Riprendiamo da LIBERO di oggi 21/09/2024, a pag. 1/5, con il titolo "Il Pd usa il clima, per nascondere tutti i suoi errori", il commento di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
Premessa numero uno: stavolta - non dispiaccia ai compagni che strillano - il governo ha quasi completamente ragione, e la sinistra ha quasi completamente torto rispetto all’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna: parlano chiaro le cifre, pubblicate ieri e oggi da Libero, che attestano le risorse stanziate. e fatte arrivare dal governo, e la quota non spesa/non utilizzata/non messa a terra dalla regione e dagli enti territoriali a guida rossa.
Premessa numero due: è comunque vero che, specie dal punto di vista di chi si ritrova con il fango fino all’altezza del bacino o delle ginocchia (quando va bene), le polemiche politiche e i rimpalli di responsabilità producono comunque un suono respingente, e finiscono per minare ulteriormente la già fragile fiducia dei cittadini verso le istituzioni.
Premessa numero tre: è vero che, quando si parla di grandi opere, la lentezza snervante è la regola italiana. Ed è ancora più vero che tutto ciò che non viaggia in deroga rispetto alle regole ordinarie rischia di restare impantanato odi finire addirittura su un binario morto.
Senonché, ci sono tre elementi uno più grave dell’altro- che sottolineano le incancellabili responsabilità della sinistra in tutta questa dolorosa vicenda.
Il primo- addirittura incontestabile - è che il Pd (e prima di esso, il Pci-Pds-Ds) governa da sempre in Emilia-Romagna. Da quando le regioni sono state istituite (1970), quel territorio è stato sempre gestito e amministrato dalla sinistra di tradizione comunista, peraltro con tutta una letteratura (largamente encomiastica e agiografica) sul presunto buongoverno rosso. Ora sono i fatti a incaricarsi di smentire quella narrazione: perfino rispetto alle attività più ordinarie (cura degli argini, pulizia del letto dei fiumi, ecc).
La seconda osservazione ha a che fare con il tema decisivo delle vasche di laminazione, dei bacini di espansione, strumento decisivo per contenere le conseguenze delle esondazioni dei fiumi. Dove sono state realizzate senza eccezioni rispetto alle necessità (Veneto), anche eventi di livello catastrofico sono stati contenuti nei loro effetti nefasti. In Emilia-Romagna, invece, ne sono state realizzate circa la metà rispetto a quanto era stato previsto: e non per incuria o per lentezze burocratiche, ma per la precisa scelta politica di non irritare le componenti ecointegraliste contrarie a quelle opere. Sta qui una responsabilità addirittura imperdonabile della sinistra.
PALLA IN TRIBUNA
La terza osservazione riguarda il ricorso “provvidenziale” all’argomento del cambiamento climatico, che serve per buttare agevolmente la palla in tribuna. Ma scusate: perché lo stesso maltempo, le medesime precipitazioni, non procurano guasti particolari nel Regno Unito o in Francia, e invece qui da noi, per giunta nelle regioni rosse, producono effetti devastanti? Perché- in automatico- si cerca l’uscita di sicurezza del cambiamento climatico come giustificazione di tutto?
La realtà è che ormai il project fear, l’uso sistematico della paura, è un format applicabile a qualunque circostanza: se voti Brexit, sarà la fine del mondo; se vince Trump, finisce la democrazia. E via spaventando, terrorizzando, caricando tutto di valenze estreme. E inutile dire che la killer application di questa tecnologia sociale è proprio l’ecofondamentalismo, il talebanismo green, ambito in cui l’uso della paura (moriremo tutti: e già il nome “Ultima generazione” scelto da uno dei gruppi più scatenati allude alla fine del mondo imminente) si accompagna a un approccio parareligioso: abbiamo peccato contro la Terra, la Natura si vendica, dobbiamo pentirci, dobbiamo decrescere.
DOGMATISMO
Capite bene che, dinanzi a un simile dogmatismo, non c’è razionalità che tenga, non c’è argomento fattuale, non c’è nemmeno dibattito possibile. Lo stesso futuro di deindustrializzazione, la perdita quasi certa di posti di lavoro, l’impoverimento dei ceti medi sono “dettagli” rispetto all’immensità del Male che avremmo commesso e dal quale dovremmo emendarci.
Attenzione però: accanto alla dimensione mistica da religione farlocca (la cui profetessa, ovviamente, è Greta Thunberg), c’è anche un aspetto più furbesco, più levantino, più da magliari. Buttarla sull’apocalisse assolve da tutti i peccati. E così, e l’alluvione in Emilia-Romagna ne è l’ennesima prova, una narrazione martellante e quasi unanime ha subito messo da parte gli elementi razionali e fattuali (cioè ciò che si sarebbe dovuto fare: dighe, cura degli argini, realizzazione completa dei bacini di espansione, ecc.) per virare sul registro apocalittico. E quindi ogni evento viene descritto non solo come la prova del cambiamento climatico in atto (ormai siamo già molto oltre), ma di una sua estremizzazione irreversibile. Anzi, reversibile solo a patto di consegnarsi ai dogmi degli ecotalebani.
A nulla vale ricordare le alluvioni verificatesi in Emilia-Romagna negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta (climate change già allora?).
Ogni spiegazione razionale e ogni proposta concreta (cura del territorio, bacini di espansione, ecc.) è risultata meno gradita rispetto all’imminenza della fine del mondo.
E tutto questo – come dicevo – serve ad assolvere. In Emilia-Romagna, prima di diventare segretaria del Pd, la vicepresidente della Giunta con delega al mitico “Patto per il clima” era Elly Schlein: proprio lei, mica un’omonima. E in quella regione, come abbiamo visto, è la sinistra che governa da sempre, e senza eccezioni. Capite bene che allora l’apocalisse diventa provvidenziale: è un lavacro che risolve tutti i problemi.
LIBERA SCELTA
Un’ultima notazione. Prima di gravare ancora sui cittadini, la macchina pubblica nella sua interezza (nazionale, regionale, comunale, ecc) dovrebbe fare tutto ciò che è suo dovere. Si dice - ed è vero - che le assicurazioni da parte dei privati sarebbero uno strumento utile, un ombrello prezioso. Verissimo, anzi sacrosanto: ma introdurre un obbligo significherebbe ripristinare l’equivalente di una tassa sulla prima casa. Molto meglio - a mio personale avviso - incentivare potentemente l’assicurazione, ma senza obblighi. E soprattutto con una mano pubblica che - prima - abbia fatto interamente la propria parte.
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