Riprendiamo da LIBERO di oggi, 05/10/2024, a pag. 13 con il titolo "Khamenei col fucile: «Sterminare Israele»" il commento di Giovanni Sallusti.
Giovanni Sallusti
Da ieri la posta in gioco è chiara, nemmeno le anime belle terzomondiste, islamofile, bofonchianti “de-escalation” di fronte all’unica democrazia del Medio Oriente intenta a lottare per la vita, possono negarla. Perché l’ha dichiarata espressamente uno dei loro punti di riferimento globali, l’ayatollah Seyyed Alì Khamenei, Guida Suprema della Repubblica Islamica dell’Iran. L’ha dichiarata anzitutto col linguaggio non verbale, con la potenza della simbologia, che in Medio Oriente vale doppiamente. Per la prima volta da cinque anni, Khamenei ha guidato i sermoni durante la preghiera del venerdì alla moschea Imam Khomeini Grand Mosalla, nel centro di Teheran. L’occasione era la commemorazione di Nasrallah, il tagliagole in capo di Hezbollah eliminato dalle bombe israeliane, che la Guida Suprema ha definito «un fratello, il mio orgoglio, il volto amato del mondo islamico».
DELIRANTE ANNUNCIO
Ma quel che era più interessante, il vero messaggio del sermone, era l’oggetto che stava alla destra di Khamenei, che ogni tanto il pio leader del clero sciita accarezzava ostentatamente: un fucile. Quasi un correlativo oggettivo dell’annuncio: «È finita la pazienza strategica» (nella lingua propagandistica degli ayatollah, la perifrasi che nobilita la consapevolezza della difficoltà di andare allo scontro militare diretto con Israele). «Il regime sionista è senza radici, artificiale e instabile»: un’escrescenza abusiva da rimuovere dal Medio Oriente, e «non sarà mai vittorioso contro Hamas e Hezbollah».
Formalmente, il leader della teocrazia totalitaria nomina ancora i suoi “proxies” come soggetti bellici, ma il fucile lì di fianco esplicita il non-detto risaputo da tutti (per quanto omesso da molti, dai pacifinti strabici agli antisemiti dichiarati): siamo di fronte a una guerra lanciata contro lo Stato degli Ebrei da lui e dagli altri tiranni col turbante che lo circondano. Una guerra di cui, per la prima volta con questa esaustività e inversione logica integrale, Khamenei rivendica il primo atto, il pogrom bestiale eseguito dagli sgherri di Hamas: «Il massacro del 7 ottobre è stata un’azione perfettamente giustificata e logica basata sul diritto internazionale». Irrompere nelle case dei civili, infilare neonati nei forni, sgozzare bambini nelle culle, legare tra loro intere famiglie e dar loro fuoco, violentare, seviziare, uccidere a caso: è il «diritto internazionale» secondo la Guida Suprema della Rivoluzione islamica.
Con questo, ha a che fare Israele, con l’abisso valoriale, morale, concettuale: con la fine di ogni significato e la minaccia esistenziale suprema. Lo dice senza infingimenti, il successore di Khomeini fedele alla lezione antisemita del maestro: non importa quanto ci vorrà, infine «si arriverà alla rimozione della vergognosa esistenza di Israele». È blasfemo che lo Stato degli ebrei (l’ «entità sionista», col loro linguaggio nazi-islamista) esista, per i Guardiani della Rivoluzione di Teheran e per le filiali del Terroe con cui hanno infestato il Medio Oriente: Hamas, Hezbollah, Houthi, milizie sciite irachene e siriane. Israele è per loro dannato e sbagliato ontologicamente e, come recita lo Statuto di Hamas, «rimarrà in esistenza finché l’Islam non lo ponga nel nulla».
L’APOCALISSE
Capite che parlare di mediazione, de-escalation, perfino di pace duratura con interlocutori di tal fatta rischia di far rivalutare Neville Chamberlain come esempio di lucidità e fermezza.
Quel che ha in testa Khamenei è l’opposto, è l’apocalisse antiebraica e antioccidentale (non manca ovviamente un passaggio sul «cane rabbioso» americano, protettore di Israele). Per farlo, si gioca la carta estrema: la chiamata alle armi (di nuovo, amplificata narrativamente da quel fucile) di tutta la Ummah, la comunità dei credenti in Allah. «Le nazioni musulmane hanno un nemico comune. Devono unirsi per difendersi da questo nemico!». Concetto rafforzato da una scelta irrituale, ad alto tasso di simbologia etno-religiosa: dopo aver parlato in farsi, il leader iraniano replica l’invocazione in arabo. È l’estremo tentativo di coinvolgere il mondo sunnita, o parte di esso, nell’armageddon con Israele (tentativo finora frustrato, visto i festeggiamenti per la morte di Nasrallah che si sono visti in alcuni Paesi arabi e la collaborazione logistica di fatto con Gerusalemme della Giordania e fin dell’Arabia Saudita, perlomeno a livello di scambi d’intelligence, di fronte all’offensiva iraniana).
Perché questo vuole, il teologo, o meglio teocrate, col fucile.
La guerra santa contro gli ebrei in primis, e tutti gli infedeli a ruota. Se non fosse chiaro, nel mazzo per lui ci siamo anche noi, volenti o nolenti.
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