Riprendiamo da LIBERO di oggi, 24/09/2024, a pag. 14, con il titolo "Migliaia di civili in fuga dal Libano di Hezbollah. Israele attacca Karaki, il numero 3 degli sciiti", l'analisi di Amedeo Ardenza.
In seguito all’espansione della guerra contro Hezbollah nel nord del Paese, i ministri del governo israeliano hanno approvato la dichiarazione di «situazione speciale» su tutto il territorio nazionale. La misura amplia i poteri dell’esercito israeliano (Idf) e del Comando del fronte interno per gestire una emergenza, vietando per esempio gli assembramenti e impartendo «ulteriori istruzioni necessarie per salvare vite umane».
Le Israel Defence Forces non intendono più aspettare che Hezbollah attacchi Israele per replicare: al contrario, l’apparato di sicurezza sta anticipando le minacce. Lo ha chiarito il primo ministro Benjamin Netanyahu mentre le Idf rendevano noto di aver colpito circa 800 obiettivi di Hezbollah in Libano in un dei più massicci attacchi aerei scatenati contro la milizia sciita in Libano. «Vorrei chiarire la politica di Israele a chiunque non abbia ancora capito», ha scandito il capo del governo ripreso dal Jerusalem Post. Non si tratta però dell’offensiva di terra invocata da alcuni per approfittare della relativa debolezza di Hezbollah.
Nel giro di una settimana l’agguerrita organizzazione terroristica ha subito alcuni pesanti rovesci. Ieri è circolata la notizia del ferimento del suo numero tre, Ali Karaki, poi smentita dal quotidiano israeliano “Haaretz’”: «Hezbollah afferma che il comandante Ali Karaki non è rimasto ferito nell’attacco israeliano odierno a Beirut», scrive in serata il quotidiano, precisando che Karaki sarebbe «stato trasferito in un luogo sicuro». Intanto le parole di Netanyahu ribadiscono quello che è sotto agli occhi di tutto: dopo undici mesi di bombardamenti subiti, Israele risponde a Hezbollah con gli interessi. «Negli ultimi giorni, abbiamo distrutto ciò che Hezbollah ha costruito in 20 anni», ha dichiarato ieri il ministro della Difesa Yoav Gallant.
Secondo i media libanesi, i bombardamenti israeliani lunedì sul paese dei Cedri hanno provocato 274 morti fra i quali 39 donne e 21 bambini. Ore prima di attaccare, il portavoce in lingua araba delle Idf, Avichay Adraee, aveva annunciato in un video messaggio sui social media che gli attacchi alle case in Libano in cui Hezbollah nasconde le armi sarebbero stati imminenti. «Hezbollah ti sta mentendo e ti sta sacrificando», questo il messaggio ai civili libanesi. «I suoi missili e droni sono più preziosi e importanti dite». E a seguire l’invito a prendere immediatamente le distanze dai siti utilizzati dal gruppo terroristico per lo stoccaggio delle armi. Le parole di Adraee sono state accompagnate da messaggi di testi inviati dalle Idf ai cellulari dei residenti nelle zone obiettivo e a telefonate in arrivo da un numero di telefono libanese. Avvertita indirettamente dagli stessi israeliani, Hezbollah non è rimasta con le mani in mano e, scrive il giornale libanese in francese L’Orient-Le Jour, ieri la milizia ha esploso 210 missili all’indirizzo del nord dello Stato ebraico. Ma cinque missili a più lungo raggio sono stato lanciati anche contro Haifa, la terza città israeliana, a 95 km a nord di Tel Aviv sulla costa mediterranea.
In Libano gli annunci degli attacchi imminenti hanno provocato grandi file di auto sulle strade con migliaia di cittadini consapevoli di vivere troppi vicini a Hezbollah che sono scappati dalle proprie abitazioni.
Una fuga destinata ad aumentare il numero degli sfollati interni libanesi scappati dal sud del paese negli ultimi mesi. Sarebbero oltre 100mila dallo scorso 8 ottobre, il giorno in cui, con la scusa di dimostrare solidarietà ai palestinesi che nel sud d’Israele avevano appena compiuto il peggior massacro di ebrei dall’Olocausto, la milizia libanese ha cominciato a bombardare quotidianamente il nord dello stato ebraico.
Sono almeno 70mila i cittadini israeliani che da allora vivono da sfollati in attesa che il governo rimetta in sicurezza i distretti settentrionali (Galilea, Alta Galilea, Golan). Ieri sera è risuonato l’allarme a Haifa, il cuo territorio è stato colpito da cinque missili, ma non si sono registrati feriti.
Ieri la Casa Bianca ha chiesto a Gerusalemme di prendere ogni misura per garantire la sicurezza dei cittadini americani presenti in Libano. «Come misura precauzionale», ha poi dichiarato il portavoce del Pentagono, il generale Patrick Ryder, «stiamo inviando un piccolo numero di militari americani aggiuntivi per rafforzare le nostre forze nella regione».
Nel corso del 2024, va ricordato, un gran numero di Paesi non solo occidentali ha richiamato i propri cittadini residenti nel paese dei Cedri in vista dell’esplosione di un conflitto alimentato da Hezbollah con grande tenacia. «La guerra di Israele non è contro il popolo libanese, ma contro Hezbollah» ha ribadito ieri Netanyahu ricordando ai libanesi che la milizia «ha piazzato razzi nei vostri salotti e missili nei vostri garage. Quei razzi e quei missili sono puntati direttamente sulle nostre città, direttamente sui nostri cittadini» Ma Netanyahu sa anche che nessuna formazione politica e tanto meno militare è in grado di fermare la milizia filo iraniana determinata a muovere guerra contro Israele sulla pelle dei libanesi.
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