Quando i media collaborano ad attuare la strategia assassina di Sinwar
Analisi di Alan Dershowitz e Andrew Stein
Testata: israele.net
Data: 02/11/2024
Pagina: 1
Autore: Alan Dershowitz e Andrew Stein
Titolo: Quando i media collaborano ad attuare la strategia assassina di Sinwar

Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - un'analisi di Alan Dershowitz e Andrew Stein di jns.org dal titolo "Quando i media collaborano ad attuare la strategia assassina di Sinwar".

Alan Dershowitz e Andrew Stein
26.10.23. L’allora capo di Hamas Isamil Haniyeh a Doha (Qatar): “L’ho già detto e lo ripeto: il sangue delle donne, dei bambini e degli anziani, siamo noi che abbiamo bisogno di questo sangue”

Dopo la morte di Yahya Sinwar sono emerse prove documentali che confermano ciò che molti osservatori già sapevano: il capo di Hamas usava come un’arma la morte di civili a Gaza, in particolare donne e bambini.

Aveva capito che i media avrebbero enfatizzato queste morti civili attribuendole tutte a Israele, col risultato di aumentare la pressione sul governo israeliano affinché si piegasse alle irragionevoli pretese di Hamas.

Ecco come il Wall Street Journal ha descritto la cosa, dopo una lunga indagine: mentre “i mediatori arabi si affannavano ad accelerare i colloqui su un cessate il fuoco … Sinwar in un messaggio esortava i suoi compagni della dirigenza politica di Hamas fuori Gaza a non fare concessioni e premere invece per la fine permanente della guerra. Un elevato numero di vittime civili avrebbe generato una pressione mondiale su Israele, diceva Sinwar”.

Questa “strategia del bambino morto” è stata utilizzata da Hamas per decenni. I suoi capi considerano l’aumento del numero di vittime civili palestinesi che viene riportati come necessario per la loro vittoria, sia di fronte al tribunale dell’opinione pubblica sia nei tribunali giudiziari. Per questo dichiarano che i civili morti sono “martiri” e incoraggiano (o costringono ndr) i civili a rimanere in luoghi pericolosi e mescolati ai combattenti di Hamas.

Questa potrebbe essere la prima volta nella storia militare che i capi hanno pubblicamente ammesso d’aver messo in pericolo la propria stessa gente per aumentare il numero delle vittime.

Senza il supporto dei media, questa strategia non avrebbe successo. Essa richiede che i media riportino le cifre delle vittime civili diramate da Hamas in modo acritico e senza indagare sulle sotto-componenti delle cifre riportate.

E’ così che i media parlano continuamente di circa 43.000 morti palestinesi. Hamas potrebbe facilmente distinguere tra morti combattenti e non combattenti, ma si rifiuta di farlo. Distingue, invece, tra maschi adulti, donne e quelli che definisce “bambini”.

Non ammette che molti di questi cosiddetti bambini erano anche combattenti. Hamas definisce “bambino” chiunque abbia meno di 19 anni, anche quando si tratta di terroristi di 15, 16, 17 o 18 anni reclutati e addestrati da Hamas per uccidere israeliani.

Hamas fa lo stesso con le donne, diffondendo l’impressione che solo gli uomini possano essere terroristi.

Inoltre, non distingue mai le vittime da fuoco amico causate dai razzi lanciati da Hamas, Jihad Islamica e altri gruppi terroristici i cui razzi hanno un alto tasso di fallimento e molti dei quali si abbattono dentro la striscia di Gaza.

Diffondono l’idea che tutti coloro che non sono membri di Hamas sono civili innocenti. Ma molti “civili” non appartenenti a Hamas sono stati direttamente coinvolti nei massacri, negli stupri e nei rapimenti del 7 ottobre 2023. Altri hanno acclamato quei barbari mentre tornavano a Gaza trascinando con sé gli ostaggi, vivi e morti. Altri ancora hanno permesso che le loro case venissero usate per tenere prigionieri gli ostaggi. Molti hanno contribuito a Hamas finanziariamente e in altri modi.

Poi ci sono gli scudi umani, alcuni volontari, altri costretti, che sono morti per essere stati deliberatamente messi in pericolo in base alla strategia di guerra di Sinwar di aumentare al massimo le morti dei civili.

Di conseguenza, nessuno conosce realmente il numero preciso di palestinesi innocenti uccisi. Non sarebbe sorprendente se un’attenta ripartizione dei morti portasse a una cifra inferiore a 10.000 vittime civili ragionevolmente ascrivibili a Israele anziché alla strategia Sinwar.

Ma anche una cifra che fosse il doppio, sarebbe comunque un numero significativamente contenuto rispetto alle cifre di vittime in altre guerre urbane combattute dalla Nato e dai paesi democratici. Corrisponderebbe a un rapporto approssimativo di un civile ucciso per ogni combattente ucciso. E significherebbe che circa l’uno percento della popolazione civile di Gaza è rimasta vittima di una guerra scatenata da Hamas e combattuta facendosi scudo dei civili.

In guerre urbane comparabili, i rapporti sono stati sempre peggiori per i civili. Eppure i media fanno apparire Israele come il peggior criminale della storia. E gli utili ignoranti nei campus universitari, insieme ai faziosi nelle organizzazioni internazionali, accusano falsamente Israele di genocidio, nonostante gli sforzi fatti con successo dalle Forze di Difesa israeliane per ridurre le vittime civili al minimo possibile, compatibilmente con il raggiungimento dei loro obiettivi militari.

È giunto il momento di condurre indagini e valutazioni credibili sul numero effettivo di abitanti di Gaza uccisi, secondo le diverse categorie. In mancanza di un resoconto onesto, i media continueranno a fare lo sporco, efferato lavoro di Sinwar: aumentare le vittime palestinesi allo scopo di aumentare la pressione su Israele.

Attuare la strategia di Sinwar, anche dopo la sua morte, avrà come risultato un numero maggiore di morti palestinesi, la continuazione della guerra e la demonizzazione di Israele. Questo è esattamente ciò che Sinwar chiedeva ai suoi seguaci di fare dopo la sua morte. Non gli si dovrebbe permettere di realizzare i suoi obiettivi assassini in modo postumo.

Riferire la verità impedirà che ciò accada, perché la strategia Sinwar si fonda e fa affidamento su un’informazione da parte dei media selettiva e menzognera.

Purtroppo, la rovinosa collaborazione dei media con la strategia dei terroristi ci dice molto di più sui media stessi che non sulla guerra che i media pretendono di “raccontare”.

(Da: jns.org, 31.10.24)

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