Riprendiamo da LIBERO di oggi, 13/09/2024, a pag. 17 con il titolo "Putin ci minaccia: L'Europa è in guerra", la cronaca di Andrea Morigi.
Andrea Morigi
Da San Pietroburgo arriva un ultimatum di Vladimir Putin all’Occidente. Fino a qualche mese fa aveva escluso l’ipotesi di affrontare la potenza militare della Nato con le sue sole forze. Poi ha trovato nuovi alleati, si è fatto spedire una partita di missili balistici dall’Iran, sta per puntarli verso Kiev e Leopoli e ora si sente un po’ meno indifeso.
Tanto da sostenere che, rifornendo di armi a lungo raggio l’Ucraina, i Paesi della Nato sono entrati «in guerra con la Russia».
«Le missioni di volo di questi sistemi missilistici possono essere effettuate essenzialmente solo dal personale militare dei Paesi della Nato», spiega il capo del Cremlino, e siccome «il personale militare ucraino non può», siamo a un bivio. «Devono prendere una decisione: i Paesi della Nato sono direttamente coinvolti nel conflitto militare oppure no. Se questa decisione verrà presa, ciò non significherà altro che la partecipazione diretta dei Paesi della Nato- Stati Uniti e Paesi europei - alla guerra in Ucraina».
E «tenendo conto del cambiamento della natura del conflitto, prenderemo le decisioni appropriate in base alle minacce che affronteremo».
CHI AIUTA RISCHIA
Serve un pretesto per attaccare. Il più comune, secondo la dottrina militare di Mosca, è quello di dichiararsi sotto attacco. Un ragionamento complesso, che parte dalla considerazione dell’incapacità da parte dell’Ucraina, senza l’aiuto dell’Occidente, di lanciare attacchi in profondità nel territorio della Federazione Russa. Perciò, chi ne difende l’integrità territoriale mettendo a disposizione i propri arsenali e le proprie tecnologie in pratica si mette in mezzo e rischia di essere colpito, magari anche nel proprio territorio. Colpevoli di aiutare una nazione sotto i bombardamenti russi dal 24 febbraio 2022, invasa dalle truppe di Mosca e dai tagliagole ceceni, che ha subìto il massacro della propria popolazione civile e il rapimento e la deportazione dei propri bambini, la distruzione delle proprie case, la fame e il gelo, ma secondo il suo aggressore non dovrebbe chiedere aiuto alla comunità internazionale, che peraltro non riesce a individuare uno spiraglio per una trattativa di pace.
«Il fatto è che l’esercito ucraino non è in grado di colpire con i moderni sistemi a lungo raggio di alta precisione di produzione occidentale», aggiunge Putin, in quanto «ciò è possibile solo utilizzando i dati di intelligence provenienti dai satelliti, che l'Ucraina non possiede. Si tratta solo dei dati provenienti dai satelliti dell’Unione Europea o degli Stati Uniti, in generale, dai satelliti della Nato».
In realtà, l’assistenza occidentale alle truppe di Kiev non sta mostrandosi decisiva nel Kursk, dove è in atto una controffensiva russa, teatro a inizio agosto di un’incursione delle forze ucraine. La conferma arriva dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, secondo il quale la risposta di Mosca «è coerente con il piano ucraino». Il ministero della Difesa russo, intanto, ha reso noto di aver riconquistato in due giorni 10 villaggi nella regione di Kursk che erano nelle mani degli ucraini. A fine agosto Kiev aveva affermato di controllare quasi 1.300 chilometri quadrati di territorio russo. Un rapporto del ministero degli Esteri russo, citato dall’agenzia di stampa Ria Novosti, sostiene inoltre che «iIn un certo numero di territori controllati dai militari (ucraini) è stata creata una sorta di “campi di concentramento” dove portare con la forza i civili che non volevano o non avevano l’opportunità di lasciare il territorio catturato dal nemico», si legge nel documento. Le accuse si basano sulle testimonianze dei residenti locali raccolte dal dipartimento della Croce Rossa a Kursk. Inoltre, le truppe ucraine avrebbero utilizzato gli abitanti della regione «per scopi di propaganda». «Da 70 a 100 civili sono stati forzatamente radunati nelle cantine del collegio di Suzhansk, dove sono stati sottoposti a abusi morali e utilizzati per le riprese di storie da giornalisti ucraini e stranieri», ha aggiunto il dicastero.
GIORNALISTI RICERCATI
A un mese dalla minaccia di un procedimento penale per «attraversamento illegale del confine», Mosca ha inserito la giornalista Rai Stefania Battistini e il cameraman Simone Traini nella lista dei ricercati, assieme ad altri giornalisti stranieri. I due avevano realizzato un servizio sulle prime fasi dell’offensiva ucraina nel Kursk, venendo aspramente criticati dalle autorità russe. La mossa ha portato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a disporre la convocazione dell’ambasciatore della Federazione in Italia Alexey Paramonov «per manifestare la nostra sorpresa a causa della singolare decisione di Mosca di inserire la giornalista Battistini nella lista dei ricercati diramata dal ministero dell'Interno russo».
La Rai in una nota ha parlato di «violazione della libertà di informazione», riservandosi di «operare in ogni sede per denunciare la decisione del governo russo a difesa della libera informazione e a tutela della propria giornalista e dell'operatore».
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