Riprendiamo da LIBERO di oggi 21/10/2024, a pag. 1/4, con il titolo "E' la doppia battaglia finale, a Roma e a Bruxelles", il commento di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
I lettori di Libero arrivano preparatissimi (ma non certo rassegnati) a un momento tanto spiacevole quanto prevedibile, starei per dire a un grande classico della vita pubblica italiana: esattamente come ai tempi della caccia giudiziaria contro Silvio Berlusconi, e come – più tardi – con le indimenticabili chat di pm e giudici contro Matteo Salvini, anche stavolta le frasi e gli scambi di mail tra magistrati per mettere nel mirino Giorgia Meloni e la sua politica sull’immigrazione rendono inequivocabilmente chiaro quello che tutti già sapevamo. E cioè che una quota (c’è da temere: non necessariamente minoritaria) della magistratura si è trasformata in contropotere, in attore politico, in titolare (anomalo e abusivo) di un ruolo di opposizione ritenuto troppo fragile in Parlamento e comunque troppo spesso battuto nelle urne. E allora ecco la “supplenza” giudiziaria: l’opposizione è debole? Ci pensa qualcun altro.
Vecchia storia: già a partire dai primi Anni Settanta, senza chat e con apparente maggior autocontrollo nelle parole, giuristi e magistrati di sinistra teorizzarono “l’uso alternativo del diritto”: e cioè un approccio conflittuale e militante alla giustizia, la scelta di “prassi” applicative e interpretative ostili a una legislazione ritenuta (da loro) non sufficientemente rispettosa degli obiettivi costituzionali (sempre visti attraverso le loro lenti ideologiche). (...
) Cinquant’anni dopo, siamo ancora lì: con più rozzezza di allora, e – tecnologia perfezionata nella Seconda Repubblica – con un discreto record in termini di governi e maggioranze fatti cadere o azzoppati per questa via.
E allora il governo è chiamato a una doppia battaglia. La prima conoscerà una tappa importante nel Consiglio dei Ministri di stasera. Non fermatevi ai dettagli (pur rilevanti): se cioè sarà approvato un decreto-legge, ovvero una norma di rango primario, e quindi qualcosa che i magistrati non possano cestinare troppo agevolmente (facciano almeno la “fatica” di dover interpellare la Corte Costituzionale). Ma il punto è ricompitare princìpi fondamentali: non tocca ai magistrati scrivere le norme (quello compete a Parlamento e Governo). E ogni volta che, abusivamente, qualche magistrato si impossesserà di una funzione che non gli appartiene, questo governo e questa maggioranza dovranno rispondere colpo su colpo. A partire dall’accelerazione della riforma (anche costituzionale) della giustizia.
Ma poi c’è un secondo fronte che non può essere trascurato: quello europeo. La recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Ue è stata certamente forzata e distorta dalla magistratura italiana, che – come Libero ha ampiamente dimostrato – da mesi era pronta a fare il tiro al bersaglio sulle norme del governo Meloni. Ma quella sentenza europea ha comunque in sé – cosa che non ci pare sia stata adeguatamente sottolineata – un’affermazione eversiva dal punto di vista della separazione dei poteri: e cioè l’assegnazione al giudice nazionale della possibilità (anzi: perfino del dovere!) di disapplicare le classificazioni relative ai paesi sicuri o insicuri qualora il giudice non le ritenga corrispondenti ai principi fissati dalla Corte stessa.
Scusate la brutalità: ma siamo impazziti? Vogliamo davvero tollerare che in sede di “giustizia europea” si assegni a un giudice una funzione del tutto arbitraria-discrezionale-politica? E allora la battaglia va combattuta anche in Ue: per evitare che un’anomalia del genere possa ripetersi.
Amici lettori, la posta in gioco è altissima. Sinistra e magistrati militanti sono a un punto di disperazione: sanno perfettamente di giocare una partita perdente sul piano del consenso.
Ogni cittadino vede che il governo – bene o male – sta provando ad arginare l’immigrazione clandestina, mentre opposizioni e giudici giocano allo sfascio, rischiando di spalancare le frontiere.
Occhio però: saranno pur disperati e senza consenso, ma puntano a far venire giù tutto. Giorgia Meloni con la sua cerchia anche familiare è già stata passata allo scanner: ma non è uscito niente. E allora bisogna alzare il tiro, mettendo nel mirino la questione delle questioni, il cuore del programma di governo, un punto cardine del rapporto tra centrodestra ed elettori.
Dunque, portiamoci avanti con il lavoro: c’è chi sogna – a breve scadenza – di killerare pure il decreto che l’esecutivo varerà stasera e contemporaneamente di condannare pesantemente Matteo Salvini. I bersagli sono chiari: il governo, la maggioranza, i cittadini che non votano “bene”. Prepariamoci alla battaglia decisiva, da condurre sia a Roma sia a Bruxelles. E in quella battaglia si regoleranno – in un senso o nell’altro – i conti di un cinquantennio. Altro che “abbassare i toni”: estote parati, siate pronti.
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