Riprendiamo da LIBERO di oggi, 08/09/2024, a pag. 15, con il titolo "Maduro-Milei, è scontro totale. In ballo il futuro del Sudamerica" il commento di Maurizio Stefanini.
Maurizio Stefanini
«Imbecille». «Risentito». «Dittatore». «Bastardo». «Assassino». Ma non è del tutto facile tradurre il vocabolario che si stanno scambiando il presidente argentino Javier Milei e il presidente del Venezuela Nicolás Maduro. Quasi uguale all’omologo italiano “imbécil”: come il primo ha commentato la decisione del secondo di anticipare il Natale al primo ottobre, mentre gli Stati Uniti gli sequestravano un aereo in Repubblica Dominicana e la Procura emanava un ordine di arresto per il leader dell’opposizione Edmundo González Urrutia.
“Amargado” è il termine esatto con cui Maduro gli ha risposto. Letteralmente “amareggiato”, i vocabolari indicano tra le varie tradizioni possibili il citato “risentito”, ma forse potremmo tentare con “frustrato”. “Malparido” era un altro epiteto con cui il presidente venezuelano aveva risposto all’accusa di “dictador”. Letteralmente “partorito male”, ma vengono proposti anche equivalenti come “figlio di puttana”, “coglione”, “stronzetto”, oltre al proposto “bastardo”.
SCAMBI DI INSULTI
Ma ormai non sono più solo gli epiteti più coloriti. Il giorno dopo aver definito Maduro un «asesino» la cui «dittatura omicida» sta trasformando il Venezuela in un «cimitero umano», venerdì Milei ha fatto chiedere dal suo ministero degli Esteri alla Corte Penale Internazionale di emettere un mandato di arresto contro il presidente Maduro e altri leader del regime, «dato il peggioramento della situazione nella Repubblica Bolivariana del Venezuela dallo scorso 28 luglio e la commissione di nuovi atti che possono essere considerati crimini contro l'umanità». Domani sarà presentata una nota in cui si sostiene che «le prove raccolte nel corso delle indagini condotte dalla Procura della Corte penale internazionale e gli eventi accaduti dopo le elezioni presidenziali del 28 luglio sono elementi sufficienti per considerare la fondatezza dell’emissione dei suddetti mandati di arresto».
La risposta di Maduro non consiste solo nel dare a Milei del fascista, ma soprattutto nell’avere fatto iniziare un assalto alla ambasciata argentina a Caracas.
L’edificio fu sgomberato in fretta e furia dai diplomatici tre giorni dopo le elezioni, quando il governo venezuelano ruppe le relazione con sette Paesi che non avevano riconosciuto la vittoria di Maduro. Ma dentro sono rimasti sei dirigenti del partito di María Corina Machado che vi si erano rifugiati 170 giorni fa per sfuggire all’arresto, e il governo di Buenos Aires aveva ottenuto che fosse il Brasile a prenderla sotto la sua protezione. Da venerdì notte la polizia venezuelana l’ha stretta sotto assedio, impedendo ai media di accedervi. Nel frattempo è stata tagliata la luce, mentre dell’accesso della sede hanno preso il controllo agenti dei Servizi Sebin e Daet, oltre a incappucciati armati. Ed è stato anche annunciato che il permesso di custodia al Brasile è stato revocato in maniera “unilaterale”.
IL RUOLO DI LULA
La situazione è delicata, perché l’ultimo attacco di Milei a Maduro è venuto durante un evento di politici di destra che si è tenuto a Buenos Aires giovedì e venerdì e in cui anche Lula è stato definito dal presidente argentino «un tiranno» per avere appoggiato il blocco di X, il social di Elon Musk, in Brasile. A sua volta, Lula aveva definito Milei un «pericolo per la democrazia», mentre una volta tornato al potere aveva provato a sdoganare Maduro, definendolo «vittima di una narrazione». E però di fatto, al di là delle antipatie e dissensi, Milei e Lula si trovano in questo momento relativamente vicini tra di loro contro Maduro, e non solo per la protezione dell’ambasciata. «Il comportamento di Maduro è stato deludente» ha sbottato Lula ancora venerdì, mentre il numero due del Venezuela Diosdado Cabello smentiva un incontro sulla crisi politica post elettorale tra Maduro e i suoi omologhi di sinistra al potere in Brasile (Luis Inácio Lula da Silva), Colombia (Gustavo Petro) e Messico (Andrés López Obrador) annunciato dal ministro degli Esteri colombiano Luis Murillo dopo una visita di Lula in Colombia- in termini di puri insulti.
In ogni caso, lo scontro fra Milei e Maduro rappresenta plasticamente quello che in effetti coinvolge l’intero Sudamerica, anche in termini di prospettive politiche ed economiche. Va inquadrato in questo quadro anche la richiesta dello stesso Congresso colombiano alla Corte Penale Internazionale di ordinare l’arresto di Maduro, richiesta sottoscritta anche da un gruppo di 31 ex presidenti della regione.
Dopo che altre denunce sono arrivate da Ecuador e Uruguay, e gli Stati Uniti stanno facendo scattare nuove sanzioni.
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