L’appello di Zelensky
Cronaca di Lorenzo De Cicco
Testata: La Repubblica
Data: 08/11/2024
Pagina: 12
Autore: Lorenzo De Cicco
Titolo: L’appello di Zelensky: Più armi, basta parole no al cessate il fuoco

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 08/11/2024, a pag. 12, l'analisi di Lorenzo De Cicco dal titolo "L’appello di Zelensky: Più armi, basta parole no al cessate il fuoco".

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Lorenzo De Cicco

Il presidente ucraino chiede aiuti sostanziali (e non solo parole) al vertice europeo di Budapest. Con Trump da sempre contrario agli aiuti all'Ucraina, ora spetta soprattutto all'Europa aiutare il paese aggredito, alle porte di casa. Ma finora l'Europa non si è mai svegliata.

Il campo di calcio della monumentale Puskás Arena è vuoto, ma i padiglioni del nuovo stadio di Budapest, dove ieri si sono riuniti i 42 capi di stato e di governo della Comunità politica europea e oggi sirivedranno solo i 27 dell’Ue, assomigliano per un giorno a un drammatico ring. Quasi un match a due. Da una parte Viktor Orbán. Il padrone di casa, accusato di essere la quinta colonna di Vladimir Putin a Bruxelles e che ora può contare sulla ritrovata sponda di Donald Trump negli Usa. Il premier magiaro dichiara subito che va chiusa rapidamente laguerra in Ucraina, chiede un cessate il fuoco a stretto giro, dichiara che va ridiscusso il prestito da 50 miliardi deciso solo pochi mesi fa, al G7 in Puglia, perché se gli Usa non saranno più disposti a finanziarlo, chi paga? Dall’altra c’è Volodymyr Zelensky: il presidente ucraino chiede ai partner europei di continuare a sostenere Kiev militarmente.«Non ci servono parole per i negoziati, ma armi». Fermare la guerra adesso sarebbe «una sconfitta». Un cessate il fuoco è «totalmente sbagliato», in queste condizioni, perché «ci abbiamo già provato nel 2014: abbiamo perso la Crimea e nel 2022 abbiamo subito un’invasione». Si batte ancora, Zelensky, per «una pace giusta secondo un piano deciso dall’Ucraina ». E risponde duramente alle parole del leader magiaro. L’Ungheria «non ha diritto di critica», perché non ha mai fornito armi. Non solo: «Alcuni di voi - accusa nel suo intervento - abbracciano Putin da vent’anni e le cose stanno solo peggiorando ». Per Zelensky ogni concessione a Mosca è «inaccettabile». Di più: un «suicidio per l’Europa». Ma per primo ammette di non sapere quale sarà la strategia di Washington: «Nessuno può prevedere cosa farà Trump». Per questo chiede sostegno all’Ue. Per il primo ministro ungherese, però, anche fra i 27 «cresce il numero di Paesi a favore della pace ». Per Zelensky, invece, «non è così », replica in conferenza stampa.

Di sicuro anche i leader europei s’interrogano. Mostrano atteggiamenti diversi. Il premier britannico Keir Starmer assicura il sostegno di Londra, Ursula von der Leyen posta una foto col presidente ucraino. Il francese Emmanuel Macron interviene spiegando che «è interesse dell’Europa che Mosca non vinca». Altrimenti «sarebbe un problema anche per la sicurezza americana», sottolinea il segretario generale della Nato, Mark Rutte. Ma è un altro passaggio di Rutte a mettere in allarme alcune cancellerie Ue, a partire da Roma: l’obiettivo del 2% del Pil per la difesa da parte dei paesi Nato, chiesto dagli Usa e ora con più forza da Trump, «non basta, serve molto di più». Si ragiona di innalzare l’asticella al 2,5%. Nulla di inaspettato, col repubblicano di ritorno alla Casa Bianca, ma è un segnale che inquieta il governo italiano che nelle stesse ore, col ministero dell’Economia, ha chiarito che è fin troppo ambizioso pensare di centrare il 2%.

È un tetris finanziario complicatissimo per Giorgia Meloni, che già deve subire la reticenza di Matteo Salvini a fornire nuove armi a Kiev: il vicepremier assicura che dirà sì al decimo pacchetto di aiuti militari, previsto entro fine anno, ma spera che Trump apra il 2025 con «lo stop ai missili». Parole a cui ha risposto ieri il sottosegretario di Palazzo Chigi, Alfredo Mantovano. Un po’ smarcandosi dal leghista, perché «l’Italia farà né più né meno di quello che ha fatto finora per l’Ucraina». Ma con un occhio a Trump: Meloni si muoverà «d’intesa con tutti gli alleati, a cominciare dagli Usa».

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