2 Lettere
1. Che fare dopo la guerra a Gaza
Gent.ma Deborah,
apprezzo e condivido le sue idee, gli articoli che scrive e le sue risposte ai lettori. Già da un bel po' si parla di che cosa ne sarà di Gaza dopo l'annientamento di Hamas e se ne sentono di tutti i colori. Io credo che Israele dovrebbe riprendere il territorio di Gaza sotto la propria sovranità, solo così potrà essere al sicuro sul confine meridionale. Averlo "regalato" agli arabi non ha portato che morti, distruzioni e un continuo pericolo per gli israeliani. Spero proprio che il governo d'Israele non si faccia condizionare e che decida guardando solo alla propria sicurezza che merita veramente dopo tanti lunghi anni di sofferenze.
Grazie dell'attenzione.
Cordiali saluti.
Giuseppe Gatto
Caro Giuseppe,
Sono d’accordo con lei che solo Israele potrebbe evitare di essere ancora attaccata da sud rimanendo a Gaza ma non credo lo farà per evitare di aumentare la solitudine in cui si trova. Spero che Gaza, una volta cacciato quel che resta di Hamas, sia controllata da un paese terzo, anche un paese arabo sunnita del Golfo con cui Israele, finita la guerra, firmerà immediatamente quel famoso accordo che Hamas e l’Iran hanno fatto saltare con il 7 Ottobre. Non ci illudiamo però, purtroppo il terrorismo non finirà mai ma non finirà mai nemmeno la capacità di Israele di difendersi.
Un cordiale shalom
Deborah Fait
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2. L'ipocrisia della sindaca di Brescia
Carissima Deborah,
i due protagonisti della vicenda non si sono smentiti, come volevasi dimostrare. Anzi, si sono rivelati peggiori di quello che erano.
Le parole della sindaca Castelletti, riportate dai giornali locali : " La recente vicenda che ha coinvolto il consigliere comunale Iyas Ashkar ha sollevato molte, differenti reazioni, sia a livello politico, sia nella comunità bresciana. La condivisione di un post che accosta Israele alla Germania nazista è profondamente sbagliata e contraria ai valori di rispetto e convivenza che Brescia promuove. Questo tipo di linguaggio è inopportuno e inappropriato, specialmente da parte di chi ricopre una carica pubblica.
Ho chiesto una riflessione profonda al consigliere Ashkar, che con la lettera aperta di ieri ha chiarito la propria posizione, ammettendo di aver sbagliato nella forma e nei modi e domandando scusa per aver turbato la sensibilità di chi si è sentito legittimamente offeso da quel post. Conosco bene l'integrità del consigliere, che, pur con un pesante coinvolgimento personale, si è sempre battuto per gli ideali in cui crede in modo pacifico e costruttivo. Ho già manifestato la mia linea in modo chiaro, esponendo la bandiera della pace sulla facciata della Loggia, a ottobre dello scorso anno. Questioni complesse e dolorose come questa devono essere affrontate, e tutti ci auguriamo risolte, nelle sedi internazionali opportune, certo non nel consiglio comunale della nostra città, mettendo in scena un dibattito sterile, che si limita a contrapporre due fazioni”.
