Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - un articolo tradotto da Jerusalem Post, Times of Israel e israele.net dal titolo "Ostaggi rilasciati rivelano come Hamas confeziona i video per la guerra psicologica".
I terroristi di Hamas costringono gli ostaggi a comparire nei video della guerra psicologica diffusi dal gruppo terroristico palestinese, ordinando loro esattamente cosa dire e come comportarsi. E’ quanto emerge da un reportage esclusivo pubblicato sabato dal Wall Street Journal. Il reportage si basa in particolare sulla testimonianza dell’ostaggio israeliana Aviva Siegel, rapita il 7 ottobre dal kibbutz Kfar Aza e tenuta in cattività per oltre 50 giorni prima d’essere rilasciata a fine novembre nell’ambito del ricatto di Hamas per una tregua temporanea. Il marito Keith è ancora tenuto in ostaggio dai terroristi palestinesi a Gaza. Siegel racconta che i terroristi di Hamas costringevano gli ostaggi a partecipare ai suoi video, e le hanno ingiunto cosa dire esattamente mentre la filmavano. Gli aguzzini di Hamas avevano preparato delle righe da farle recitare e se diceva qualcosa di sbagliato durante la registrazione, la obbligavano a rifare le ripresa più e più volte. “Non hai detto di avere 62 anni”, “Non hai detto di essere di Kfar Aza”, “Non hai detto che Bibi [il primo ministro Benjamin Netanyahu] deve riportarti indietro” rievoca Siegel al Wall Street Journal, ricordando come i terroristi palestinesi la rimproveravano quando giravano i loro video di propaganda. “Dimenticavo sempre qualcosa, quindi dovevo ripeterlo più e più volte”, spiega Siegel. I terroristi che la filmavano, riferisce Siegel, disponevano di una piccola “troupe di produzione” che comprendeva un cameraman e almeno una persona in grado di capire e parlare l’ebraico. Siegel racconta di come i suoi rapitori la filmavano quando riceveva del cibo. “Erano soliti preparare il cibo e metterlo sul tavolo – dice – Dovevamo sederci accanto a loro e sorridere e dire che andava tutto bene, solo per la ripresa” mentre era tenuta in cattività con poco cibo e poca acqua all’interno di tunnel dove era difficile respirare. Siegel ricorda anche quella volta in cui un terrorista ha cercato di farle spazzolare i capelli per farla sembrare più curata, ma lei si è rifiutata di farlo. “Sapevo che aspetto avevo. Ero disgustosa. Ero così sporca – racconta Siegel – L’ho guardato, mi sono sollevata i capelli e ho detto: beautiful (bella ndr). Un paio d’ore dopo, mi ha detto di andare nell’altra stanza e che mi avrebbero scattato una foto. Quindi ho capito che voleva che fossi più bella mentre scattavano le foto”. Un’altra ostaggio rilasciata, Chen Almog-Goldstein, deportata da Kfar Aza con i suoi tre figli, dice che i suoi rapitori l’hanno filmata mentre era all’interno dei tunnel durante il suo secondo giorno a Gaza. Tuttavia il filmato, come quello di Aviva Siegel, non è mai stato diffuso. Secondo il Forum delle famiglie degli ostaggi, Hamas non sempre decide di rendere pubblici i video. La scorsa settimana, Hamas ha centellinato la pubblicazione dei video di terrorismo psicologico con le ultime parole imposte ai sei ostaggi assassinati a sangue freddo dal gruppo terrorista. Giovedì sera, è stata la volta del filmato di Hersh Goldberg-Polin. Interpellata dal Wall Street Journal a proposito dei video di propaganda realizzati da Hamas con suo figlio in prigionia, la madre di Hersh, Rachel Goldberg-Polin, ha risposto che era come una “forma di trauma e di tortura molto al rallentatore” (“very slow-motion form of trauma and torture”). Ha aggiunto che alcune famiglie le hanno detto che “darebbero qualsiasi cosa per avere quel video” poiché dà loro una qualche forma di speranza che i loro cari siano ancora in vita, per quanto difficile e doloroso sia guardare quei filmati. E’ appena il caso di ricordare che la cattura e l’abuso di ostaggi è un crimine in base a tutte le norme etiche e giuridiche. (Da: Jerusalem Post, Times of Israel, israele.net, 8.9.24)
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