richiesta di poter utilizzare lo spazio aereo per recarsi alla Cop29, la conferenza sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite, a Baku, in Azerbaigian. E sempre in queste ore il Parlamento turco sta discutendo emendamenti per aumentare le pene nei confronti di chi venga condannato per spionaggio: cambiamenti invocati dal sultano in seguito all’arresto di decine di presunte spie di Israele in Turchia. Anche in questo clima di grande ostilità anti-israeliana – le relazioni commerciali erano già state congelato lo scorso maggio – il sultano ha riservato alla sua Turchia un ruolo importante sullo scenario israelo-palestinese: proprio questa settimana le forze di sicurezza di Ankara rilanceranno un programma di addestramento della polizia palestinese in Cisgiordania nel quadro di una vecchia intesa in vigore tra Ankara e l’Autorità nazionale palestinese. I corsi saranno tenuti da istruttori dalle accademie della polizia, gendarmeria e guardia costiera turche. Ankara ripropone con i palestinesi della Cisgiordania una forma di collaborazione già utilizzata negli ultimi anni in Libia, Afghanistan e nel nord della Siria, nelle aree in mano all’Esercito libero siriano.
Nelle ore in cui si riavvicina a Ramallah, il paese di Erdogan nega di essere diventato il nuovo protettore di Hamas. Il movimento terrorista palestinese sarebbe stato invitato dal Qatar a lasciare l’emirato che gli ha fornito protezione per dodici anni consecutivi. Un diplomatico arabo ha confermato che rappresentanti di Hamas avrebbero già lasciato Doha alla volta della Turchia, dove risiedono diversi loro famigliari. Le notizie secondo cui Hamas avrebbe trasferito la propria sede in Turchia non corrispondono a verità, ha però affermato una fonte diplomatica turca: le riunioni di Hamas in Turchia si terrebbero cioè a titolo informale. Un escamotage per sostenere i nemici di Israele senza incorrere in sanzioni Usa, che considerano Hamas un gruppo terrorista.
Gli Usa intanto danno nuovo impulso al tentativo di pacificare lo scontro in corso fra Israele e la milizia filo-iraniana di Hezbollah in Libano. Il Libano e Hezbollah hanno accettato la proposta degli Stati Uniti di un cessate il fuoco con Israele, ha dichiarato un alto funzionario libanese, descrivendo lo sforzo come il più serio per porre fine ai combattimenti. Ali Hassan Khalil, assistente del presidente del Parlamento libanese Nabih Berri, afferma che il Libano ha consegnato lunedì la sua risposta scritta all’ambasciatore statunitense in Libano e che l’inviato della Casa Bianca Amos Hochstein si sta recando a Beirut per proseguire i colloqui.
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