Mosca e Teheran contro l'Ucrania, ma anche contro l’Europa
Editoriale di Maurizio Molinari
Testata: La Repubblica
Data: 15/09/2024
Pagina: 23
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: Ucraina, autocrazie in armi

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 15/09/2024, a pag. 1/23, con il titolo "Ucraina, autocrazie in armi", l'editoriale del direttore Maurizio Molinari.

Molinari: “Le sorti dell'Italia sono decisive per quelle dell'Europa” -  Mosaico
Maurizio Molinari

Iran e Russia cooperano ormai alla luce del sole, come è reso evidente dalla fornitura di nuovi missili balistici iraniani, da usare contro l'Ucraina. Ma sono anche una minaccia diretta contro l'Europa. L'Ue e gli Usa rispondono varando le ennesime sanzioni contro l'Iran. Ma finora, quella delle restrizioni economiche, si è rivelata un'arma spuntata. In compenso l'Ue continua a non autorizzare l'uso delle armi a lungo raggio all'Ucraina. Quando l'Occidente si sveglierà sarà sempre troppo tardi.

 

La dichiarazione con cui Londra, Berlino e Parigi condannano la fornitura di missili iraniani a Mosca alza il velo su quanto sta avvenendo sul campo di battaglia ucraino: le forze russe adoperano una crescente quantità di armamenti provenienti da Teheran e Pyongyang ricorrendo, in alcuni casi, anche alla tecnologia di Pechino. Questo significa che più autocrazie sostengono, con scelte nazionali apparentemente non coordinate fra loro, l’aggressione alla sovranità di Kiev iniziata oltre due anni fa.

A sollevare il velo su quanto sta avvenendo è stato il presidente ucraino, Volodymir Zelensky, affermando durante il Forum di Cernobbio che “le forze russe usano droni iraniani e missili nordcoreani contro di noi”, precisando che la collaborazione Mosca-Teheran è a tal punto avanzata da consentire ai russi di “creare impianti di costruzione dei droni iraniani”, che vengono usati “a migliaia” per colpire l’Ucraina.

Poi è stato il Wall Street Journal a rivelare che gli ayatollah hanno inviato alla Russia una ingente fornitura di missili a corto raggio di classe “Ababil” che consentono di colpire gli obiettivi con estrema precisione. Si tratta di una fornitura che avviene oggi ma è frutto della visita, nel settembre 2023, dell’allora ministro della Difesa russo Sergei Shoigu nel quartier generale delle forze aerospaziali dei Guardiani della rivoluzione a Teheran, a cui seguì la missione in dicembre di una delegazione russa in un’area militare iraniana dove gli “Ababil” vengono testati. Tali rivelazioni sono risultate a tal punto fondate da spingere i governi di Germania, Gran Bretagna e Francia a concordare la dichiarazione nella quale condannano “l’ulteriore escalation del sostegno militare iraniano alla guerra di aggressione russa” perché ciò significa “vedere missili iraniani raggiungere il suolo europeo aumentando la sofferenza degli ucraini”.

Da qui la decisione dei tre Paesi europei di varare sanzioni contro il programma balistico iraniano ed anche contro le compagnie aeree, come Iran Air, accusate di coinvolgimento nel trasferimento di materiale bellico. Per Josep Borrell, Alto rappresentante per la politica estera Ue, si tratta di una “minaccia diretta alla sicurezza europea” che vedrà Bruxelles adottare nuove sanzioni contro Teheran in aggiunta a quella approvate a metà maggio dopo l’attacco iraniano con centinaia di missili e droni contro Israele.

Ma non è tutto perché, secondo fonti di intelligence occidentali citate da Reuters, la Russia ha iniziato a produrre droni d’attacco a lungo raggio denominati “Garpiya-A1” adoperando tecnologia cinese. Negli ultimi 12 mesi ne sarebbero entrati in servizio almeno 2500, con il risultato di aumentare la capacità di causare seri danni ad infrastrutture militari e civili in Ucraina. Sebbene il presidente Xi Jinping abbia assicurato a Zelensky che non fornisce armi a Mosca in Ucraina, l’amministrazione Biden è convinta che Pechino garantisca alla Russia macchinari, microelettronica e tecnologia che contribuisce a produrre missili, carri armati, vettori aerei ed altre armi. Tanto per fare un esempio, nel 2023 ben il 90 per cento della microelettronica acquistata da Mosca è stata “made in China”.

La conseguenza tattica è che la Russia produce in proprio tanto i droni iraniani “Shaheed” (kamikaze), usandoli a grappoli per intasare le difese anti-aeree ucraine, che quelli con tecnologia cinese a lungo raggio per colpire più in profondità. E dispone anche di vettori nordcoreani da quando il presidente Putin ha siglato a Pyongyang con il dittatore Kim Jong-Un il patto di “mutua difesa”.

Ecco perché il senatore repubblicano Lindsay Graham della South Carolina e quello democratico del Maryland Ben Cardin — presidente della commissione Esteri — concordano nell’indicare all’Europa il pericolo della “collaborazione militare fra le autocrazie, accomunate dalle volontà di indebolire le nostre democrazie”. Una collaborazione fra Mosca, Teheran, Pechino e Pyongyang resa ancor più evidente, come aggiunge lo Speaker della Camera dei Rappresentanti Usa Mike Johnson, dalla molteplicità di fronti dove si sviluppa: dagli attacchi cyber che arrivano da “attori” di questi Paesi all’uso dei flussi dell’immigrazione illegale per mettere sotto pressione le democrazie, dal sostegno a Hamas fino alle aggressioni contro la libertà del commercio marittimo internazionale, che vedono la Marina di Pechino sfidare le acque territoriali altrui nel Mar della Cina Meridionale ed i ribelli yemeniti Houti, sostenuti ed armati dall’Iran, minacciare il traffico commerciale nello Shatt el-Arab, fra Oceano Indiano e Mar Rosso. “La scelta peggiore che possiamo fare davanti a tali minacce delle autocrazie è dividerci” concordano Johnson, Cardin e Graham dimostrando una convergenza bipartisan al Congresso di Washington sui temi cruciali della sicurezza nazionale nel bel mezzo dell’infuocata sfida presidenziale fra Harris e Trump.

Il riferimento degli esponenti del Congresso Usa a Hamas non è casuale: Mosca e Pechino non hanno condannato in maniera inequivocabile il pogrom del 7 ottobre, Teheran è il più stretto alleato del movimento jihadista guidato da Yahya Sinwar e le forniture di armi nordcoreane ritrovate nella Striscia di Gaza ripropongono un network già emerso con l’uso di missili di Pyongyang da parte degli Houthi per colpire l’Arabia Saudita.

Ecco perché quanto sta maturando in Ucraina deve preoccupare l’intera Europa: l’uso da parte russa di armamenti iraniani e nordcoreani, come anche di tecnologia cinese, è un campanello d’allarme sui rischi connessi alla collaborazione fra autocrazie.

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