Evidentemente la sindaca, o non ha letto la “lettera aperta” del personaggio oppure la condivide in toto. Propenderei più per la seconda, visto l’affermazione: “Ho già manifestato la mia linea in modo chiaro, esponendo la bandiera della pace sulla facciata della Loggia, a ottobre dello scorso anno”. Ha ragione : la sua linea l’ha manifestata in modo fin troppo chiaro.Ecco la lettera aperta, sempre riportata dai giornali locali, del personaggio: “"Viviamo in uno strano mondo e c’è un profondo declino intorno a noi. Ci sono persone che gridano allo scandalo per un post sui social o per uno slogan in qualche corteo, ma non si scandalizzano per la guerra stessa, anzi, criminalizzano chi chiede il cessate il fuoco, chi denuncia il genocidio di un popolo, etichettando con estrema superficialità il dissenso come antisemitismo. Non sono antisemita e non lo diventerò mai. Ma questa accusa, questa macchia che ti viene attaccata addosso quando non taci davanti a quello che sta accadendo in Palestina, è la scorciatoia per screditare ogni voce che denuncia i crimini di guerra quotidianamente commessi dal governo israeliano, da anni. È superficiale e limitato accusare di antisemitismo un palestinese, che si rispecchia nella frase di Edward Said “la tragedia del popolo palestinese è di essere vittima delle vittime.Credo che l’antisemitismo sia stato un atroce crimine culturale, prima ancora della sua materializzazione della Shoah, un crimine che ha portato alla nascita del sionismo, spingendo gli ebrei europei alla drammatica conclusione che il loro popolo potesse trovare la salvezza, solo creando uno stato fuori dall’Europa, lontano dalla barbarie che avevano subito. Sul sionismo la penso come tanti giornalisti, scrittori e attivisti israeliani, Ilan Pappe, Amira Hass, che ho avuto l’onore di invitare a Brescia qualche mese fa, Gideon Levi e Miko Peled. Come si può dare dell’antisemita a un palestinese, quando i palestinesi oggi sono ancora le vittime dirette e indirette di un antisemitismo che arriva da lontano, nel tempo e nel luogo? Come si può dare dell’antisemita a un palestinese che attribuisce all’antisemitismo l’origine della tragedia del proprio popolo? È del tutto inaccettabile questo approccio intimidatorio e demonizzante nei confronti di chi, come me, si batte tutti i giorni per denunciare le violazioni del Diritto internazionale e per il rispetto delle convenzioni e delle risoluzioni Onu, che, se fossero applicate, renderebbero questo pianeta più pacifico, ospitale e vivibile. Non servirebbe molto, basterebbe rispettare e far rispettare il diritto internazionale per vivere in un mondo più giusto.Questa mia battaglia contro la colonizzazione, l’occupazione, il terrorismo e le armi l’avrei intrapresa ugualmente se a colonizzare la Palestina fossero stati gli americani, gli inglesi, i cinesi o chiunque altro, ma a colonizzare la Palestina sono stati i sionisti, che dichiarano di agire in nome del popolo ebraico, ma non è così. Sono contro il sionismo per il suo razzismo, il suo colonialismo, il suo operato fuori dalla legalità internazionale, certo di una totale impunità. Sono contro il sionismo perché nega la mia storia, le mie radici e la mia stessa appartenenza alla Palestina. Sono contro il sionismo perché è suprematista e disumanizzante. Come si fa a difendere il sionismo? Come si fa a non sanzionare il governo israeliano? Come si fa a non distinguere tra occupato e occupante? È vero, la tragedia dei palestinesi non ha bisogno di essere paragonata a nessun’altra tragedia per sottolinearne la gravità. È sbagliato ed è inopportuno cercare dei paragoni, quello che vivono i palestinesi oggi va raccontato per quello che è: atroce. È stato inopportuno condividere quel post. Ho toccato delle sensibilità che uno come me conosce molto bene, crescendo, parlando e studiando in arabo, ebraico e inglese (l’italiano è venuto poi) ho avuto modo di sentirmi un cittadino del mondo e mettersi nei panni dell’altro è il modo migliore per affrontare tutte le questioni. Mi scuso con chi si è sentito offeso, non era questa la mia intenzione. Non era mia volontà attaccare un popolo, ma condannare la politica di uno stato (...). Sarò sempre antifascista e antisionista, mai antisemita”.
Credo che questa “lettera aperta” si commenti da sola. Non ha neanche il pregio della brevità, tra l’altro. In sostanza, l’unica cosa che è dispiaciuta a questi due figuri è il clamore suscitato dal post, non certo il suo contenuto.
Che tristezza.
Con sincera stima,
Sandra Biglino
Cara Sandra,
La risposta della sindaca di Brescia è quanto di più ipocrita si possa immaginare. Inutile commentare le sue parole perché chi ha un minimo di coscienza, lo capisce da solo.
La lunga missiva, stile proclama, del consigliere Iyas Ashkar, mi convince di due cose: è antisemita e antisionista, entrambe facce della stessa medaglia targata odio! Le sue accuse a Israele sono indegne ma non mi sarei aspettata nulla di meglio da chi ha avuto il coraggio di paragonare Israele ai nazisti e al Terzo Reich, del quale i suoi antenati di non molti anni fa erano alleati. Che dire di più, sia il consigliere che la sindaca sono fatti della stessa pasta. Lei ha ragione: tristezza ma anche una grande indignazione.
Un cordiale shalom
Deborah Fait