Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 09/09/2024, a pag. 13, l'analisi di Francesco Semprini dal titolo "Roulette americana".
È un confronto alla pari quello tra Kamala Harris e Donald Trump, quando mancano solo ventiquattr'ore al loro primo faccia a faccia organizzato da Abc (si terrà alle 3 di notte di domani, ora italiana, le 21 in America) a Philadelphia. La Pennsylvania, non a caso, è uno dei due Stati che occorre ad entrambi blindare per ottenere un secondo mandato, assieme alla Georgia, dove si è svolto il primo dibattito presidenziale (patrocinato dalla Cnn ad Atlanta) che ha segnato l'inizio della fine della corsa elettorale per Joe Biden. Sono trascorsi 74 giorni, sebbene sembri un'altra era complice l'ingresso in pista di Harris accompagnato da una sbornia euforica che ha trasformato il rivale in inseguitore. Eppure, l'atteso "effetto Chicago", il consolidamento del vantaggio successivo alla Convention Dem, sembra non essersi concretizzato. L'ultima rilevazione di New York Times e Siena College mostra infatti che Trump è avanti con il 48% contro il 47% della vicepresidente, ma calcolando un margine d'errore del 3% il risultato è praticamente invariato rispetto alla rilevazione effettuata a fine luglio, subito dopo il ritiro di Biden. E mentre lo storico delle previsioni elettorali Allan Lichtman, il Nostradamus a stelle e strisce che ha sbagliato solo una volta dal 1984, quota come vincitrice la vice di Biden, l'altro guru Nate Silver (che dal 2008 ha sempre centrato il nome del presidente tranne con Trump nel 2016) sostiene che sia proprio il tycoon ad avere la percentuale più alta di possibilità. Il suo modello previsionale - riporta Newsweek - attribuisce a Trump una probabilità del 60,1% di vittoria dei Collegi elettorali, rispetto al 39,7% di Harris, con l'ex presidente che otterrebbe 277 voti di grandi elettori contro i 260 della rivale. Si tratta delle prime proiezioni che catturano il sostanziale "ritorno" del tycoon, il quale salirà sul palco domani sera con ritrovata spinta. Trump non si sta sottoponendo a una preparazione tradizionale per l'incontro, piuttosto utilizza i comizi e, soprattutto, la formula del "townhall" (incontri con la gente che fa il candidato) per allenarsi a rispondere a domande precise che gli vengono formulate dal pubblico. Ritiene infatti di non aver bisogno di addestramento ad hoc perché ha al suo attivo diversi dibattiti, tre nel 2016, due nel 2020, e uno nel 2024 con Biden, conosce quindi le dinamiche e sa stare sul palco. La preparazione tecnica avviene con "sparring partner" come l'ex dem Tulsi Gabbard, che gli indicano soprattutto i vulnus di Harris. La candidata dell'Asinello è invece barricata a Pittsburgh con sei persone, nell'ambito di una preparazione su base molto tradizionale: c'è qualcuno che interpreta Trump, si concentra in particolare su alcuni temi, e sembra puntare a un approccio preciso con dati alla mano per trasmettere un senso di padronanza e comando. Un suggerimento ad Harris è arrivato da Hillary Clinton che le ha detto di attaccare Trump su temi mirati facendolo innervosire, come lei fece nel 2016 quando gli disse di essere «un burattino di Putin». Il dibattito dura 90 minuti, ci sono due pause pubblicitarie, non ci sarà una dichiarazione iniziale ma solo una finale, per ogni risposta è prevista una replica e eventuale precisazione da parte di chi ha parlato per primo. Non ci sarà pubblico, si può portare sul podio un foglio e una penna, ma non si può interagire con i rispettivi staff nemmeno durante le pause pubblicitarie. I microfoni sono silenziati quando non è il proprio turno di parlare, regola che Harris ha invano contestato puntando a sfruttare le intemperanze del tycoon. Si toccherà tutto lo spettro di argomentazioni. Trump cercherà di inquadrare la figura di Harris alle scelte «disastrose» dell'amministrazione Biden, quindi inflazione e immigrazione. Il messaggio dell'attuale vicepresidente rimane l'attenzione alla classe media, agli sgravi fiscali e alla piccola e media impresa, cercando un composto distacco da Biden. A differenza del quale, non dovrebbe giocare la carta della «tenuta della democrazia» nel caso di vittoria di Trump, un messaggio che lascia ad altri, come all'ex vicepresidente repubblicano Dick Cheney e sua figlia Liz (ex deputata del Gop secondo cui Ronald Reagan non avrebbe mai votato il tycoon) i quali hanno dichiarato voto favorevole alla candidata dem. Mentre l'ex presidente George W. Bush (con la moglie Laura) non sosterrà nessuno dei due candidati, così come avvenuto nel 2020.
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