5/4/02 Supposizioni scorrette
I tank occupano la più grande città palestinese. Violenti scontri con la popolazione
Testata: Corriere della Sera
Data: 04/04/2002
Pagina: 1
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: Da Betlemme a Nablus, Israele avanza
Da Betlemme a Nablus, Israele avanza
di Lorenzo Cremonesi

I tank occupano la più grande città palestinese. Violenti scontri con la popolazione

Un intero articolo rigurgitante delle devastazioni operate dall'esercito israeliano, senza una sola parola a ricordare che cosa ha provocato il suo intervento.
DAL NOSTRO INVIATO
BETLEMME - Superati i posti di blocco israeliani alle porte di Gerusalemme e passata a piedi l’ultima strada interrotta dalle barricate di terra e massi costruite dai bulldozer dell’esercito, entriamo nella zona urbana di Betlemme.
Per il terzo giorno consecutivo la città è totalmente deserta, spettrale, desolata. Alcuni giovani arabi per poche decine di dollari fanno la spola sulle loro auto sgangherate dalla periferia all’ospedale dell’antico villaggio di Beit Jalla. Da qui solo la provinciale per Hebron separa dalla via Paolo VI, l’arteria principale che conduce direttamente alla piazza della Mangiatoia e alla basilica della Natività, dove sono asserragliati un centinaio di combattenti palestinesi.

A proposito di profanazione dei luoghi sacri!
In tempi normali a piedi ci vuole meno di un quarto d’ora per raggiungere il centro. Oggi vagheremo per oltre 5 ore tra gli orrori di una città devastata, ma alla Natività non arriveremo mai. Solo pochi giornalisti dispongono di auto blindate. I più formano un gruppone disordinato e decidono di proseguire a piedi. Quando gli echi delle raffiche di mitra e i tiri isolati dei cecchini si fanno più intensi, ci si addossa ai muri. Poi lunghe fermate al rumore minaccioso dei cingolati. Si odono da lontano ordini urlati, il pianto di un bimbo dietro le porte barricate da pile di materassi e coperte.

Bella "foto": da una parte il potentissimo esercito, dall'altra un Gesù Bambino miserello che piange.

Soprattutto regna sovrano il sibilo del vento e lo scroscio della pioggia battente che rovesciano sul selciato i mucchi di immondizie abbandonati. «Aiuto, aiutateci, raccontate al mondo», grida una ragazza senza volto. Gli abitanti guardano curiosi e spaventati dalle loro abitazioni. Ma nessuno osa uscire. Il coprifuoco impera sovrano. I militari israeliani l’hanno gridato a lungo dai megafoni: «Spareremo a vista contro chiunque passi per la strada». Impossibile evacuare anche cadaveri e feriti. La Croce Rossa protesta. Ariel Sharon risponde che solo così si può «sconfiggere il terrorismo».
Più ci si addentra nel dedalo di viuzze della zona del mercato e più la devastazione si fa grave. Decine di tubature dell’acqua sono state spezzate dai cingolati. Ogni tanto la mercanzia di un negozio è rovesciata per la strada, come se i soldati si siano divertiti a vandalizzare e distruggere.

Cremonesi sta apertamente accusando gli israeliani di sadismo.
Da una viuzza trasversale si odono i pianti di numerose donne. «Venite, venite a vedere», dice una con il volto coperto delle musulmane. Si entra nel retrobottega di un alimentari. E lì, tra i resti di un letto sfatto e un armadio sfondato, ecco due cadaveri. «Sono Al Haja Sumaia, di 64 anni. E suo figlio Khaled, di 37. Ieri mattina (due giorni fa per chi legge, ndr) i soldati hanno bussato alla loro saracinesca. Lei si è alzata per aprire. Ma loro hanno gridato, poi hanno aperto il fuoco, così, senza ragione», racconta un vicino.

E naturalmente ci si guarda bene dal compiere una qualsiasi verifica sul racconto del vicino.
Al secondo piano un cugino mostra le foto di alcuni «martiri» del gruppo fondamentalista islamico Hamas appese al muro. «I morti erano loro parenti», spiega. Probabilmente i soldati sono venuti per perquisire la casa, ma hanno preferito la via veloce della giustizia sommaria.

probabilmente ...

Lo stesso potrebbe essere avvenuto nella vicina «moschea di Al Fawagra»:
potrebbe ...
il tempio è ricavato al secondo piano in uno stabile centenario. Sul tappeto per le scale tracce di sangue. Nella zona della preghiera il corpo di un uomo sui quarant’anni giace riverso tra decine di copie del Corano. «Un’esecuzione in piena regola», azzarda qualcuno. Forse l’uomo,

forse ...
che era già stato ferito, come mostra la benda sporca di sangue a un braccio,

perché se uno ha una benda sporca di sangue, è chiaro che non può che essere stato ferito dagli israeliani!

stava scappando. I soldati l’hanno inseguito e freddato proprio qui.
E questa, addirittura, non è neanche stata riferita da qualche vicino: ci è arrivato Cremonesi tutto da solo: meglio del tenente Colombo!

Storie di ordinaria violenza in questa città gelata dal terrore. Quante sono? Nessuno può dirlo. Difficile capire anche come si sia davvero svolta la vicenda del monastero di Santa Maria, dove 7 suore dell’ordine di Santa Brigida e un salesiano italiano, padre Giacomo Amateis, sono rimasti ostaggio per oltre 35 ore del braccio di ferro tra soldati israeliani e un’ottantina di guerriglieri Tanzim, le milizie armate legate al Fatah di Yasser Arafat.
Sempre per via del rispetto dei luoghi sacri!

Ieri pomeriggio, dopo le quindici, la liberazione. «Stiamo tutti bene», ha confermato padre Amateis a Famiglia Cristiana . Alte fonti vaticane e gli stessi israeliani spiegano che i Tanzim erano penetrati nel monastero l’altro ieri mattina alle tre passando dai tetti. Israele afferma che da qui i palestinesi hanno subito iniziato a sparare scatenando una battaglia furiosa. Ieri il nunzio apostolico nella regione, Pietro Sambi, ha condotto una serrata trattativa con le due parti per cercare di fare uscire i religiosi. La situazione poteva degenerare da un momento all’altro, specie dopo che uno dei guerriglieri era stato scoperto dai compagni mentre cercava di fuggire dal tetto. Immediata la vendetta: pare sia stato «giustiziato» e gettato legato in una sala del monastero. «Oggi a mezzogiorno (ieri per chi legge, ndr.) le suore hanno cucinato riso indiano per i Tanzim. Poi uno di loro ci ha detto: padre, ce ne andiamo. Fuori c’era silenzio, i guerriglieri sono spariti. Poi è apparso un gruppo di soldati israeliani, volevano prendere il corpo del morto. Ma mi sono opposto.
Non è roba vostra, né mia, qualcuno verrà a reclamarlo», ha aggiunto padre Amateis.
Alla nunziatura c’è ora preoccupazione per un altro luogo cristiano (oltre alla Basilica della Natività): si tratta della Chiesa di Bet Sahur, dove il parroco e 25 fedeli sono rinchiusi mentre fuori si combatte. La battaglia non sembra risparmiare nessun luogo. Ieri in serata è arrivato il turno di Nablus. Quando, dopo il tramonto, un centinaio di tank israeliani sono entrati nella più grande città della Cisgiordania, hanno trovato i palestinesi ad accoglierli:
e ci manca solo un sonoro "Ben gli sta!"
violenti scontri sono esplosi in più punti, una donna palestinese è rimasta uccisa nell’esplosione che ha investito la sua casa.




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