Che schifo il Palazzo di Vetro
Commento di Giulio Meotti
Testata:
Data: 25/09/2024
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: Qual è la lunghezza del cucchiaio dei corrotti dell'Onu per cenare col diavolo?

Riprendiamo il commento di Giulio Meotti, estratto da un articolo della sua newsletter dal titolo: “Qual è la lunghezza del cucchiaio dei corrotti dell'Onu per cenare col diavolo?”.


Giulio Meotti

L'ONU legittima dittature e regimi islamici, che stanno acquistando sempre più spazio e potere all'interno delle sue agenzie. E non per errore, ma per scelta programmatica dei vertici delle Nazioni Unite.

Per dirla con quel fantastico contrarian di Mark Steyn, “il problema delle Nazioni Unite è che se si prende del gelato e un po’ di feci di cane e li si mescolano insieme, il risultato saprà sempre di feci di cane e non di gelato”.

La Cina si è assicurata il sesto mandato come membro del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, diventando uno dei paesi più eletti nel consiglio dove il 64 per cento dei paesi membri non sono democrazie. Giusto che la Cina si occupi di diritti umani: dopo tutto, preleva gli organi dei condannati a morte prima di fucilarli. E dopo tutto, questi medici che prelevano organi non studiano nelle università europee, come Oxford?

L’Iran si è assicurata la presidenza della Commissione dell’Onu sul disarmo. Poi del Forum sui diritti umani. Giusto: l’Iran ha giustiziato 87 persone ad agosto, 29 in un solo giorno, oltre 400 in un anno. Record mondiale di impiccagioni e fucilazioni.

L’Arabia Saudita si è assicurata la presidenza del Forum dell’Onu sulla condizione delle donne. Giusto: i boia sauditi uccidono una persona ogni due giorni, molte donne. 172 in un anno, meno degli iraniani, ma un record in rapporto alla popolazione.

Torna in mente quanto scrisse il matematico francese Laurent Lafforgue, che ha scritto che con l’Onu è “come fare appello ai Khmer Rossi per costituire un gruppo di esperti di diritti umani”.

“Ecco i leader morali delle Nazioni Unite: quest'anno, il regime comunista cinese fa parte del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, il regime islamico dell'Iran è stato presidente della Conferenza delle Nazioni Unite sul disarmo e l'Arabia Saudita è stata nominata presidente della Commissione per i diritti delle donne delle Nazioni Unite” commenta Hillel Neuer, capo di UN Watch.

“Le Nazioni Unite sono un enorme club per dittatori”, afferma Thor Halvorssen, fondatore della Human Rights Foundation, che invita dissidenti come Anna Kwok, che ha lavorato come organizzatrice durante le proteste pro democrazia di Hong Kong; Leopoldo López, attivista per i diritti umani venezuelano che ha trascorso cinque anni in prigione dopo aver organizzato proteste di massa contro il governo Maduro; e Masih Alinejad, giornalista e attivista iraniana in esilio che ha contribuito a richiamare l’attenzione sulle proteste contro le leggi sull’hijab obbligatorio nel suo paese, anche prima che l’omicidio di Mahsa Amini suscitasse indignazione internazionale.

A volte sembra che il segretario generale dell’Onu per i suoi comunicati tragga spunto da 1984 di George Orwell. A proposito delle esplosioni ai danni di Hezbollah a Beirut, Antonio Guterres ha chiesto di “non trasformare gli oggetti civili in armi”. Non sta bene far detonare cercapersone e walkie talkie in tasca ai terroristi libanesi. Né Guterres ha mai chiesto a Hamas di non “trasformare gli oggetti civili in armi”, come invece ha fatto ogni giorno dal 7 ottobre e con ogni risorsa civile di Gaza: scuole, case, uffici dell’Onu, moschee, impianti per acqua e luce, ospedali, ambulanze.

“L’islamizzazione dell'Occidente continua a ritmo serrato” commenta il Jerusalem Post. “Intere città vengono conquistate da estremisti islamici antisemiti. La percentuale di cittadini musulmani nelle popolazioni urbane, da cui provengono questi elementi antisemiti, è allarmante. Nelle principali città, i musulmani rappresentano una parte significativa della popolazione. A Parigi, i musulmani hanno già raggiunto il 10 per cento del numero totale di persone che vivono nella capitale; a Marsiglia, il 25; Bruxelles, il 17; Anversa, il 17; Rotterdam, il 13; Amsterdam, l'11; Londra, il 15; Manchester, il 16; Francoforte, il 13; Copenaghen, il 10; e Malmö, il 20. Rifiutando di riconoscere che l'Iran, i suoi delegati e i palestinesi non si fermeranno nemmeno se Israele cesserà di esistere, i governi europei stanno commettendo un grave errore. Saranno i prossimi. La presa di potere musulmana dell'Europa è già all'ordine del giorno dei chierici islamici”.

