Riprendiamo da LIBERO di oggi, 24/09/2024, a pag. 1/5 con il titolo "Meloni all'Onu: 'Organismo da riformare'", la cronaca di Elisa Calessi
Elisa Calessi
Le sfide di questo frangente della storia- dal clima alla salute, dalle guerre all’economia - sono «numerose e multiformi». La sicurezza internazionale è «sempre più precaria». Vedi l’Ucraina, vittima dell’«inaccettabile guerra di aggressione russa». Inutile girarci intorno: è, per il pianeta, un momento di «crisi». Ma le crisi possono diventare «un’occasione». Se le si sanno cogliere. Se diventano un motore per migliorarsi. Come l’intelligenza artificiale: una grande opportunità, ma se al volante ci sarà l’uomo. E non viceversa. Quanto all’Onu, deve cambiare.
Non può ridursi a un «club» di fortunati che sforna «buoni propositi». Sono questi alcuni dei passaggi cruciali affrontati da Giorgia Meloni nel suo discorso al Vertice del futuro, nell’ambito dell’assemblea generale dell’Onu, primo appuntamento importante della trasferta della premier negli Usa.
«Le sfide che la storia ci ha messo di fronte», ha iniziato la premier, «sono numerose e multiformi». Le ha elencate: «Il cambiamento climatico, le disuguaglianze sociali ed economiche, le crisi umanitarie e sanitarie, la criminalità transnazionale, i conflitti armati – a partire dalla inaccettabile guerra di aggressione russa nei confronti di una nazione sovrana come l’Ucraina - che rendono sempre più precaria la sicurezza internazionale». Di fronte a uno scenario «così complesso» non c’è altra scelta «che quella di agire». È vero, «viviamo un tempo di crisi». Ma guai se questo porta a un ripiegamento su di sé o a una sterile lamentela.
«Le crisi», ha continuato la premier, «nascondono sempre anche un’opportunità». Ha ricordato che la parola crisi «deriva dal greco krisis, che significa scelta, decisione». Dunque, «le crisi costringono a mettersi in discussione, a schierarsi, non consentono tentennamenti».
Fatta la diagnosi, serve una cura. La prima è che «nessuno Stato può efficacemente governare da solo le sfide di questo tempo». Per questo «l’Italia è una convinta sostenitrice del multilateralismo» e delle «Nazioni Unite». Ma a un patto: «Ogni organizzazione è efficace se le sue regole sono giuste e condivise. Per questo», ha proseguito Meloni, «siamo convinti che qualsiasi revisione della governance delle Nazioni Unite, particolarmente per ciò che riguarda il Consiglio di Sicurezza, non possa prescindere dai principi di eguaglianza, democraticità e rappresentatività».
Per essere chiari: «La riforma ha un senso se viene fatta per tutti» e non «per alcuni». «Non ci interessa creare nuove gerarchie, e non crediamo che esistano nazioni di serie A e nazioni di serie B».
STRUMENTI DA ADEGUARE
Un altro risvolto di questo approccio è che «dobbiamo pensare in modo nuovo la cooperazione tra le nazioni». Non basta dare soldi ai Paesi poveri.
Meloni ha citato quanto l’Italia sta provando a fare con il Piano Mattei per l’Africa, «un piano di investimenti», ha spiegato, «pensato per cooperare con le nazioni africane attraverso un approccio che non è paternalistico né caritatevole, né predatorio, ma basato sul rispetto e sul diritto per ciascuno di poter competere ad armi pari».
Questa, ha continuato, «è la nostra ricetta per promuovere lo sviluppo di un continente troppo spesso sottovalutato» e per «garantire finalmente un diritto che fino ad oggi è stato negato a troppi giovani, che è il diritto a non dover emigrare».
Quindi, l’intelligenza artificiale che, è vero, è «un grande moltiplicatore». Ma «la domanda alla quale dobbiamo rispondere è: che cosa vogliamo moltiplicare?». Se lo scopo è «curare malattie oggi incurabili, allora quel moltiplicatore concorrerebbe al bene comune». Ma se venisse utilizzato «per divaricare ulteriormente gli equilibri globali, allora gli scenari sarebbero potenzialmente catastrofici». Attenzione, ha chiosato Meloni, perché «le macchine non risponderanno a queste domande». Ma «noi possiamo farlo». È «la politica che deve garantire che l’intelligenza artificiale rimanga controllata dall’uomo e mantenga l’uomo al centro». Questi temi, ha concluso, saranno al centro dell’agenda che l’Italia vuole affrontare durante la presidenza del G7. Eccolo, «il ruolo del multilateralismo». Non, ha attaccato, «un club nel quale incontrarsi per scrivere inutili documenti zeppi di buoni propositi, ma il luogo nel quale si devono fare i conti con l’urgenza delle decisioni» e dove «le idee devono diventare azione».
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