La continua, inutile, controproducente guerra diplomatica dell’Autorità Palestinese alle Nazioni Unite
Editoriale del Jerusalem Post
Testata: israele.net
Data: 14/09/2024
Pagina: 1
Autore: Redazione del Jerusalem Post
Titolo: La continua, inutile, controproducente guerra diplomatica dell’Autorità Palestinese alle Nazioni Unite

Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - l'editoriale del Jerusalem Post, dal titolo "La continua, inutile, controproducente guerra diplomatica dell’Autorità Palestinese alle Nazioni Unite".

Il presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen mostra all’Onu una falsa sequenza di mappe per sostenere che Israele si sarebbe inesorabilmente ampliato a scapito di una presunta, ma inesistente, sovranità palestinese precedente

Oltre quattro decenni fa, Abba Eban, il leggendario ministro degli esteri e ambasciatore all’Onu israeliano, disse sarcasticamente: “Se l’Algeria introducesse una risoluzione che dichiara che la Terra è piatta e che è Israele che l’ha appiattita, passerebbe con 164 voti a favore, 13 contrari e 26 astenuti”. Ciò che era vero allora rimane vero oggi, forse ancora di più.

Cosa che diventerà evidente la prossima settimana, quando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dovrebbe votare sulla più recente risoluzione presentata dall’Autorità Palestinese che chiede, in conformità a un ridicolo parere consultivo emesso a luglio dalla Corte Internazionale di Giustizia, che Israele entro sei mesi (sic) “metta fine alla sua presenza illegale nel Territorio Palestinese Occupato” (in realtà, territori contesi la cui sovranità definitiva è oggetto di negoziato in base agli accordi firmati dalle parti, ammesso che le firme sotto gli accordi abbiano un qualche valore ndr).

Esattamente come disse Abba Eban tanto tempo fa, questa risoluzione, che in ogni caso non sarà vincolante, verrà approvata facilmente.

L’Assemblea Generale dell’Onu, che scandalosamente fino ad oggi non ha ancora approvato nessuna mozione di condanna di Hamas per la carneficina del 7 ottobre, approverà ancora una volta una risoluzione unilaterale filo-palestinese che mira a mettere in imbarazzo e isolare Israele.

L’Autorità Palestinese applaudirà il voto come una grande vittoria diplomatica, mentre non sarà altro che il suo ennesimo vacuo successo all’Onu, che non farà nulla per promuovere l’obiettivo dichiarato dai palestinesi di avere uno stato.

Questa risoluzione non è che un altra schioppettata nella lunga guerra diplomatica palestinese contro Israele, volta a indebolire e delegittimare lo stato ebraico.

Da quando l’allora presidente dell’Olp Yasser Arafat, vergognosamente armato di pistola, parlò all’Assemblea Generale dell’Onu nel 1974, la situazione palestinese non è cambiata granché. Anzi, come attesta la situazione a Gaza, è solo peggiorata nonostante l’Autorità Palestinese abbia vinto una votazione dopo l’altra all’Assemblea Generale.

Se negli ultimi cinquant’anni i palestinesi avessero speso la stessa energia per sviluppare le aree sotto il loro controllo in Cisgiordania e a Gaza anziché dedicarsi a demonizzare Israele sulla scena mondiale, la loro situazione oggi sarebbe notevolmente diversa e molto migliore.

Ma non lo hanno fatto e hanno scelto una strada diversa, dimostrando ancora una volta che sono più interessati a demolire lo stato ebraico che a costruire un loro stato palestinese.

I palestinesi, e i paesi che la prossima settimana voteranno a favore della loro risoluzione, sanno bene che essa non avrà alcun impatto pratico. L’unica cosa a cui mirano queste manovre è erodere la legittimità di Israele, isolarlo, trasformarlo in un paria e farne l’equivalente sulla scena mondiale del Sudafrica dell’apartheid del secolo scorso.

Si prevede che la risoluzione venga messa ai voti il 18 settembre, pochi giorni prima che molti leader mondiali si rechino all’Onu per l’annuale dibattito di alto livello dell’Assemblea Generale.

La tempistica è tutt’altro che casuale: i palestinesi vogliono assicurarsi che il loro problema sia al centro dell’attenzione e che il mondo non venga distratto da altre questioni come la guerra in corso in Ucraina o le indicibili sofferenze della popolazione in Sudan (e gli oltre 16 milioni di siriani, per la metà minorenni, che avrebbero bisogno di assistenza immediata a causa della guerra civile che dura dal 2011 ndr)

Sebbene sia chiaro che la risoluzione verrà approvata e con una maggioranza schiacciante, ciò non significa che Israele non debba combatterla. Israele non può vincere la partita dei numeri all’Onu, ma quando si guarda alla votazione finale è importante vedere quali stati votano per Israele o si astengono. È importante concentrare l’attenzione su quella che è stata definita la “maggioranza morale” dell’Onu: le democrazie con una posizione morale le cui voci contano davvero.

È qui che deve essere incanalata l’azione diplomatica di Israele: operare per evitare che le democrazie sostengano questa risoluzione palestinese, dimostrando loro che votandola non promuoverebbero affatto la prospettiva di una soluzione diplomatica, ma anzi la allontanerebbero.

Il motivo è semplice: risoluzioni Onu unilateralmente anti-israeliane come questa non cambiano nulla sul terreno, ma rafforzano l’intransigenza palestinese aumentando la convinzione tra i palestinesi di poter insistere con le pretese massimaliste senza mostrare flessibilità (hanno più volte rifiutato l’offerta di creare uno stato palestinese a fianco di Israele, senza mai avanzare controfferte credibili ndr), aspettando che il mondo consegni loro la sconfitta di Israele su un piatto d’argento.

Questo tipo di risoluzioni alimenta l’illusione che la comunità internazionale possa e voglia forzare la mano di Israele. Se è così, perché mai i palestinesi dovrebbero scendere a compromessi o fare scelte difficili?

Infatti non le fanno. Piuttosto, se ne stanno seduti ad aspettare, collezionando una inutile vittoria dopo l’altra alle Nazioni Unite mentre sul terreno non cambia nulla di concreto.

È una strategia perdente. Ma è la strategia a cui i palestinesi ricorrono continuamente. E il mondo, attraverso le Nazioni Unite, ogni volta la asseconda, come previsto.

Purtroppo, quest’anno non andrà diversamente.

(Da: Jerusalem Post, 12.9.24)

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