Il premio per il “servizio pubblico” dell’Onu è andato al ministero dell’Interno del Libano nelle mani di Hezbollah. Lo stesso “Copuos”, l'orwelliano Comitato per l'uso pacifico dello spazio dell’Onu, è stato presieduto da un iraniano.

Comincio a pensare che esista una sola spiegazione per tanta viltà: corruzione.

“Immaginate una terra afflitta da inefficienza, burocrazia kafkiana e miasmi di corruzione” ha scritto Stephen Halper sul Wall Street Journal. “L’immaginazione non è necessaria, siete alle Nazioni Unite”.

Due economisti di Harvard, Ilyana Kuziemko e Eric Werker, in un saggio intitolato “Cooperazione e corruzione alle Nazioni Unite” e pubblicato dal Journal of Political Economy, spiegano che i paesi membri dell’Onu cercano ormai l’elezione per un mandato biennale nel massimo organo di governo del mondo per la grana.

Secondo un'inchiesta del Guardian, il personale dell’Onu in Iraq starebbe chiedendo tangenti in cambio di aiuto per vincere contratti per progetti di ricostruzione nel paese. Al centro, il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) lanciato sostenuto finora da 1,5 miliardi di dollari.

I sauditi sono entrati alla Commissione dell’Onu per i diritti delle donne grazie al voto di alcuni paesi europei, fra cui il Belgio, tanto da spingere il premier Charles Michel a chiedere “scusa” per la decisione. Alla delegazione di Bruxelles era stato chiesto espressamente di votare a favore dei sauditi e di far persino sapere ai sauditi, come da leak usciti in questi giorni, che il Belgio nel segreto dell’urna aveva votato a favore del loro regime.

E lo si vede dai viaggi che gli alti papaveri di Guterres compiono in questi regimi.

Mentre la Corte suprema saudita (che non è proprio una corte suprema, ma più una congrega di imam) dava il via libera alle mille frustate e dieci anni di prigione al blogger liberale Raif Badawi, reo di aver “offeso l’Islam”, una delegazione di burocrati delle Nazioni Unite atterrava a Gedda per promuovere una “conferenza internazionale sulla libertà religiosa”. A guidarla Joachim Rücker in persona, il presidente del Consiglio dei diritti umani, fotografato al fianco dei custodi dell’Islam wahabita con la tonaca bianca, e Heiner Bielefeldt, inviato delle Nazioni Unite per la libertà religiosa.

L’Arabia Saudita è il terzo più grande donatore del mondo. C’entrerà qualcosa?

L’Arabia Saudita - un paese faro dei diritti dei lavoratori- è stata persino eletta nel comitato esecutivo dell’Organizzazione internazionale del lavoro dell’Onu. Sui siti delle agenzie dell’Onu si possono leggere notizie meravigliose. Il direttore dell'Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine, Ghada Waly, e il presidente dell'Autorità di controllo e anticorruzione dell'Arabia Saudita, Mazin bin Ibrahim Al-Kahmous, hanno firmato un accordo di 10 milioni di dollari per il contrasto alla corruzione. In effetti i sauditi sanno come combattere il traffico di droga: decapitano. La sede dell'Unesco a Parigi ha ospitato un forum sponsorizzato dall'Arabia Saudita sulla "diversità culturale e religiosa". C’entrano qualcosa i 20 milioni che i sauditi hanno dato all’Unesco?

Il Qatar - una specie di Lussemburgo islamico che finanzia tutti gli sgherri jihadisti, da Hamas ai Talebani - ha appena stretto un accordo con l’Onu per finanziare…”la sicurezza stradale nel mondo”. Poi un’altra donazione del Qatar al Fondo Onu per le donne.

Orwell è vivo e lotta assieme a noi.

Un ex dipendente dell'Ufficio dell'Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha presentato prove che sostengono che la Cina sta tentando di rimodellare l'ordine internazionale influenzando l’Onu.

L’ultimo Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha adottato il suo rapporto di Revisione periodica universale sulla Cina, che dovrebbe essere un'opportunità per ogni paese dell’Onu di esaminare i rispettivi record sui diritti umani e fornire raccomandazioni genuine per il miglioramento. Tutti i paesi tranne due (gli Stati Uniti e il Regno Unito) hanno elogiato la Cina per la sua “dedizione alla protezione dei diritti umani”. Russia, Zimbabwe, Venezuela, Tunisia e Algeria sono stati alcuni dei paesi che hanno elogiato gli sforzi della Cina nella protezione e promozione dei diritti umani.

Alena Douhan, “Relatrice speciale sull'impatto negativo delle misure coercitive unilaterali” del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, avrebbe ricevuto 200.000 dollari dalla Cina.

