PLAUSO A... Ehud Gol
La stampa manca di equilibrio: è sempre più sottile la linea di separazione dei fatti dalle opinioni»
Testata: Corriere della Sera
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Autore: Ehud Gol
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Nel conflitto mediorientale i giornali chiudono gli occhi
di Ehud Gol

«La stampa manca di equilibrio: è sempre più sottile la linea di separazione dei fatti dalle opinioni»

Due dei principi basilari del giornalismo corretto sono l’imparzialità dell’informazione e la netta separazione tra fatti e opinioni. Questa distinzione è ancora più importante quando il tema da trattare è un conflitto complesso con caratteristiche violente, come quello mediorientale. Nei media internazionali così come nei media italiani, si registra una mancanza di equilibrio mentre la linea di separazione tra fatti e opinioni diviene sempre più sottile. Questa tendenza si rende evidente nei frequenti casi in cui degli eventi vengono ignorati dai media per timore di far apparire come «cattiva» una delle parti di un conflitto che sempre più diventa una guerra mediatica, una guerra alla conquista delle simpatie dell’opinione pubblica. Pochi esempi aiuteranno ad illustrare questo punto. Lo scorso anno quella di Rete4 fu la sola troupe televisiva a filmare una folla di palestinesi inferociti che linciavano due soldati israeliani a Ramallah. Però nessuno si prese la briga di scrivere che molte altre tv erano presenti ma i palestinesi avevano prontamente provveduto a confiscare i video in un brutale atto di censura. Quasi nessuno in Italia ha scritto della campagna di intimidazione messa in atto dai palestinesi contro i giornalisti stranieri.
Pochi mesi fa l’Autorità Palestinese ha fucilato in una piazza due palestinesi. Entrambe le fucilazioni sono state filmate. Tutti i corrispondenti stranieri in Israele avevano accesso alle riprese. Ciononostante, non è stata scritta una parola, non è stata data alcuna notizia, non sono state trasmesse immagini che avrebbero potuto gettare un’ombra sulla maschera palestinese di decenza e rispetto dei diritti umani.
Poche settimane fa, una folla di palestinesi ha fatto irruzione in un tribunale di Jenin dove giudici palestinesi presiedevano un processo contro tre palestinesi. La folla ha linciato i tre accusati e ha portato i cadaveri in corteo per centinaia di metri lungo le strade della città. Nei media italiani l’evento è stato a mala pena menzionato. Dopo tutto, perché mai macchiare l’immagine dei palestinesi come amanti della pace e ligi alla legge? Tanto si merita la «giustizia» palestinese. Tanto si merita l’informazione corretta! Dopo gli attacchi dell’11 settembre, i palestinesi si sono riversati nelle strade per festeggiamenti anti-americani. Ma per i media italiani, o questo evento non è mai accaduto oppure non valeva la notizia. E intanto Arafat continua a godere della reputazione di leader amico dell’Occidente.
Il Ministero palestinese per l’istruzione ha pubblicato una serie di libri di testo per il suo sistema scolastico. Tutti i testi, dalla matematica alla storia, dalla letteratura alla religione sono pieni zeppi di incitamento alla violenza contro gli israeliani e gli ebrei, e alla distruzione dello Stato d’Israele. Il maggior contribuente alla pubblicazione di questi testi avvelenati è l’Unione Europea che, con i il suo generoso sostegno finanziario, seppur indirettamente finisce per sostenere quell’incitamento che culmina in attacchi terroristici e distruzione.
Nel frattempo, come se niente fosse, la stampa europea continua a domandarsi da dove provenga tutto questo odio palestinese e si disinteressa totalmente dell’incitamento dei bambini e nelle scuole. Nuove generazioni stanno crescendo con un vademecum di odio nelle mani, ma la deduzione logica, tutt’altro che complessa, che porta dalla premessa «istigazione alla violenza» alla conseguenza «atti di violenza e terrorismo» stranamente sembra sfuggire anche al giornalista più acuto.
Il risultato di queste omissioni è la negazione al pubblico italiano della conoscenza di fatti riguardanti i palestinesi e il loro leader Arafat. Piace dipingere Arafat come un Don Quijote dei nostri tempi, eroe e condottiero della rivoluzione «pacifica» di un popolo represso e senza alternative, amante della pace, amico dell’Occidente. Ogni volta che i media si imbattono in fatti, eventi, dichiarazioni e azioni di Arafat e dell’Autorità Palestinese che configgono con questa immagine ideale, scatta un riflesso condizionato di pavloviana memoria: chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie, come a dire: «non confondetemi con i fatti, ho già le mie opinioni». Non è questo il momento né il luogo adatto per un’analisi delle ragioni storiche e ideologiche che hanno determinato questo atteggiamento. Ma è sempre il momento giusto per fare della seria autoanalisi e introspezione da parte di alcuni opinion leaders. Per il bene del loro pubblico.
E per il bene della verità.
* Ambasciatore d’Israele a Roma

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