I 250mila israeliani profughi e ignorati dall’Onu che guarda solo il Libano
Commento di Giovanni Longoni
Testata: Libero
Data: 26/09/2024
Pagina: 1/14
Autore: Giovanni Longoni
Titolo: I 250mila profughi israeliani di cui l'ONU non si preoccupa

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 26/09/2024, a pag. 1/14, con il titolo "I 250mila profughi israeliani di cui l'ONU non si preoccupa", cronaca di Giovanni Longoni.

Giovanni Longoni.
Giovanni Longoni

I profughi israeliani, finora 250.000, hanno dovuto abbandonare le loro case per fuggire dalle violenze di Hezbollah al Libano: qualcuno si è accorto della loro esistenza? Non all'ONU, troppo impegnato a condannare Israele. Ora punta il dito ancora sullo Stato ebraico perché vuole rimuovere la minaccia di Hezbollah e riportare gli abitanti della Galilea e del Golan a casa.

Sarebbero 250mila i cittadini israeliani fuggiti dalle loro abitazioni in seguito agli orrori del 7 ottobre; di questi profughi interni, ben 80mila hanno abbandonato i villaggi al confine con il Libano per timore dei lanci di missili da parte di Hezbollah. Da subito infatti il gruppo sciita, per dare man forte all’alleato sunnita Hamas, ha iniziato a far piovere sul territorio dello Stato ebraico droni, razzi, missili.
È quindi quasi un anno che questa gente è lontana dalle abitazioni e, cosa più importante, dai campi che nella maggior parte dei casi coltiva. La Galilea è la regione più verde d’Israele, quella delle colture di manghi e banane ma anche, verso l’interno, delle pinete e delle vacanze economiche in b&b. È allo stesso tempo l’area a più alta densità di cittadini arabi, i più restii ad abbandonare le abitazioni, come i drusi di Majdal Shams, la città del Golan dove a luglio un razzo libanese ha ucciso 12 ragazzini che assistevano a una partita di calcio. Gli attacchi dei terroristi sono un danno per queste decine di migliaia di persone ma anche per l’intero Paese.
Le televisioni e i siti web mondiali mostarno le immagini delle colonne di auto di libanesi in fuga dalla guerra. Molti riparano in Siria. Dei profughi israeliani invece si parla poco, al di fuori del loro Paese. E non se ne discute alle Nazioni Unite.
Eppure sono un tema importante. Forse l’unico decisivo: Netanyahu sa che quelle persone devono tornare prima possibile alle loro abitazioni e ai loro campi. E tutto quanto sta avvenendo dal giorno dell’esplosione dei cercapersone a oggi si deve inquadrare nell’ottica del problema della Galilea, regione chiave.
Ieri le Forze di difesa israeliane hanno ammesso di stare preparando un’offensiva di terra contro Hezbollah in Libano. La fonte è il capo di stato maggiore Herzi Halevi. «Hezbollah oggi ha ampliato il suo raggio di fuoco. Più tardi, riceverà una risposta molto forte», ha detto Halevi alle truppe della 7ª Brigata corazzata durante un’esercitazione che sta simulando un’offensiva di terra in Libano. «Continueremo ad attaccare e continueremo a colpirli ovunque. L’obiettivo è molto chiaro, far tornare i residenti del nord in sicurezza», continua Halevi. «Per fare questo, stiamo preparando la manovra», ha detto ai soldati secondo quanto riporta il Times of Israel. In precedenza le IDF avevano annunciato il richiamo di due brigate di riservisti da dispiegare nella parte settentrionale.
«Una guerra totale in Medioriente è possibile» ha riconosciuto ieri il presidente americano Biden.
Perché Gerusalemme non può consentire (né permettersi economicamente) che il Nord viva sotto scacco. E perché Hezbollah, pur colpita ogni giorno a fondo, ha una forza militare formidabile. Proprio ieri, per la prima volta, un missile balistico lanciato dal Libano ha raggiunto l’area di Tel Aviv: è stato intercettato e distrutto, senza fare danni, dal sistema antimissile “fionda di Davide”, ma il rischio che lo scudo venga perforato resta elevato.
Per questo, accanto alle operazioni militari, Netanyahu tiene aperta la via delle trattative. Il premier, secondo la stampa israeliana, ha dato il via libera ai colloqui incorso fra gli americani e il governo libanese che prevedono il coinvolgimento di Hezbollah e Iran.
Qualcuno dovrà cedere.

Per inviare a Libero la propria opinione, telefonare: 02/99966200, oppure cliccare sulla e-mail sottostante

lettere@liberoquotidiano.it