Quando si tratta dei governanti dell'Iran, non può esserci dialogo
Commento di Ben Cohen
Testata: Informazione Corretta
Data: 29/09/2024
Pagina: 1
Autore: Ben Cohen
Titolo: Quando si tratta dei governanti dell'Iran, non può esserci dialogo

Quando si tratta dei governanti dell'Iran, non può esserci dialogo
Commento di Ben Cohen

Jina (“Mahsa”) Amini, la ragazza assassinata dalla polizia morale iraniana, perché indossava il velo in modo inappropriato. Sono passati due anni dalla sua uccisione e non si è placata la più importante ondata di proteste contro il regime, condotta soprattutto da donne, sotto lo slogan "donna vita e libertà". 

Sono passati due anni dall'omicidio di Jina (“Mahsa”) Amini, una giovane donna curdo-iraniana, per mano della polizia morale della Repubblica islamica dell'Iran. Amini é stata seviziata e uccisa perché avrebbe indossato impropriamente il suo hijab, o velo, il tipo di “crimine” che fa infuriare una teocrazia arretrata. La sua morte ha innescato il movimento “Donne, vita, libertà”, l'ultima e forse più significativa ondata di proteste tra i milioni di iraniani, cittadini comuni che da oltre un decennio chiedono a gran voce un cambio di regime, ma che finora non sono riusciti a spodestare i mullah al potere. Quei mullah al potere, la scorsa settimana, sono puntualmente arrivati a New York City per partecipare all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Il neo Presidente iraniano, Masoud Pezeshkian, ha parlato rivolto ad un’adunata in gran parte dominata da cleptocrati del Terzo Mondo e da vari burattini russi e cinesi, nel medesimo giorno in cui Turchia, Giordania, Sudafrica e Qatar hanno fatto lo stesso; tutti quanti dal podio dell'Assemblea Generale hanno pronunciato discorsi ferocemente anti-israeliani intrisi di metafore antisemite.

Le osservazioni di Pezeshkian si sono attenute rigidamente alle argomentazioni del suo regime, tra cui la teoria della cospirazione secondo cui l'ISIS è stato creato da Israele; che i delegati dell'Iran come Hezbollah in Libano e i ribelli Houthi nello Yemen sono “movimenti di liberazione popolare”; e, più ridicola di tutte, l'affermazione che l'Iran “cerca solo di salvaguardare la propria sicurezza, non di creare insicurezza per gli altri. Vogliamo la pace per tutti e non cerchiamo la guerra o la lite con nessuno.”

Il destino di Amini e delle migliaia di manifestanti che l'hanno seguita non è stato menzionato. In modo piuttosto sconveniente, più o meno nel momento in cui Pezeshkian stava esaltando la natura pacifica dell'Iran, la Reuters ha diffuso la notizia che gli iraniani stavano mediando colloqui segreti tra il regime del Presidente russo Vladimir Putin e gli Houthi con l'obiettivo di fornire a questi ultimi missili Yakhont di fabbricazione russa per continuare i loro attacchi alle navi commerciali nel Mar Rosso. Ma anche questo è passato inosservato e non menzionato al circo delle Nazioni Unite, dove l'unico “Stato canaglia”giudicato degno di tale appellativo è lo Stato di Israele.

All’esterno dell'Assemblea Generale, la delegazione iraniana ha indossato un po' i panni della diplomazia pubblica, ospitando un incontro di personalità religiose che includeva una manciata di partecipanti ebrei. Contrariamente alla valutazione del corrispondente del quotidiano liberale israeliano Haaretz , questo non è stato minimamente “sorprendente.” Con la prevedibilità della Terra che gira attorno al sole, a ogni Assemblea Generale, una delegazione della setta antisionista Neturei Karta incontra diligentemente gli iraniani in qualsiasi hotel di Manhattan in cui questi si trovino. Se dovessimo considerare ebreo chi traffica nella distorsione della Shoah e che trascorre ogni Shabbat ebraico nelle fila della folla di Hamas, che dedica i suoi fine settimana a manifestare a favore dell'eliminazione di Israele, nel senso di essere ebreo come la maggior parte di noi intende,  tutto questo ci porterebbe oltre lo scopo della rubrica di questa settimana.

