Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 26/10/2024, a pag. 17, con il titolo "Israele lancia l’attacco contro l’Iran: Raid mirati contro obiettivi militari" l'analisi di Paolo Brera.
Almeno cinque esplosioni a Teheran e a Karaj, in Iran, e altre esplosioni a Damasco, in Siria: le forze armate israeliane hanno lanciato stanotte l’attacco contro la Repubblica islamica, annunciato da quasi quattro settimane. L’obiettivo, secondo i primi riscontri, sono il quartier generale e le basi militari del corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche iraniane. Un attacco che è la rappresaglia promessa dopo i 180 missili balistici che Teheran aveva scaricato contro Israele il primo ottobre. I quali erano a loro volta la reazione all’assassinio del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, colpito il 27 settembre nel suo bunker della capitale libanese Beirut, seguito all’eliminazione del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, ucciso a Teheran.
Il gabinetto di sicurezza israeliano riunito nel quartier generale dell’Idf di Kirya, a Tel Aviv, con il premier Benjamin Netanyahu in plancia di comando insieme al ministro della Difesa Yoav Gallant, ha ordinato e diretto una risposta più volte procrastinata per la spinta della diplomazia internazionale a contenerne la portata, nel tentativo di evitare drammatiche escalation della crisi in Medio Oriente. L’attacco è stato preparato facendo saltare la rete internet in Iran. E, soprattutto, avvertendo «con un minimo anticipo» la Casa Bianca, che «segue da vicino gli sviluppi» e che ha subito definito come una «autodifesa » legittima ciò che stava accadendo.
«In questo momento le forze di difesa israeliane stanno conducendo attacchi precisi su obiettivi militari in Iran», ha detto il portavoce Daniel Hagari mentre iniziavano a diffondersi le prime notizie di esplosioni nel cielo di Teheran: «Il regime iraniano e i suoi alleati nella regione hanno attaccato incessantemente Israele dal 7 ottobre. Lo Stato di Israele ha il diritto e il dovere di rispondere».
L’attacco è stato subito ridimensionato da Teheran che ha annunciato la piena operatività dell’aeroporto della capitale. E anche sul fronte israeliano non è stato annunciato alcun cambiamento della gestione della difesa interna. La speranza è che si chiuda qui il capitolo più pericoloso di questa crisi infinita che coinvolge già direttamente il Libano e Gaza, dove le stragi sono orrore quotidiano.
Da ieri Hussam Abu Safiya - direttore del Kamal Adwan Hospital di Beit Lahia, nel nord della Striscia messo a ferro e fuoco - è «disperso» insieme a medici e pazienti dell’ospedale. Dopo averlo bombardato «colpendo la terapia intensiva e distruggendo l’impianto dell’ossigeno », i soldati israeliani sono entrati coi fucili spianati «arrestando personale sanitario, pazienti e vicini rifugiati lì», racconta Al Jazeera . «Abbiamo perso i contatti con l’ospedale », annuncia il direttore dell’Oms, Tedros Ghebreyesus. L’Idf spiega solo di avere agito per «informazioni di intelligence su terroristi e infrastrutture con armi nella zona». E sempre ieri Msf ha perso un altro operativo, un «membro dello staff, Hasan Suboh» ucciso a Khan Younis, nel sud dove «sono morte 33 persone: 14 erano bambini».
Sud o nord, non c’è scampo. La carneficina inonda i social di immagini terribili, donne e bambini uccisi e impilati sui carri. «Crimini atroci », denuncia l’Alto commissario Onu per i diritti umani, Volker Turk. Un orrore che ieri ha scosso il presidente Usa, Joe Biden: «Ci sono tanti innocenti uccisi a Gaza. Tutto questo deve finire». È una catastrofe che la diplomazia non scalfisce. Il Wall Street Journal riferisce che Hamas avrebbe rifiutato un salvacondotto per i suoi leader in cambio degli ostaggi.
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