Quando la Cina ha limitato le libertà politiche a Hong Kong, sono circolate due dichiarazioni rivali presso il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, racconta il Wall Street Journal. Una, redatta da Cuba e che elogiava la mossa di Pechino, ha ottenuto il sostegno di 53 nazioni. Un'altra, portata dal Regno Unito e che la condannava, ha ottenuto 27 sostenitori. Delle 15 agenzie e gruppi specializzati delle Nazioni Unite, i funzionari cinesi sono in testa a quattro.

C’è il viaggio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, in Cina. “Senza arrivare a paragonare questa visita a quella di Édouard Daladier in URSS nell'estate del 1933, durante la quale il leader del Partito radicale francese vide in Ucraina ‘un giardino in piena produzione’ quando in realtà la popolazione era affamata, la visita dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani nella regione cinese dello Xinjiang si trasforma in polemica”. Così L’Express francese racconta il viaggio di Bachelet di sei giorni in Cina, la prima in 17 anni per un Alto commissario per i diritti umani, dove l'ex presidente del Cile ha compiuto un tour nella regione dove gli uiguri sono sottoposti a un regime spaventoso di repressione demografica. “Per denunciare il compiacimento di Bachelet, le ong si affidano in particolare ai resoconti pubblicati sulla stampa cinese, dove si legge che l'inviato speciale dell'Onu ha elogiato i progressi della Cina in materia di diritti umani dell'uomo”. Il New York Times racconta come il regime cinese abbia usato la visita di Bachelet a fini di propaganda.

50 milioni: il numero di persone rinchiuse nei laogai, i “carceri amministrativi” cinesi. 2 milioni: il numero di persone ora nei campi di lavoro forzato, grazie al quale quel “miracolo” è stato possibile. 10.000: il numero dei morti di Piazza Tiananmen, l’ultima volta che il Partito Comunista Cinese è stato sfidato nelle piazze.

“La Cina è riuscita a rendere l’Onu più cinese”, dice al Wall Street Journal Moritz Rudolf, fondatore di Eurasia Bridges, una società di consulenza tedesca che studia la nuova Via della seta. “È sistematico”.

Intanto, i Talebani, con cui i cinesi stanno facendo grandi affari (ora c’è anche un “ambasciatore talebano a Pechino”), stanno lavorando per mettere le mani sugli investimenti ecologici che la comunità internazionale aveva previsto per l’Afghanistan. Cosa potrà mai andare storto? L’Onu sta per riportare anche i Talebani al tavolo delle nazioni. E da quando i Talebani sono saliti al potere nel 2021, il governo tedesco ha inviato oltre 400 milioni di euro all’Afghanistan.

Qual è la lunghezza del cucchiaio usato da questi corrotti per cenare col diavolo? Basta chiederlo a Marzieh Hamidi.

Ha ventuno anni, è un’atleta di alto livello, campionessa di taekwondo e rifugiata in Francia. Rifugiata, perché Marzieh è afghana, ha lasciato il paese tre anni fa, quando in poche ore è crollato il proto-protettorato occidentale. Ha ricevuto tremila minacce di morte, di finire violentata, il che le ha procurato una vita sotto scorta. E’ in Francia che questa rifugiata politica è stata posta sotto protezione della polizia e costretta a lasciare la casa, di nuovo, dopo i Talebani. Dove sono le associazioni femministe? Dov’è la sinistra che scende in piazza contro Israele? Dove le figure politiche del #MeToo? Hanno incontrato Hamidi? Hanno scandito il suo nome? Alcune, forse.

Già nel 1996, sull’Express, Elisabeth Schemla scriveva un articolo dal titolo “Le femministe e il Coranistan”: “Le femministe tacciono alla radio, mentre Radio Kabul trasmette i precetti talebani. La lotta per la parità le monopolizza completamente. E’ lontano, così lontano, il Coranistan! Dimenticate le ferme risoluzioni delle conferenze del Cairo e Pechino, che rifiutavano di fare della ‘differenza culturale’ un alibi per la schiavitù?”.

Marzieh Hamidi intanto apre il cellulare per controllare whatsApp: 4.324 messaggi e 500 telefonate in una notte. Non solo dal Pakistan e dall’Iran, ma anche da Belgio, Germania, Svizzera, Serbia, Sud America e Francia. Invocano l’omicidio, lo stupro, la lapidazione… tutta la gamma della barbarie telegrafica. Nessuna grande associazione femminista ha ripreso la sua drammatica storia né organizzato una manifestazione per difenderla. “Sono stata chiamata schiava dell’occidente”, confessa al Point, che la chiama “eroina abbandonata”. “Ma avverto chi mi definisce islamofobo: aprite gli occhi! Che si trasferiscano a Kabul! Non hanno mai sperimentato quello che ho vissuto io o quello che attraversano le donne iraniane! Si stabiliscano in Afghanistan, non resisteranno due giorni”.

Grazie all’Onu è vicino, così vicino, il Coranistan!

giuliomeotti@hotmail.com