Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi 01/10/2024, a pag. 25, con il titolo "Un altro Medio Oriente diventa possibile", l'analisi di Gianni Vernetti.
Quasi cinquant’anni fa il giovane Joe Biden, appena eletto al Senato, si recò per la prima volta a Gerusalemme per incontrare Golda Meir, pochi mesi prima della guerra dello Yom Kippur, la quale informò Biden delle numerose minacce che incombevano su Israele, mostrandogli una serie di mappe. Vedendo il giovane senatore piuttosto in apprensione gli disse: “non sia così preoccupato. Noi israeliani abbiamo un’arma segreta: non abbiamo nessun altro posto dove andare”.
Il successo di Israele di questi giorni contro l’organizzazione terroristica di Hezbollah lo si può capire riascoltando quelle poche battute dell’anziana leader laburista dello Stato ebraico: Israele ha il diritto/dovere di difendersi e di poter vivere in sicurezza. Ed è una sfida esistenziale.
Ora, la profonda sconfitta militare e politica inferta ad Hezbollah dallo stato di Israele rende possibile pensare ad un Medio Oriente molto differente da quello che abbiamo conosciuto in questi anni.
L’attacco ibrido ai quadri dell’organizzazione con la manomissione degli strumenti personali di comunicazione, gli attacchi mirati nel sud del Libano, l’eliminazione dell’intera catena di comando dell’organizzazione terroristica a partire dal suo fondatore e leader indiscusso Hassan Nasrallah, ha permesso di cancellare in soli dieci giorni quella che veniva universalmente ritenuta la più temibile e potente organizzazione del terrore in tutto il Medio Oriente.
Israele in pochi giorni non ha soltanto cancellato una temibile organizzazione terroristica, ma ha azzerato un’intera dottrina politica, diplomatica e militare progettata a Teheran, radicatasi in Libano e diffusa in tutto il Medio Oriente, da Gaza, a Siria, Yemen e Iraq.
L’onda tellurica che si è dipanata dal quartiere di Dahieh a Beirut potrebbe però giungere fino a Teheran e far nascere un Medio Oriente difficilmente pensabile anche solo fino a poche settimane fa. E i festeggiamenti per la fine di Hezbollah in molte città del Golfo, nelle aree curde, nelle enclave della Siria che resistono, nelle città europee abitate dai molti esuli iraniani, sono un primo indizio di un cambiamento possibile.
La comunità internazionale, a cominciare dall’Europa, dovrebbe cogliere fino in fondo le opportunità derivanti dalla fine di Hezbollah, Hamas e Houti, iniziando a pensare in modo innovativo come sostenere un nuovo Medio Oriente nel quale musulmani, ebrei e cristiani possano convivere e prosperare insieme.
Si apre dunque per Europa e Usa una finestra di opportunità per rafforzare il campo della pace in Medio Oriente a partire dal rilancio di due progetti che potrebbero essere la cornice nella quale collocare questa nuova stagione: gli Accordi di Abramo e Imec, il Corridoio Economico India-Golfo-Israele-Europa.
L’accordo di pace siglato nel 2020 fra Israele, Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Marocco che prende il nome da Avraham/Abramo/Ibrahim, che ebrei, cristiani e musulmani considerano il patriarca del Monoteismo, può trovar oggi nuova linfa a cominciare dalla ripresa dei colloqui fra Israele e Arabia Saudita, interrotti dopo il 7 ottobre, riaprendo la strada alla possibilità che il custode dei luoghi santi di Mecca e Medina possa giungere ad un accordo di pace con Israele, capovolgendo così in modo radicale la narrazione dell’impossibilità della convivenza fra ebrei e musulmani in Medio Oriente.
Gli Accordi di Abramo possono essere la nuova cornice giuridica e politica all’interno della quale collocare una serie di accordi di pace in grado di disegnare un nuovo Medio Oriente e possono essere estesi in tempi rapidi anche a Libano e Autorità Nazionale Palestinese.
Il Libano ha poi bisogno di nuove garanzie di sicurezza e di recuperare appieno la sua sovranità minacciata in questi decenni da Siria ed Hezbollah: la missione Unifil andrà sostituita con una nuova missione con regole d’ingaggio molto più assertive, con un mix di forze europee e dei paesi arabi non necessariamente sotto l’egida delle Nazioni Unite, in grado di permettere davvero all’esercito libanese di controllare il proprio territorio, riducendo l’influenza siriana e garantire la sicurezza nel nord di Israele.
Ma la pace per essere duratura ha bisogno di sviluppo. Ed è qui che entra in gioco il Corridoio Economico India-Medio Oriente-Europa (Imec), che può rappresentare una grande opportunità di sviluppo e stabilità fra India, paesi del Golfo, Arabia Saudita, Israele ed Europa, attraverso la creazione di una rete multimodale di 4.800km di connessioni navali e ferroviarie in grado di unire i porti indiani di Mundra e Khanda, quelli emiratini di Fujarah e Jebel Ali, quelli sauditi di Dammam e Ras al Khair per poi giungere attraverso la Giordania ed i territori palestinesi al porto israeliano di Haifa, hub strategico per connettere l’intera rete con i porti europei, a cominciare da quelli italiani.
La fine delle organizzazioni terroristiche che hanno sequestrato il Medio Oriente almeno negli ultimi tre decenni apre delle opportunità che vanno rapidamente colte per disegnare un nuovo Medio Oriente nel quale stabilità e sviluppo saranno la regola.
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