Riprendiamo da LIBERO di oggi, 19/10/2024, pag. 9, con il titolo "Dalla scrittrice Parodi a Greta, quelli che rimpiangono Sinwar", l'analisi di Carlo Nicolato.
Carlo Nicolato
Nel mondo musulmano Sinwar viene già celebrato come un eroe il cui martirio «è degno dei più grandi», come ha scritto su X il noto giornalista algerino Hafid Derradji (3,5 milioni di follower). Dall’incredulità delle prime ore si è passati all’euforia per il suo esempio di tenacia, rafforzato dalle immagini diffuse da Israele, che molti hanno ritenuto un grossolano errore strategico. Sui social Sinwar viene già paragonato a personaggi come Omar al-Mukhtar, l’imam eroe della resistenza libica contro l’occupazione italiana.
Che siano gli islamici, e nemmeno tutti, a piangerlo e glorificarlo certo non ci scandalizza, il problema è che la morte del capo di Hamas lascia parecchi orfani anche nel mondo occidentale. E questo sì è rivoltante.
Leggete ad esempio quello che ha scritto su Instagram la pseudo-intellettuale di sinistra Cecilia Parodi rivolgendosi direttamente al defunto, come in una lettera d’amore: «... Canali e giornalisti palestinesi confermano che tu abbia lasciato quest’atomo opaco del male. Con un pacchetto di mentos in tasca. Pare che tu abbia combattuto come un leone, come sempre, schivando due attacchi dai carri armati, e che tu sia stato colpito in testa mentre tiravi pietre contro un drone. Se quel corpo da bambino sei tu, per l’ennesima volta mi stupisco di quanto la morte ci renda fragili, minuscoli. La morte, se sei tu, ti ha reso un cucciolo di leone.
Ventidue anni in quei luoghi di tortura costante che chiamano prigioni, un tumore al cervello,vari tentativi di assassinarti, e sei sopravvissuto sempre. Sempre. Per questo fa male credere che sia vero. Hai detto “il più grande dono che può concedermi il nemico è il martirio”...».
Cucciolo di leone, altrimenti noto come “macellaio di Khan Younis”, oltre a essere la mente del 7 ottobre ha assassinato con le sue stesse mani dodici arabi palestinesi a colpi di machete, in quanto accusati di collaborare con Israele.
L’ex membro dello Shabak (Israel Security Agency) Micha Koubi, ha recentemente raccontato di quando Sinwar si trovava in carcere in Israele e ha rivelato di aver costretto un uomo a seppellire vivo suo fratello perché era sospettato di lavorare per Israele.
«I suoi occhi erano pieni di felicità quando ci ha raccontato questa storia», ha detto Koubi.
Cucciolo di leone ha sgozzato con un rasoio tre palestinesi in carcere e tra le sue specialità c’era quella di strangolava le sue vittime con la kefiah, proprio quel pezzo di stoffa che indossano attorno al collo i suoi fan nelle università occidentali, dove il defunto leader di Hamas ha lasciato tanti altri orfani. In un recente articolo pubblicato sul Middle East Forum il giornalista italiano Giulio Meotti ha fatto notare che alla Columbia di New York ci sono gruppi di studenti, come il Columbia University Apartheid Divest, che in occasione del 7 ottobre hanno pubblicato opuscoli in cui si dice che «il 7 ottobre non è stato barbaro o sfortunato, è stato strategico e anti-imperialista» e in cui sostiene la liberazione della Palestina «con ogni mezzo necessario, inclusa la resistenza armata». Yahiya Sinwar è pronto per iscriversi alla Columbia University ormai trasformata in un califfato, chiosava Meotti.
Ma in un altro articolo sullo stesso portale gli si faceva notare che il capo di Hamas avrebbe meritato almeno una cattedra perché le università americane sono pieni di tali esempi.
«Con una regina della protesta come Johanna King-Slutsky che insegna civiltà occidentale e un maniaco rabbioso e assetato di sangue come Joseph Massad che insegna studi sul Medio Oriente, Sinwar non dovrebbe accontentarsi di niente di meno che un posto da professore ordinario».
Si fa notare che alla Columbia stessa insegna l’ex portavoce dell’Olp Rashid Khalidi e i risultati sono sotto gli occhi di tutti, dalle bandiere di Hamas e Hezbollah che sventolano nei cortei agli slogan quali «intifada globale», «tornate in Polonia» e «i prigionieri di ieri sono i leader di domani» con chiaro riferimento a Sinwar.
Lo stesso peraltro accade in Europa. A Malmö, in Svezia, i manifestanti hanno marciato con Greta Thunberg gridando «Sinwar non ti lasceremo morire». Da Londra a Bruxelles, passando per Parigi e Milano, gli orfani di Sinwar li riconosci dallo slogan «Palestina libera, dal fiume al mare».
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