Bernard-Henri Lévy incontra Maurizio Molinari: la solitudine di Israele
Commento di Costanza Cavalli
Testata: Libero
Data: 27/09/2024
Pagina: 24
Autore: Costanza Cavalli
Titolo: Sono spaventato dalla solitudine di Israele

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 27/09/2024, a pag. 24, il commento di Costanza Cavalli dal titolo "Sono spaventato dalla solitudine di Israele".

Bernard-Henri Lévy (al centro) dialoga con Maurizio Molinari al Teatro Franco Parenti di Milano. La sua ultima opera è dedicata alla solitudine di Israele. Lo Stato ebraico viene condannato proprio mentre sta lottando per la sua esistenza, dopo il pogrom del 7 ottobre

L'uomo salito sul palco del teatro Franco Parenti di Milano con la faccia da film di Scorsese, i capelli argentati curati al limite della vanità, le sopracciglia nere, nerissime e indosso la divisa di sempre, camicia bianca, completo scuro, è uno splendido settantacinquenne. Per Bernard-Henri Lévy c’erano i cellulari della polizia, gli agenti schierati all’esterno, all’interno in borghese, la sala piena.
Lui, BHL, il re dei philosophes e un tempo pure dei settimanali di gossip (ripetiamo: splendido settantacinquenne), giornalista, attivista, regista, ha presentato il suo La solitudine di Israele (La Nave di Teseo, pp.
174, euro17): frasi brevi, a favore di traduttrice, e tutto un roteare di mani, indicare, disegnare cartine geografiche nell’aria. «Israele e Ucraina sono due fronti della stessa guerra. Il terzo fronte, ancora tiepido, è Taiwan.
Se Putin conquistasse il Donbass e se l’Iran, insieme con i suoi alleati, riuscisse a preservare Hamas, la Cina, nel giro di un anno o due, attaccherà Taiwan», è la previsione.
Al 357esimo giorno di guerra, nel pieno dell’escalation con Hezbollah, decine di migliaia di morti e gli sfollati a centinaia di migliaia, BHL ha fatto il punto, con urgenza e profondità e, a suo solito, permettendosi di scrivere ciò che molti non avrebbero il coraggio di dire neanche a una cena in famiglia.
Ha cominciato dal pogrom del 7 ottobre 2023, quando «i lupi sono entrati in città; li percepiamo, li sentiamo; sono in giardino, in salotto, nella stanza dei bambini; proprio in questo momento stanno tentando di forzare la serratura...», è la telefonata di un testimone, in diretta. Hamas ha fatto più di 1.200 morti, 250 ostaggi (ma ostaggi «sono anche i due milioni di gazesi», ha detto l’autore), ha diffuso il massacro live sui social, ha esultato per aver sgozzato gli ebrei come capre. Un reportage del New York Times ha descritto una donna violentata da cinque uomini prima di essere sgozzata, un’altra cui sono stati L’ infilati decine di chiodi nell’ano, altre due finite con dei proiettili nella vagina, un’altra ancora cui sono stati tagliati i seni mentre veniva stuprata.
L’8 ottobre Lévy era tra le case di Sderot, una delle cittadine alla frontiera con Gaza colpite dai terroristi. Ha visto i corpi decapitati o fatti a pezzi o crivellati dai proiettili persino le mani sono a brandelli, a difendersi dai colpi - ha camminato tra i resti delle case, ha parlato con le famiglie degli ostaggi: «Noi, i sopravvissuti, di nuovo i sopravvissuti...». Il terrifico 7 Ottobre è un “Evento”, un fatto di portata epocale, instauratore di un’era: come l’11 settembre o l’invasione dell’Ucraina. È, cioè, un fatto che «rompe il corso della storia», che la nostra immaginazione non riesce a generare né il nostro intelletto a comprendere perché scritto in una lingua sconosciuta. Eppure, questo genere di avvenimenti, pur non essendo «di questo mondo», sono «del mondo che verrà, hanno un futuro», scrive Lévy.
L’Evento del 7 ottobre, il ritorno della caccia all’ebreo in quanto ebreo condotta in modo «scientifico», ha generato tre scosse. La prima colpisce l’anima ebraica ed è l’insanabile dualità tra la necessità esistenziale di eliminare Hamas e il riscatto dei prigionieri, la prescrizione più santa per gli ebrei. La seconda riguarda la coscienza universale: il ritorno del male che un essere umano può compiere verso un essere umano, il male radicale, Cariddi di voracità. La terza scossa è la minaccia geopolitica rappresentata dai “cinque re”, ossia l’Iran, la Cina, la Russia, la Turchia e la Jihad mondiale, dai Talebani ai Fratelli Musulmani: pianeti neri che si allineano attorno ad Hamas, odiatori di Israele, degli Stati Uniti, dell’Europa, che disprezzano la democrazia e detestano la libertà.
Il cessate il fuoco? Israele non ha voluto questa guerra, ha detto il filosofo, e «non ho mai visto un esercito che prima di colpire avvisa, per consentire l’evacuazione dei civili. È un errore militare, tattico, manca l’effetto a sorpresa. Eppure, l’esercito israeliano avvisa». Non solo: qualcuno ha mai cercato di fermare gli Usa in Afghanistan dopo l’11 settembre? Qualcuno ha chiesto alla Francia di non partecipare all’assedio di Mosul dopo il Bataclan? Qualcuno ha chiamato Al Qaeda o l’Isis a un tavolo delle trattative? «Si tratta di Israele e l’82 per cento del pianeta esige la moderazione che non ha mai chiesto a nessun altro Stato aggredito e minacciato di essere distrutto», scrive BHL, «si tratta di Israele e partiamo dal presupposto, impensabile altrove, che non abbia il diritto di difendersi o che debba accontentarsi di un Hamas indebolito ai suoi confini». Non esiste compromesso, non esiste negoziato: «Mi rifiuto di parlare di una soluzione politica finché gli ostaggi non saranno tornati a casa e Hamas non sarà stato sconfitto militarmen te».
Intanto, la solitudine di Israele è plastica: è solo perché assediato da ogni fronte, da Hezbollah in Libano, dalle milizie in Siria, dagli houthi nel Mar Rosso, dall’Iran, da Hamas.
Ed è solo perché l’Occidente o nega o parla le molteplici lingue dell’antisemitismo. Ma «Israele deve vincere», ripete il filosofo, ed è un canto e una preghiera, deve vincere perché questo popolo-mondo bloccato in una minuscola striscia di terra è luce, rifugio, via di fuga, è scandalo. Come scandalose sono le donne ribelli in Iran e scandalosi gli oppositori di Putin, gli uiguri in Cina, gli avvocati e i blogger in Turchia. Di tutti loro Israele è portavoce, per tutti loro Israele deve vincere.

lettere@liberoquotidiano.it