Quel che conta a questo proposito è che quest'anno non è stato diverso dagli anni passati. Ancora più degna di nota è stata la presenza a quel “dialogo” di un israeliano, Lior Sternfeld, professore di storia e studi ebraici alla Pennsylvania State University. Sternfeld non è certo il primo israeliano ad aver incontrato rappresentanti della Repubblica islamica, nonostante l'impressione trasmessa dalla copertura mediatica di questo incontro; per citare un esempio, Moti Maman, un uomo d'affari israeliano di 73 anni che è stato processato in Israele la scorsa settimana con l'accusa di aver pianificato azioni terroristiche e assassinii per conto di Teheran, si è recato in Iran in almeno due occasioni.

Non sto suggerendo che Sternfeld sia stato reclutato per svolgere un lavoro simile, ma che se ne renda conto o no, è diventato un utile strumento di propaganda per gli iraniani, quando ha esclamato  con entusiasmo dopo il suo incontro con Pezeshkian: “Ci sono volti nuovi in Iran? La risposta è sì.”  Sternfeld vorrebbe farci credere, sulla base di un incontro coreografico, che Pezeshkian è un moderato autentico che vuole orchestrare un accordo che garantirebbe la liberazione dei 101 ostaggi israeliani che ancora languono nella prigionia di Hamas a Gaza.

Invece proprio tutto ciò che gli attuali governanti dell'Iran dicono e fanno, a livello nazionale, regionale e globale, va contro questa conclusione. Il punto fondamentale è questo: più di ogni altra cosa, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite mostra una visione del mondo in cui, in sostanza, ogni stato membro è rispettoso della legge, amante della pace e rispettoso dei diritti umani, ad eccezione di Israele. Quindi non è cero scioccante che l'Iran scivoli con facilità in quei parametri, così come del resto altri Stati come la Turchia, che nell'ultimo secolo ha condotto genocidi contro armeni e curdi, e il Qatar, dove solo il 10% della popolazione è costituito da cittadini a pieno titolo e il resto sono schiavi e domestici privati dei diritti importati dai Paesi in via di sviluppo.

Se alcuni della sinistra ebraica aspirano a essere accettati in questi circoli, allora questo, francamente, è il loro funerale. Lasciamo che conducano il loro “dialogo.”  Farlo non libererà un singolo ostaggio né convincerà gli israeliani che sono la parte in torto e non la parte offesa.

Dopo tutto, la stragrande maggioranza degli ebrei che si identificano come sionisti e pregano fervidamente per una vittoria israeliana nell'attuale guerra su più fronti ha anche dei partner e dei simpatizzanti. Il popolo iraniano, che rischia la pena di morte ogni volta che sfida il suo regime cantando che la causa di Gaza non è la sua causa. I curdi, che conoscono meglio di chiunque altro la brutalità della dominazione araba e della colonizzazione araba della loro patria. Le altre minoranze religiose del Medio Oriente, dagli yazidi dell'Iraq ai cristiani del Libano e dell'Egitto, che non accettano la miseria della vita in uno Stato governato dalla legge islamica della Shari'a.

Sono loro i nostri partner nella conversazione e nel più ampio progetto di ricostruzione del Medio Oriente come una società aperta. Non abbiamo bisogno di impegnarci con Pezeshkian e i suoi complici, né cerchiamo la loro approvazione. Ciò che cerchiamo è il loro rovesciamento.

E sono disposto a scommettere, mentre ci avviciniamo a un Nuovo Anno che si spera sarà più gentile e più dolce di quello precedente, che tra un decennio Israele sarà ancora fiorente e che saranno i mullah ad essere molto più probabilmente relegati al passato. Con questo in mente, mentre ci prepariamo per le lotte e le battaglie dei prossimi mesi, permettetemi di finire con un sentito Shanah Tovah.

Ben Cohen Writer - JNS.org
Ben Cohen, scrive su Jewish News Syndacate

takinut3@gmail.com