Il piano di Trump sul Medioriente. Pressioni per strangolare l’Iran
Commento di Fiamma Nirenstein
Testata: Il Giornale
Data: 17/11/2024
Pagina: 12
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: Il piano di Trump sul Medioriente. Pressioni per strangolare l’Iran

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 17/11/2024 a pag. 12 il commento di Fiamma Nirenstein con il titolo: "Il piano di Trump sul Medioriente. Pressioni per strangolare l’Iran". 


Fiamma Nirenstein

Mike Huckabee, nuovo ambasciatore Usa in Israele, riconosce l'appartenenza allo Stato ebraico di Giudea e Samaria. Non è il solo esponente molto filo-israeliano della prossima amministrazione Trump. Anche Rubio, Waltz, Stefanik sono tutti convinti che Israele debba vincere la guerra. Il piano sarà quello di strangolare l'Iran.

La “dream team” che Trump ha disegnato per affrontare il grande conflitto, testa a Teheran, tentacoli in tutto il Medioriente, epicentro in Israele, e quindi in tutto il mondo manifestanti e violenza woke, fa parte di un disegno per bloccare la guerra totalitaria, iraniana e russa. Come se la vedrà con Putin, è da vedere, e probabilmente quei droni iraniani contro l’Ucraina, e il loro passaggio in Siria verso gli Hezbollah, saranno decisivi nel raffreddare il rapporto. I personaggi che decideranno sul Medioriente non sono soltanto estimatori di Israele: ne sono sostenitori che conoscono la millenaria resistenza del popolo ebraico.

Nella dream team c’è una svolta concettuale fatta per spazzare via le bugie su Israele per cui l’antisemitismo è diventato moneta corrente della politica; è un alto là che intende concludere un ciclo, somiglia all’idea escatologica di riportare l’America alla sua grandezza. Una rivoluzione che “makes Israel great again” dopo che è stato tenuto per anni nel braccio della morte sotto la leadership degli Ayatollah, con la partecipazione venuta a compimento il 7 di ottobre della strage di Hamas, e poi dai missili degli hezbollah, e dall’esplicito esercizio balistico su Gerusalemme da duemila chilometri di distanza da una parte e dell’altra, Iran, Iraq, Yemen. Trump con queste nomine dice basta, e adesso si tratta di vedere se ci riesce: Marco Rubio, Segretario di Stato, dice che “Hamas deve esser completamente sradicato”; Michael Waltz, Consigliere per la Sicurezza Nazionale, dopo l’attacco iraniano ha detto che Israele deve distruggergli tutte le strutture nucleari e quelle energetiche; Mike Huckabee, nuovo ambasciatore, sostiene che non esiste il West Bank, si chiama Giudea e Samaria, ed è chiaro il diritto storico degli Ebrei al loro retaggio; Elise Stefanik prossima ambasciatrice all’ONU, ha svergognato e costretto alle dimissioni Claudine Gay, presidente dell’Università Harvard, che ha sostenuto che avocare lo sterminio degli ebrei è legittimo “a seconda del contesto”; Pete Hegseth, Ministro della Difesa, in varie visite in Israele ha mostrato la sua predilezione per il senso di sfida dei giovani ebrei a Nablus, o a est Gerusalemme. Il tema degli insediamenti è un cavallo di battaglia classico: Trump, si dice, ha un’agenda che si identifica con la destra israeliana. Ma le cose sono molto più complesse.

Trump è ben memore dei suoi ben riusciti Accordi di Abramo: al lato del piano di normalizzazione con gli Stati Arabi era previsto uno Stato palestinese demilitarizzato, e Israele in cambio degli accordi lasciò perdere un preventivo accordo sul 30 per cento della zona C, quello che gli accordi di Oslo affidano a Israele fino a una pace che gli dia sicurezza. Trump semplicemente sembra, scavalcando le formule fallite (terra in cambio di pace) sa che Israele è circondata, e che un sette ottobre è dietro la porta. Suo genero Jared Kushner, molto addentro i Patti di Abramo, sembra avrà un ruolo fondamentale in Medio Oriente; il suo partner preferito Elon Musk ha incontrato alle Nazioni Unite l’ambasciatore iraniano Iravani. Complicato: nelle stesse Biden sta cercando uno stop alla guerra con gli Hezbollah tramite il suo inviato Hochstein dal governo libanese, e Trump sembra avergli dato il suo gradimento. Nel frattempo Ron Dermer, Ministro per gli Affari strategici di Israele ha fatto un passaggio in Russia prima di incontrare in America sia gli uomini di Biden che quelli di Trump.

La prospettiva di Trump sembra quella di premere forte contando su rapporti diretti e opinioni chiare: è proibito, e non a parole, cercare di organizzare, il genocidio degli ebrei. Non richieste di cessate il fuoco, interventi umanitari che indeboliscono Israele, cerimoniose astensioni o veti alle sedute dell’ONU che per ben 500 volte nel 2023 hanno condannato Israele. Nel frattempo ha già promesso di tagliare i fondi alle Università in cui si perseguitano gli ebrei. Trump vuole un suo strano premio Nobel per la pace, deve bloccare l’Iran e la Russia che hanno preso in mano metà del mondo con la violenza, e prepara una strada per farlo. Non piacerà a tutti. Anche ridare alla parola annessione (che Israele non desidera come ha detto Netanyahu) un significato temporaneo contro un altro 7 di ottobre, può starci, senza ideologia, ma perché i tentacoli terroristi non afferrino la gente dei kibbutz del sud e delle case del nord. Trump sa che pace ci sarà solo bloccando il jihadismo: ha quattro anni a disposizione.

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