Riprendiamo da LIBERO di oggi, 29/09/2024, pag. 1/4, con il titolo "Khamenei invoca il jihad, poi scappa a nascondersi", la cronaca di Carlo Nicolato.
Carlo Nicolato
«Il bilancio di Hezbollah, tutto ciò che mangia e beve, le sue armi e i suoi razzi, provengono dalla Repubblica islamica dell’Iran».
Tali dichiarazioni non sono state estrapolate da un discorso del premier israliano Netanyahu o da un dossier del Mossad, furono articolate dal capo di Hezbollah stesso, l’ormai defunto Hassan Nasrallah, nel 2016 quando gli Stati Uniti decisero di comminare una nuova serie di sanzioni all’organizzazione terroristica libanese. Secondo Nasrallah le misure, che toccavano banche ed eventuali investimenti commerciali, non avrebbero avuto alcun effetto in quanto Hezbollah dipendeva, e dipende, in tutto e per tutto dall’Iran. Il Partito di Dio libanese infatti non è solo uno dei tanti “proxy” degli ayatollah come lo sono Hamas, gli Houthi e i vari gruppi sciiti iracheni, è molto di più, è il primo rappresentante dell’Iran in Medio Oriente, fondato, istruito e addestrato dalle Guardie Rivoluzionarie a partire dai primi anni ‘80, mantenuto politicamente e militarmente da Teheran con cifre che il Dipartimento del Tesoro ha stimato a circa 700 milioni di dollari l’anno. Nasrallah e prima ancora Abbas Musawi, anche lui ucciso da Israele nel 1992, hanno sempre e solo eseguito gli ordini dell’Iran con margini di libertà politica molto limitati e di azione militare praticamente nulli. Nasrallah stesso non era “solo” il capo di Hezbollah, era la “longa manus” della Guida suprema, l’ayatollah Khamenei, il suo servo sciita arabo. «Ricordo il 1979, quando il mondo intero guardava l’imam Khomeini a Parigi. I cuori di decine di milioni di persone erano con lui quando salì sull'aereo per Teheran. In Iran, ricevette il più grande benvenuto della storia. Fu una dichiarazione di vittoria», disse Nasrallah in un’intervista alla tv di Stato iraniana due anni fa. È chiaro dunque che la sua eliminazione, e quella di decine di altri pezzi grossi del gruppo terroristico, nonché in un colpo solo di centinaia se non migliaia di militanti attraverso pagers e walkie talkie esplosivi, non può che essere considerata una disfatta per l’Iran, il crollo di un sistema militare, terroristico, politico e religioso sul quale gli ayatollah avevano impostato la loro strategia anti-israeliana. La decapitazione di Hezbollah è di gran lunga il peggior fallimento di Khamenei che si avvia alla più triste conclusione della sua vita terrena.
L’attacco del 7 ottobre si è alla fine rivelato un grave errore strategico che ha decretato la fine dei due principali “proxy” israeliani. Ma un conto è Hamas, un altro è Hezbollah. L’Iran ha iniziato a supportare seriamente Hamas da quando ha preso il controllo della Striscia di Gaza, ma sebbene Khaled Mashal, ex leader dell'ufficio politico del gruppo terroristico, dichiarasse nel 2007 «siamo i figli spirituali di Khomeini», gli ayatollah hanno sempre considerato i palestinesi utile carne da cannone. La distruzione di Hamas dunque poteva anche essere messa in conto, quella di Hezbollah no. E le reazioni che arrivano da Teheran non fanno che confermarlo. «I criminali sionisti devono sapere che sono troppo deboli per poter infliggere danni significativi alla solida struttura dell'Hezbollah libanese», ha scritto lo stesso Khamenei su X. «Il massacro di persone indifese in Libano ha dimostrato ancora una volta la politica miope e stupida dei leader del regime usurpatore», ha aggiunto chiamando ancora a raccolta il mondo musulmano «a stare al fianco del popolo libanese e dell’orgoglioso Hezbollah con tutti i mezzi a loro disposizione e ad assisterli nell’affrontare il... regime malvagio». A Teheran si parla di «migliaia di giovani comandanti addestrati», di «130 mila razzi puntati contro Israele», ci si illude di una nazione, il Libano, tutta pronta a combattere, ma intanto la Guida suprema se l’è data a gambe.
Funzionari ben informati hanno riferito infatti che Khamenei sarebbe stato trasferito in un luogo sicuro all’interno del Paese dove sono state adottate misure di sicurezza straordinarie a prova di missile, lontano da pagers e telefonini. Con buona pace della Guida suprema, e soprattutto di Nasrallah, la “liberazione di Quds” per il momento non avverrà.
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