Riprendiamo da LIBERO di oggi, 11/10/2024, a pag. 14, con il titolo "Kamala rallenta e la sinistra l'attacca. I sondaggi: il Senato ai Repubblicani" l'analisi di Matteo Legnani.
Dovevano essere interviste all'acqua di rose. Realizzate da giornalisti e conduttori tv, come si dice in gergo giornalistico, «con il cappello in mano». Invece, le comparsate di Kamala Harris a “60 Minutes” sulla CBS, all'Howard Stern Show e da Steve Colbert al “Late Show” ancora sulla CBS, le sono tornate indietro come un boomerang, evidenziando la sua scarsa preparazione sui temi di attualità e la sua poca prontezza nel rispondere a domande rivoltele in diretta.
Persino il New York Times, fiero avversario di Trump e solitamente docile con l’erede di Biden, ha evidenziato come la vicepresidente degli Stati Uniti continui a fare bob and wave espressione pugilistica usata per descrivere chi schiva i colpi abbassando la testa. Cosa che, riferita alla Harris, descrive la sua incapacità di replicare alle domande scomode o su temi complessi, come ad esempio quello di Israele e del caos in Medio Oriente. Proprio a “60 Minutes”, rispondendo a una domanda sugli aiuti militari forniti dagli Usa a Israele, la candidata democratica alla presidenza ha detto tutto e il suo contrario, risultando confusa e incomprensibile. E il Washington Post (che non sta sicuramente più a destra del Times) le ha dato un buffetto sottolineando che tutti i politici evitano certe domande, ma lei «non ha ancora imparato l'arte di nascondersi».
Anche perché i sondaggi sono tutt'altro che incoraggianti, nonostante la Harris fosse uscita come la «reginetta del ballo» dalla Convention democratica di fine agosto e nonostante il miliardo di dollari raccolto in pochissime settimane per inondare tv e radio di spot e costruire un’autentica macchina da guerra elettorale nei cosiddetti Stati ballerini, quelli che finiranno per decidere chi starà alla Casa Bianca nei prossimi quattro anni. Se a livello nazionale si continua ad assistere a un sostanziale pareggio, con la Harris o Trump che si tolgono un punto (o al massimo un paio di punti) di sondaggio in sondaggio, il candidato repubblicano è avanti in quattro dei sette Stati in bilico. Secondo la rilevazione effettuata tra il 5 e l’8 ottobre dall'Emerson College per The Hill, il tycoon conduce 50 a 49 in Wisconsin, Nord Carolina e Pennsylvania ed è in vantaggio netto (51 a 48) in Arizona. Lui e la sua avversaria sono pari in Georgia e in Michigan, mentre la democratica conduce (di un punto, 49 a 48) soltanto in Nevada. La situazione sarebbe tanto seria da aver spinto i responsabili della campagna della Harris a richiamare in servizio l’ex presidente Barack Obama, che ieri ha tenuto un comizio a Pittsburgh in Pennsylvania e nei prossimi giorni è atteso da altri appelli pubblici al voto. Il New York Times vede nero anzi rosso (come il colore tradizionalmente associato al GOP) anche nella corsa al controllo del Senato, dove i rpeubblicani risultano favoriti nei sondaggi. Il tutto mentre ancora si attende l’effetto del post-urgano Milton: i tempi e i modi in cui l’amministrazione gestirà l’emergenza immediata, soccorrerà le comunità più colpite e stanzierà fondi per aiuti e ricostruzione avrà un indubbio impatto sull’indice di gradimento della vicepresidente.
Non bastasse il quadro di grande incertezza elettorale, nel partito democratico è scoppiata la grana innescata dalla deputata radical Alexandra Ocasio Cortez. La rappresentante al Congresso per il distretto di Brooklyn (New York) ha avvertito la Harris che nel partito «scoppierà un’autentica rissa» se, in caso di vittoria, la presidente della Commissione federale per il Commercio Lina Khan verrà rimossa dalla sua carica, come alcuni grandi finanziatori avrebbero chiesto di fare alla candidata democratica alla Casa Bianca.
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