Elie Wiesel aveva previsto tutto 16/10/2024
Commento di Antonio Donno
Autore: Antonio Donno

Elie Wiesel aveva previsto tutto
Commento di Antonio Donno

Elie Wiesel: “Bisognava aspettarselo: si invidia ad Israele la sua vittoria. […] Un ebreo trionfa sulla morte? Pensiero intollerabile, perfino per i suoi protettori occasionali”. Questo scriveva nel 1967, all'indomani della Guerra dei Sei Giorni, ma vale anche per oggi, per interpretare l'ostilità contro Israele quando si difende.

“Bisognava aspettarselo: si invidia ad Israele la sua vittoria. […] Un ebreo trionfa sulla morte? Pensiero intollerabile, perfino per i suoi protettori occasionali”. Quando ho ripreso in mano, dopo tanti anni, lo scritto di Elie Wiesel sul 1967 in Al Sorgere delle stelle, mi sembrava di leggere considerazioni che si attagliano perfettamente alla situazione odierna. Eppure, sono passati circa 60 anni dalla guerra dei Sei Giorni: è possibile che nulla sia mutato nel conflitto tra Israele e i suoi nemici arabi? Più andavo avanti nella lettura dello scritto di Wiesel, più la mia mente e il mio cuore si irrigidivano intorno ad una domanda cui non potevo dare una risposta. Ma, poi, le successive considerazioni di Wiesel mi hanno aperto la strada per capire che quello che succede oggi è successo anche allora, nel 1967, e ha continuato ad essere presente sino ad oggi. “Il passato che non passa”, così intendeva dire Platone nel suo Cratilo.

     Il mondo di oggi non si distingue da quello di ieri sulla questione dell’antisemitismo. Anzi, oggi, l’antisemitismo è più feroce che mai, perché si coniuga con l’antisionismo, cioè con l’obbiettivo degli antisemiti di distruggere Israele. La risposta militare di Israele agli orrendi fatti del 7 ottobre 2023 si è trasformata, in coloro che vogliono la cancellazione dello Stato ebraico, esclusivamente nella risposta militare dello Stato ebraico contro Hamas e Hezbollah, definita “genocidio”. Il 7 ottobre è scomparso dalla storia del Medio Oriente, anche per molta parte dell’opinione pubblica occidentale che condivide le posizioni dei terroristi arabi. A questo proposito, Wiesel aveva di nuovo ragione: «Lasciamo da parte i fanatici: da tempo hanno fatto la loro scelta. […] Ci sembra quasi naturale che trattino Israele da aggressore senza tenere conto delle provocazioni subite, giustificando gli atti di guerra che hanno provocato la guerra» (corsivo mio). Nel suo libro Wiesel ci dà la perfetta spiegazione di quello che sta accadendo oggi. Dunque, la risposta di Israele ai fatti del 7 ottobre è considerata dagli antisemiti una provocazione, la volontà di Gerusalemme di iniziare una nuova guerra contro gli arabi, determinandone la giusta reazione contro il “male sionista”. Il 7 ottobre è caduto negli Inferi.

     Nella guerra del 1967, i soldati israeliani piangevano nella città vecchia di Gerusalemme dopo la vittoria. Scriveva Wiesel: “[…] Li ho visti, come in un sogno, fare un salto all’indietro di duemila anni per riannodare il legame con la leggenda, la memoria e la tradizione segreta di Israele”. Oggi i nostri pacifisti, più antisemiti che mai, si commuovono di fronte alla morte dei leader terroristi arabi, gente che si è macchiata di sangue ebraico per professione, idolatrati dalla moltitudine araba. Forse baciano le immagini di Nasrallah o di Haniyek, due criminali della peggior fatta, poste su comodino accanto al letto. Wiesel, dopo la vittoria israeliana del 1967, ironizzava sui “cristiani e sui simpatizzanti della sinistra”; essi «vi diranno: conoscete gli arabi, sono dei bambinoni, parlano molto, si agitano, bisogna perdonarli, e soprattutto non prenderli sul serio». Ed invece, Wiesel aveva previsto tutto, sino ad oggi: «Quando si minaccia una comunità ebraica di “guerra totale”, di bagni di sangue, di sterminio col fuoco, non possiamo riderci su». Tutto ciò, dopo il 1967, è avvenuto; e la ferocia sanguinaria degli eventi del 7 ottobre 1967 lo sta a dimostrare.

     Il 7 ottobre ha dimostrato quanto valgono gli amici, esattamente come nel 1967: «È un fatto che nel momento del pericolo, i nostri amici e protettori, se si trovano al potere, si scoprono all’improvviso un’ipocrita vocazione alla prudenza e la saggezza. Atteggiamento questo che accentua la nostra solitudine». Oggi è ancora peggio. Gli amici di Israele, in particolare gli Stati Uniti, non solo sollecitano Israele “alla prudenza e alla saggezza” – termini ormai obsoleti quando si parla dello Stato ebraico che si difende attaccando i nemici che vogliono la sua distruzione – ma si condanna apertamente e con forza le misure militari di Israele contro i terroristi di Hamas a Gaza, che usano la popolazione della Striscia come scudi umani al fine di acuire la condanna internazionale nei confronti di Gerusalemme. È profondamento vero, e ancor più oggi, quello che scriveva Wiesel a proposito dei diritti inalienabili di Israele: «[…] Quegli stessi che prima dello scoppio delle vere e proprie operazioni militari avevano sostenuto il suo irriducibile diritto alla propria esistenza sovrana, alla propria sopravvivenza, alla propria dignità umana e nazionale, adesso gli si rivoltano contro mettendogli il broncio». Oggi molto più di ieri.

Antonio Donno
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