Riprendiamo da LIBERO di oggi, 25/09/2024, a pag. 15, con il titolo "Netanyahu guadagna in popolarità per i colpi inferti ai terroristi islamici", l'analisi di Amedeo Ardenza.
La vastità dell’operazione aerea scatenata contro obiettivi di Hezbollah nel sud del Libano potrebbe far pensare a un bombardamento a tappeto. E tuttavia, come ribadito dai politici israeliani, lo stato ebraico non sta muovendo guerra contro il popolo libanese ma contro la milizia sciita armata dall’Iran. Il che significa che anche nelle ore in cui i voli dei jet israeliani sopra ai cieli del Libano si sono intensificati, gli obiettivi dei missili aria terra sono molto mirati. Lo prova l’eliminazione martedì pomeriggio da parte della Israel Air Force (Iaf) di Ibrahim Muhammad Kubaisi, il comandante dell’ala missilistica di Hezbollah. L’uomo si trovava a Dahiyeh, un sobborgo di Beirut. L’apparato di sicurezza dello Stato ebraico continua quindi nella caccia ai massimi dirigenti militari del gruppo che ormai da undici mesi bombarda quotidianamente il nord d’Israele dal quale sono ormai scappati in 70mila, interi villaggi di sfollati ospitati negli alberghi del centro assieme agli israeliani in fuga dalle violenze di Hamas a sud. Nemico di primo piano, Kubaisi era entrato in Hezbollah negli anni ’80 ed era considerato il responsabile di almeno quattro decenni di azioni terroristiche compiute a cavallo della Linea Blu che divide Israele dal Libano.
«Nel corso degli anni e durante la guerra, Kubaisi è stato responsabile dei lanci sul fronte israeliano. Kubaisi era una fonte centrale di conoscenza nel campo dei missili ed era vicina alla massima leadership militare di Hezbollah», hanno dichiarato ieri le Israel Defense Forces.
Oltre a Beirut, ieri la Iaf ha colpito decine di obiettivi fra i quali Aramta, Bint Jbeil, Qabrikha, Tebnin, Sultaniyeh, Doueir, Kfarsir, Bayada e Braachit usando sia i jet sia i droni. Le Idf affermano di aver colpito circa 400 lanciarazzi a medio raggio, 70 depositi di armi e circa 80 droni e missili da crociera in oltre 200 località. Secondo il ministero libanese della Salute il bilancio delle vittime degli attacchi aerei contro Hezbollah ha provocato 660 morti e 1.835 feriti. Le cifre non distinguono tra i civili e i membri del gruppo terroristico. Sui social circolerebbe però anche un documento di Hezbollah secondo cui solo in seno alla milizia si conterebbero 879 morti e oltre 1.700 feriti rimasti gravemente offesi nelle parti intime a seguito delle esplosioni di cercapersone e walkie talkie nei giorni scorsi- gli apparecchi di comunicazione sono di solito tenuti nella tasca dei pantaloni o agganciati alla cintura. Hezbollah dal canto suo ha replicato agli attacchi scatenando una pioggia di missili tanto a Katzrin, nel Golan, come più a sud a Haifa, Safed, Nazareth, e una serie di località della Galilea. Secondo la stampa israeliana almeno 270 missili sono arrivati dal Libano martedì ma sono stati in gran parte intercettati dal sistema di difesa aerea Iron Dome.
Sotto il profilo politico e diplomatico ieri si sono registrate le ultime invettive del presidente turco Recep Tayyip Erdogan che, rivolto all’Assemblea Generale dell’Onu, ha paragonato il premier israeliano ad Adolf Hitler invocando un’alleanza internazionale per fermarlo «così come 70 anni fa fu fermato il Führer». Nella sua ultima apparizione all’Onu da presidente degli Usa, Joe Biden ha invece lanciato un appello contro un’ulteriore escalation tra le parti e sollecitato Israele e Hamas a firmare un accordo per una tregua a Gaza.
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