Aver vissuto in Israele: italiani leggetelo!
Commento di Federica Iaria
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Data: 28/10/2024
Pagina: 1
Autore: Federica Iaria
Titolo: Aver vissuto in Israele

Riprendiamo da LE ZANZARE NEWS BLOG online, con il titolo "Aver vissuto in Israele" il commento di Federica Iaria.

Memoriale del 7 Ottobre. Coloro che gridano “queers for Palestine” allo stesso modo dovrebbero essere mandati in quella terra a vedere come se la passa un omosessuale. Gli omosessuali di Gaza che non sono stati uccisi, si sono infatti trasferiti in Israele (Israele non certo Iran o Libano, Siria, Giordania…). Riguarda anche gli italiani.

Non ho scoperto Israele nella data del massacro subìto, era già stato la mia casa come volontaria in un kibbutz. Un’esperienza che cambia la vita, che noi tutti, da ogni parte del mondo, definivamo “the time of our lives”. Precisamente ero volontaria nel kibbutz Sarid tra Afula e Haifa. Ho conosciuto persone che sono ancora amiche care a distanza di quasi 25 anni.

Ho conosciuto un paese così lontano dalle descrizioni che ne vedo fare, un paese dove sono spesso tornata e che mai ha avuto quel sapore di apartheid, di cui solo con grande ipocrisia poteva essere fatta una richiesta di accusa formale dall’Onu, l’organo più in disfacimento del globo terraqueo…

Nei kibbutzim i volontari fanno lavori a turno: dalla raccolta dei limoni, alla mungitura della mucche, al servizio in mensa. Io ho spesso lavorato in fabbrica e il mio capo era un druso, Deeb, un uomo forte, coraggioso, che era stato militare e per puro caso, avendo avuto l’influenza, non aveva avuto il permesso di prendere parte all’esercitazione quotidiana. Solo per questo non è tra i militari caduti nella storia di Israele, perché l’elicottero, su cui avrebbe dovuto salire, ebbe un incidente e nessuno si salvò, cosa che ancora lo perseguita, come ogni sindrome del sopravvissuto. La stessa che ha portato Shirel Golan, sopravvissuta al Nova, a uccidersi il giorno del suo compleanno per il troppo orrore che ne oscurava lo spirito spezzato.

Nei miei soggiorni in Israele, ho conosciuto persone che mandavano i figli a scuola con autobus diversi perché gli attentati erano, come oggi ancora lo sono i razzi e gli attacchi ai civili (di cui il mainstream non parla), all’ordine del giorno e il pensiero era che almeno un figlio potesse tornare a casa vivo in caso di esplosione dell’autobus. Pensate cosa sia essere genitori e sentire le sirene mentre tuo figlio è a scuola e non puoi portarlo con te nel bunker, ma devi sperare che tutto vada bene dove lui è, o avere meno di un minuto per nascondere i tuoi bambini anche sei in mezzo alla strada.

Questo per dare un piccolo spaccato di cosa sia vivere circondati da nemici che ti attaccano nei modi più vili, come abbiamo potuto solo saggiare noi, dall’altro lato del mondo, a Nizza o Barcellona etc.

Il 7 ottobre, giorno in cui colei che chiamo la mia mamma israeliana, la mia capo volontari in kibbutz, Eva, chiamata appena visti i titoli dei giornali, mi disse che Noa (27) e Gidi (24), i suoi nipoti, erano al Nova e che sperava fossero morti piuttosto che rapiti. Lei, figlia di una sopravvissuta a Bergen Belsen, che aveva conosciuto il dolore di una madre, uscita 24 kg dal campo di concentramento, svuotata nel corpo e nell’anima, viveva nuovamente lo scherzo di un destino manovrato dalla voglia di sterminare.

Noa e Gidi sono tornati a casa.

11 giorni dopo, in due sacchi di plastica, mucchi di cenere. Cenere muta che non racconta cosa possa essere loro successo nei 16 km percorsi fuggendo dal Nova, dai macellai, dopo aver chiamato disperati i genitori.

Ecco da quel momento in me si è accesa una volontà ferrea. Di capire, conoscere, approfondire e diventare strumento di divulgazione della verità storica.

Dalle guerre arabo-israeliane a ogni singolo aspetto dei flussi migratori.Sono partita dalla Storia per capire meglio.

Per combattere un’ostilità figlia di una propaganda nemmeno consapevole.

Chi canta “dal fiume al mare” e non sa che fiume e che mare siano, andrebbe mandato a scoprire di persona che terra meravigliosa sia quella di cui chiede l’annientamento.

Coloro che gridano “queers for Palestine” allo stesso modo dovrebbero essere mandati in quella terra a vedere come se la passa un omosessuale. Gli omosessuali di Gaza che non sono stati uccisi, si sono infatti trasferiti in Israele (Israele non certo Iran o Libano, Siria, Giordania…).

Dal 7 ottobre difendo Israele perché è una democrazia, l’unica in un mare magnum di dittature, di regimi con conflitti interni, di paesi guidati da organizzazioni terroristiche.

E chiunque abbia il coraggio di comparare Israele, perché non ama Netanyahu, che è il primo ministro non la nazione, alle organizzazioni terroristiche dovrebbe prima lavarsi la bocca col sapone e poi andare a testare la differenza sulla propria pelle, sarebbe una selezione naturale per il mondo, tra esseri pensanti ed esseri che pensano per lavaggio del cervello.

Questo non è un articolo sul 7 ottobre, è un tentativo di far riflettere. E per chi vorrà di conoscere. Allego un docufilm di 20 minuti sulla storia di Israele, prendeteveli per capire qualcosa di più.

Poi, conosciuti più fatti, allora potrete fare domande sulla proporzionalità della reazione, sull’URNWA, sull’aberrante equiparazione di Israele al nazismo, sull’assoluta necessità di una legge contro l’antisemitismo e l’antisionismo, fortemente voluta dall’Unione Associazioni Italia Israele e che è già in Senato, presentata dall’On Romeo, ma deve presto trovare posto in agenda per essere discussa.

Perché essere ebrei o sionisti non può, nel 2024, voler dire aver paura di girare con la stella di David al collo o pensare che ci sia uno chef Rubio di turno che vuole marchiarti la porta.

La libertà di un ebreo, è la libertà di ogni italiano, perché ricordate bene che nazionalità è religione non sono la stessa cosa. È tempo di capire almeno le basi.

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