La mossa di Bibi e il silenzio di Khamenei. Ma guai a sottovalutare l’odio anti-Israele
Commento di Fiamma Nirenstein
Testata: Il Giornale
Data: 27/10/2024
Pagina: 1/12
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: La mossa di Bibi e il silenzio di Khamenei. Ma guai a sottovalutare l’odio anti-Israele

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 27/10/2024 a pag. 1/12 il commento di Fiamma Nirenstein con il titolo: "La mossa di Bibi e il silenzio di Khamenei. Ma guai a sottovalutare l’odio anti-Israele".


Fiamma Nirenstein

Khamenei, chi l'ha visto? Dopo il raid israeliano in Iran, si è chiuso in un mutismo che non è da lui, solitamente sempre pronto a propinarci le sue prediche. Da quasi un mese vive in una località segreta perché ha paura di fare la fine di Haniyeh e Sinwar.

Chissà se l’attacco israeliano in Iran sulle sue strutture militari suonerà finalmente come una squillo liberatorio, segnalando che il regime di Teheran non è intoccabile, che la sua terribile continua violazione dei diritti umani e la sua aggressione in combutta con la Russia al mondo democratico può essere affrontata, fermata, che non è eterna. Oppure se la paura obnubilerà il significato dell’attacco di ieri notte alle 2 circa, e di nuovo spingerà alla caccia del solito “cessate il fuoco”. Per ora Biden e anche i tedeschi e gli inglesi hanno detto con inusitato coraggio: “Israele ha ragione, guai all’Iran se osa rispondere”. Gli Stati Uniti hanno anche aggiunto che se Teheran oserà farsi avanti, dietro a Israele ci sono gli USA con le armi. Intanto hanno portato il terzo Thaad, un fantastico sistema di difesa antimissili balistici. Dall’Iran i segnali sono svariati: da una parte si minimizza il danno, si nega persino l’ingresso degli F15, si dice che sono sciocchezze; dall’altra si minaccia, come al solito, “l’entità sionista” di immediate risposte definitive.

Al momento non si sentono le voci determinanti, Khamenei e i grandi generali non si sentono, mentre è uscito un editto di polizia per cui chi diffonde immagini legate all’attacco sarà condannato da uno a dieci anni e le Guardie della Rivoluzione sorvegliano le strade. Intanto si vocifera che gli americani abbiano ricevuto un messaggio in parsi: per ora non si intende reagire.  Ma guai a sottovalutare la furia, la vergogna, l’esaltazione religiosa carica d’odio. Israele non ha cambiato gli ordini del fronte interno, aspetta tranquilla: l’attacco all’Iran era una risposta indispensabile dopo i 200 missili del 23 aprile e gli altri 200 del primo di ottobre, ma soprattutto dopo il sostegno sfacciato al bestiale attacco di Hamas del 7 di ottobre, la poderosa costruzione di hezbollah in funzione dello strangolamento dello Stato ebraico e degli altri proxy tutti devoti a questo scopo.

Israele ha colpito 20 siti su un’area molto larga, penetrando l’Iran per 700 chilometri. Ha distrutto gli S300 russi accecando i radar come quelli “Shanachir” e altre strutture di controllo dello spazio aereo, ha colpito basi missilistiche come Kermanshah creando buone condizioni di volo anche per un eventuale futuro prossimo, ha distrutto le fabbriche e i depositi di quei droni che danno tanta noia anche agli americani (certo c’è stato un accordo su questo) perché li usa la Russia contro l’Ucraina... E di più capiremo nei prossimi giorni. Per ora è un bel risultato aver portato su Teheran 100 aerei di combattimento di cui quattro, segnando un nuovo record, condotti da donne. L’azione intrapresa è un forte deterrente: al nord in Gaza e nel sud del Libano è in atto la stessa tecnica di distruzione delle strutture belliche, e Hamas e Hezbollah ne prendono nota. I due migliori sostegni del regime ne risultano ancora più indeboliti, e questo, spera Gerusalemme, potrebbe aiutare la trattativa sui rapiti che si riapre a Doha. Ma rispetto al disegno dell’Iran che tortura Israele da 45 anni con la strategia incentrata sulla costruzione dell’atomica e sulla catena di attacco ai confini, in Israele parte dell’opinione pubblica considera debole la risposta, troppo condizionata dalla vigilia delle elezioni americane.

Una vittoria della Harris potrebbe garantire a Israele aiuto solo se starà ai suoi patti pacifisti. Per ora le richieste di Biden sono state rispettate: strutture militari e stop. Ma le riserve energetiche, ricchezza del regime, e quelle atomiche, a un centimetro dal completamento della costruzione della bomba sono le vere minacce a Israele e al mondo. Il seguito alla prossima puntata.

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