Riprendiamo da LIBERO di oggi 11/11/2024, a pag. 1, con il titolo "Quel sangue sulla faccia di due donne", l'editoriale di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
Qui siamo da sempre e senza eccezioni perla libertà di parola. Free speech assoluto, quasi assumendo come forma mentale l’interpretazione più larga del Primo Emendamento alla Costituzione Usa: libertà d’espressione sempre e comunque, anche (direi soprattutto) a favore di chi la pensa all’opposto.
Quindi, da queste parti, non leggerete mai invocazioni pro censura o pro bavaglio verso chicchessia. Anzi, forse con eccesso di ottimismo, continuo personalmente a pensare che i nemici della libertà sia meglio farli parlare: più aprono bocca e più fanno autogol; più esagerano e più creano nelle persone comuni gli anticorpi utili a contrastare le loro bestialità.
Ciò detto, però, alcune domande è impossibile non farsele vedendo il manifesto (ce l’avete sotto gli occhi, amici lettori) che i fenomeni di Cambiare Rotta hanno fatto circolare in vista di quello che chiamano il “No Meloni Day - Sciopero nazionale studentesco”, programmato per il prossimo 15 novembre, cioè venerdì della settimana che comincia. Si vedono, sopra la convocazione anti -governativa, Giorgia Meloni e Anna Maria Bernini con il volto coperto dal segno di una mano insanguinata o comunque da inequivocabili tracce rosso-sangue.
Dimenticate per un momento che si tratta del Presidente del Consiglio e del Ministro dell’Università.
Prim’ancora della loro funzione istituzionale, si tratta di due persone.
Si tratta di due donne. Che senso ha sporcare di sangue i loro visi?
Non occorre essere un genio della comunicazione per capire che le si sta esponendo come bersagli da colpire, come nemici da mettere nel mirino.
Giova ricordare il curriculum dei signorini di Cambiare Rotta, il collettivo di ultrasinistra più pompato dalle tv (e più spompato nelle elezioni universitarie, dove non se li fila nessuno). Almeno dall’autunno del 2022, hanno letteralmente imperversato: caos e scontri alla Sapienza, solidarietà all’ineffabile Cospito, piazzate assortite alla Statale di Milano, manifestazioni delle “tendine”, fino all’interminabile sequenza - dal 7 ottobre scorso fino a oggi - delle convocazioni pro Palestina (più spesso, direttamente anti Israele).
E adesso siamo al salto di qualità: il sangue sui visi di due donne. Ci sarà qualcuno a sinistra e nel mondo intellettuale che pronuncerà una parola o una sillaba di condanna, che leverà anche un solo sospiro per dire che queste sono mascalzonate? Che esporre un avversario politico in questo modo (letteralmente ricorrendo al richiamo del sangue) può indurre qualcuno a passare ai fatti, o a sentirsi autorizzato a farlo?
Oppure si dirà che è tutto normale? Già mi sembra di sentire la formula: “Eh, son ragazzi”. Saranno pure ragazzi: ma, che se ne rendano conto o meno, scherzano col fuoco, e giocano con parole, segni e simboli violenti. Peggio: parole, segni e simboli che “chiamano” violenza.
Che vogliamo fare? Aspettiamo l’“incidente” per renderci conto di dove stiamo andando o ci fermiamo prima?
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