Israele sta finendo i razzi ma non ferma l’attacco
Cronaca di Amedeo Ardenza
Testata: Libero
Data: 16/10/2024
Pagina: 8
Autore: Amedeo Ardenza
Titolo: Israele sta finendo i razzi ma non ferma l’attacco. Il leader di Hezbollah parla di cessate il fuoco

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 16/10/2024, a pag. 8, con il titolo "Israele sta finendo i razzi ma non ferma l’attacco. Il leader di Hezbollah parla di cessate il fuoco", la cronaca di Amedeo Ardenza

 

Iron Dome è il sistema di difesa anti-missile indispensabile per proteggere le città israeliane. Ora i suoi missili scarseggiano. E l'amministrazione Biden minaccia di nuovo l'embargo sulle armi, se entro un mese Netanyahu non accetterà una nuova tregua umanitaria a Gaza. Ma Israele è comunque determinato ad andare avanti nella lotta di sopravvivenza contro Hezbollah e Hamas

Israele sta finendo i missili intercettori, le armi che consentono ai sistemi difensivi Iron Dome, David’s Sling e Arrow di abbattere quasi tutti i proiettili in arrivo da Libano, Iran e Yemen. Lo denunciano dirigenti d’industria, ex ufficiali militari e analisti, citati dal Financial Times, dopo l’annuncio da parte degli Stati Uniti dell’invio in Israele del sistema antimissile Thaad. «Il tema delle munizioni israeliane è serio», ha affermato Dana Stroul, funzionaria della difesa statunitense con responsabilità per il Medio Oriente. «Se l’Iran rispondesse a un attacco israeliano (con una massiccia campagna di attacchi aerei) e si unisse anche Hezbollah, le difese aeree di Israele sarebbero messe a dura prova - ha avvertito Stroul, aggiungendo che le scorte statunitensi non sono illimitate- Gli Stati Uniti non possono continuare a rifornire Ucraina e Israele allo stesso ritmo. Stiamo raggiungendo un punto critico».
E ieri Washington ha avvertito a Israele: se entro un mese, quindi dopo le elezioni presidenziali in America, non faciliterà l’assistenza umanitaria a Gaza, potrebbe scattare l’embargo sui trasferimenti di armi, hanno scritto il segretario di Stato, Antony Blinken, e il segretario della Difesa, Lloyd Austin, in una lettera indirizzata domenica ai ministri israeliani Yoav Gallant e Ron Dermer.
Ma le operazioni israeliane in Libano non accennano a rallentare. Non lo faranno prima di capire chi sarà il successore di Joe Biden alla Casa Bianca – e le elezioni negli Usa si celebreranno il 5 novembre. In alternativa Israele potrebbe fermarsi al nord se riuscisse a raggiungere una tregua sul fronte sud con Hamas. Ma un accordo del genere con i terroristi di Gaza non è in vista: lo ha dichiarato ieri Gallant rivolto a un gruppo di famigliari del centinaio di ostaggi ancora prigionieri di Hamas nell’enclave palestinese. «Siamo a uno stallo e non vedo progressi in questo periodo, mi dispiace dirlo», ha affermato il ministro. «C’è stato un irrigidimento da parte di Hamas», ha aggiunto, spiegando che il gruppo gazawi sta monitorando la guerra fra Israele ed Hezbollah nella speranza che «accada qualcosa che serva il suo interesse».
I destini di Hamas ed Hezbollah, entrambi alleati dell’Iran, appaiano dunque legati. E d’altronde la milizia sciita libanese giustifica la ripresa un anno fa dei suoi bombardamenti quotidiani contro Israele come azione di solidarietà nei confronti di Hamas. Ieri tuttavia il vicesegretario generale di Hezbollah Naim Qassem, il più alto dirigente del gruppo sciita dopo l’eliminazione del numero uno Hassan Nasrallah e del suo successore Hashem Safieddine, è tornato a parlare di un cessate il fuoco.
È la seconda volta nel giro di pochi giorni che Qassem, forse poco entusiasta all’idea del martirio, parla di una tregua; il vice leader di Hezbollah ha avvertito Israele che continuerà a subire attacchi a meno che non accetti un cessate il fuoco. «Faremo sentire dolore a tutta Israele», ha affermato il leader sciita, se il nemico non acconsentirà a far tacere le armi. Parole che da un lato tradiscono debolezza – peraltro esplicitamente negata da Qassem – ma che dall’altro sono state pronunciate poche ore dopo un devastante attacco di Hezbollah contro una base militare israeliana con un bilancio di quattro morti e decine di feriti. Nelle stesse ore in un colloquio telefonico con il presidente francese Emmanuel Macron, il primo ministro israeliano Benjamin (Bibi) Netanyahu ha escluso che il suo governo proclamerà una tregua unilaterale spiegandio che Israele punta a permettere il ritorno degli sfollati del nord alle loro case in sicurezza. Bibi ha anche respinto le critiche di Macron che sollecitava Israele ad adeguarsi ai dettati dell’Onu: «Voglio ricordare al presidente francese: non è stata una risoluzione dell’Onu che ha creato lo stato di Israele, ma la vittoria ottenuta in una guerra di indipendenza».
Ieri è stata l’ennesima giornata di scontri fra le Idf e la milizia sciita. Ai missili sul nord d’Israele sono corrisposti bombardamenti e incursioni israeliane nel sud del Libano: in un tunnel in Libano le Idf hanno anche arrestato tre operativi di Hezbollah, poi tradotti in Israele per essere interrogati. In un allentamento della tensione spera invece il primo ministro libanese Najib Miqati secondo cui gli Usa gli avrebbero dato assicurazioni sia che Israele diminuirà i bombardamenti di Beirut e dei suoi sobborghi meridionali sia sull’impegno della Casa Bianca per il raggiungimento di un cessate il fuoco.
Martedì il terrore in Israele non è arrivato solo dal cielo.
Sull’autostrada 4 vicino allo svincolo di Yavneh, 25 chilomnetri a sud di Tel Aviv, il poliziotto Adir Kadosh, 33 anni, è morto dopo essere stato colpito con un’arma da fuoco dal terrorista Muhammed Dardounah, 28 anni. Residente di Jabaliya a Gaza, ma infilitratosi in Israele dalla Cisgiordania dove viveva illegalmente, Dardounah ha aperto il fuoco sulle auto in circolazione uccidendo Kadosh e ferendo altre quattro persone prima di essere lui stesso ucciso da un passante che aveva con sè un’arma di sua proprietà.

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