Riprendiamo da LIBERO di oggi 14/10/2024, a pag. 1/2, con il titolo "Caro Luciano, niente comizi. Si candidi, se lo ritiene. Ma non usi la Nazionale", l'editoriale di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
No, caro Luciano Spalletti, spiace doverle dire che non ci siamo proprio, e che il suo passo falso di ieri è stato davvero sgradevole. Come sa, qui a Libero la stimiamo e spesso le nostre pagine sportive hanno convintamente e giustamente elogiato le sue scelte tecnico-tattiche.
Ma la sua sparata di ieri non corrisponde affatto a quelli che lei ama definire i “giusti comportamenti”.
Intanto, perché non tocca all’allenatore della Nazionale di calcio fare comizi. Per carità, il diritto di parola è sacro, e ciascuno deve sempre essere liberissimo di dire la sua opinione.
Ma, se uno fa il commissario tecnico della Nazionale, dovrebbe avvertire più di altri un’esigenza di riserbo, di autodisciplina anche verbale, di rispetto speciale di ogni altra opinione.
Gli anglosassoni parlerebbero di “restraint”: insomma, lei farebbe bene a trattenersi e a ricordare che, tra quelli che seguono gli azzurri di calcio, ci sono cittadini di ogni opinione, di tutte le sensibilità politiche e culturali. E, in un paese che è già diviso in mille pezzi, ci manca solo che l’allenatore della Nazionale si metta a fare il capofazione, rubando il mestiere a Nicola Fratoianni o a Giuseppe Conte. Vuole farlo? La passione politica è una cosa bellissima: si candidi, se crede, ma non usi la panchina della Nazionale come uno sgabello per discorsi scombiccherati e partigiani.
PRUDENZA
Non compete a lei, peraltro alla vigilia di un match con la squadra nazionale israeliana, causare un incidente diplomatico con Gerusalemme. Semmai, elementari ragioni di prudenza e buona ospitalità le avrebbero suggerito toni decisamente più sorvegliati: al limite, ribadendo come lo sport possa unire, e come una partita di calcio sia un’eccellente occasione di mostrare che si può – appunto – “giocare” nonostante una tragedia e a dispetto delle divisioni e delle sofferenze da cui il mondo è attraversato. Sarebbe stata una osservazione di buon senso, e anche un modo di evitare di mettersi idealmente alla testa delle manifestazioni antisioniste (o peggio) previste per la giornata di oggi, in concomitanza con la partita.
E poi – entrando nel merito – lei l’ha detta proprio grossa: «Tanti israeliani non vogliono la guerra e bisogna convincere sempre qualcuno in più che questa è una storia che deve finire». Ecco, forse non l’hanno informata, caro Spalletti, che a scatenare la guerra, il 7 ottobre di un anno fa, sono stati i terroristi islamici nemici di Israele, ammazzando più di 1200 donne e uomini (“colpevoli” di essere ebrei) e sequestrandone altri 250.
È dunque per lo meno surreale rovesciare la responsabilità delle ostilità su chi è stato vittima di un attacco brutale e disumano da parte degli estremisti islamici.
Delle due l’una. O la frase le è sfuggita inavvertitamente: e allora abbiamo il dovere di ricordarle che lei ha una responsabilità speciale, che ogni sua parola pesa, perché è ascoltata da milioni di persone, e perché lei può parlare senza contraddittorio, senza che vengano ascoltate altre opinioni per riequilibrare la sua, peraltro espressa in modo così pesante e sproporzionato. Oppure – al contrario – dobbiamo ipotizzare che lei abbia deliberatamente scelto di assumere una posizione politica, tra l’altro sgradevolmente aggressiva nei confronti della squadra straniera che è oggi nostra ospite: se fosse così, sarebbe ancora più grave, perché saremmo in presenza di una scivolata politica del tutto fuori luogo.
Morale. Faccia il commissario tecnico, mestiere che è in grado di svolgere benissimo, circondato dal rispetto generale. Di comizianti (o anche di aspiranti imam, più o meno consapevoli di esserlo) ce ne sono già troppi.
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