13/2/02 Interviste parallele, bugie identiche
intervista ad Arafat
Testata:
Data: 13/02/2002
Pagina: 1
Autore: Guido Olimpio e Franceschini
Titolo:
Il Corriere e Repubblica del 13 febbraio 2002 pubblicano con molta evidenza due interviste ad Arafat, collegate entrambe alla visita di omaggio fatta al leader palestinese dal nostro fu ministro Diliberto. La prima è firmata da Olimpio, la seconda da Franceschini, che non sono alle prime armi né possono paludarsi da ingenui. E, fra i due, Franceschini quanto meno butta lì un paio di domande scomode, ma poi, come Olimpio, trascrive le risposte senza alcun commento che ne faccia risaltare la vera natura di menzogne.
Già, menzogne, ed anche piuttosto stupide, se non fosse che Arafat sa benissimo che nessun giornalista italiano oserebbe rovistare fra gli appunti e le cronache degli ultimi due anni per fornirne la prova. E dunque menzogne siano, va bene così.
Tra queste, la menzogna sui motivi del fallimento delle trattative condotte dal governo israeliano a Camp David è talmente grossolana da far dubitare che Arafat abbia la padronanza dei suoi ricordi: per Arafat ( Franceschini ed Olimpio riferiscono il medesimo concetto, senza commentarlo ) fu Israele a far fallire quel negoziato, chiedendo il controllo del quartiere armeno della città vecchia, mentre tutti sanno, e Clinton che fu presente a quei colloqui quale garante lo conferma esplicitamente, che la causa del fallimento fu la pretesa di Arafat di far "tornare" in Israele circa 4 milioni di palestinesi "profughi" in giro per il mondo. Del resto, Arafat stesso nella sua famosa intervista americana di pochi giorni or sono confermò questo fatto, dichiarando la propria disponibilità a negoziare le modalità del riconoscimento di quel preteso diritto da parte di Israele.
Sui missili Kassam, Arafat ha il buon gusto di scherzare (chi li lancia è legato a lui, dunque buttiamola sul ridere per evitare che qualcuno possa pensare che si tratti di terrorismo...): non spaventerebbero neppure un gatto! E di nuovo Olimpio e Franceschini riferiscono, senza specificare per i loro lettori che quei missili spostano in avanti il senso politico dello scontro armato, trasformandolo da tattico in strategico.
In buon italiano si potrebbe citare il detto "menare il can per l' aia" per definire la ciarliera mancanza di lucidità di Arafat, oltre che la sua mai smentita propensione per le bugie, bugie sempre e per tutti, poco importa che siano evidenti e che si contraddicano fra loro.
Né Franceschini né Olimpio, comunque, hanno riferito quel che tutti gli spettatori del TG1 delle ore 20 del 12 febbraio hanno potuto vedere: mentre Arafat parlava accalorato, il fu ministro Diliberto, stravaccato accanto a lui, sbadigliava vistosamente.
Dulcis in fundo, conosciamo finalmente la vera identità di Arafat. Lo dichiara lui stesso quando afferma al Corriere: "Non potevo lasciare il quartire armeno a Israele: il mio vero cognome è, infatti, Arafatian".
Leggere per credere!

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