La battaglia contro Hamas è anche qui
Commento di Daniele Capezzone
Testata: Libero
Data: 03/09/2024
Pagina: 1/12
Autore: Daniele Capezzone
Titolo: La battaglia contro l'islam fondamentalista è una sola, ma su due fronti: qui e in Israele

Riprendiamo da LIBERO di oggi 03/09/2024, a pag. 1/12, con il titolo "La battaglia contro l'islam fondamentalista è una sola, ma su due fronti: qui e in Israele", il commento di Daniele Capezzone. 

Confessioni di un liberale. Daniele Capezzone al Caffè della Versiliana  Giovedì 14 luglio, ore 18:30 - Versiliana Festival
Daniele Capezzone

Hamas è espressione dello stesso fondamentalismo islamico che minaccia anche l'Europa. Eppure continuamo a ragionare in modo schizofrenico: se anche l'opinione pubblica esprime preoccupazione per gli integralisti islamici e le loro peggiori manifestazioni, poi ribalta il giudizio quando parla del Medio Oriente. Perché allora, in quel caso, i "cattivi" diventano Netanyahu e gli israeliani.

La sola idea di “ospitare” anche soltanto un terrorista islamico qui in Europa - ovviamente - ci fa orrore, così come non ci piacciono nemmeno il predicatore infiammato e l’integralista pro sharia all’opera nelle periferie delle nostre città. E però contemporaneamente - perfino in contesti insospettabili- monta la diffidenza verso Israele, accompagnata da un’ostilità pervicace contro Benjamin Netanyahu, ormai oggetto di un odio che va totalmente al di là del legittimo dissenso politico, e che mostra profili ossessivi, scatenati, rabbiosi, da parte di larghissimi settori della nostra politica e dei nostri media.
È così, amici lettori, l’avrete constatato anche voi nella cerchia delle vostre conoscenze: assistiamo a un fenomeno curioso, e si potrebbe perfino parlare di una sorta di schizofrenia, di stravagante scissione. Da un lato, molti cittadini, per non dire dei media e di settori rilevanti della nostra politica, sono preoccupati e in qualche caso scandalizzati (giustamente) per l’invadenza a casa nostra del radicalismo islamico e delle sue manifestazioni meno rassicuranti: la pretesa di fare indottrinamento perfino verso i bambini più piccoli, le prediche nelle università, l’odiosa pratica della sottomissione delle donne, la convinzione (in ultima analisi è qui il cuore del problema) di far prevalere la legge coranica sulla legislazione ordinaria.
Peccato che però queste stesse preoccupazioni svaniscano, o addirittura si capovolgano di segno, quando ci si sposta a considerare il conflitto in Medio Oriente: in quel caso, molte voci - incredibilmente- mostrano inquietudine non per i comportamenti di Hamas ma per quelli di Israele, come se la minaccia non venisse dalle belve dell’islamismo fondamentalista ma dall’unica democrazia presente in quell’area.

LA STESSA PARTITA

Come si fa a non comprendere che si tratta della medesima partita, della stessa sfida che avviene su due diversi terreni? Là, il tentativo degli integralisti è quello di cancellare l’ultimo avamposto occidentale (quindi: della democrazia e della libertà); qua, l’operazione avviene per un verso attraverso la minaccia violenta (azioni di terrore) e per altro verso attraverso un’avanzata silenziosa che punta sulla stanchezza, sulla pigrizia, sui riflessi lenti delle nostre società, oltre che sul varco stupidamente aperto da chi - a sinistra e purtroppo non solo considera “islamofobo” chiunque sia anche semplicemente preoccupato per l’integralismo fondamentalista.
Ecco, si tratta di prendere coraggio, di superare qualche timidezza, e di spiegare a voce alta che siamo davanti a due aspetti differenti dello stesso confronto di fondo. Anzi: della stessa battaglia combattuta in due diversi teatri. Peccato che troppi fingano di non comprenderlo, o non lo comprendano affatto. Eppure le belve islamiste ce l’hanno “spiegato” fin troppo bene: poco dopo il 7 ottobre, ricorderete gli appelli televisivi al “jihad globale”, e cioè a portare morte e terrore anche nelle nostre città. Così come non sfugge a nessuno che una parte significativa della propaganda pro Hamas e anti Israele che inonda i nostri giornali e le nostre televisioni sia probabilmente più “spintanea” che spontanea, cioè pianificata, sollecitata, in qualche caso probabilmente sostenuta e incoraggiata dagli sponsor del fondamentalismo.

QUALCHE PROMEMORIA

Dunque, è il momento della battaglia delle idee. E non è davvero il caso di arretrare odi farci intimidire. A qualche conduttrice televisiva che fa i sorrisini e le smorfiette di disapprovazione su Israele, e che invece legge come se fossero pagine del Vangelo i comunicati dell’ufficio stampa di Hamas, sarà il caso di spiegare che, in caso di vittoria dei fondamentalisti, lei dovrebbe andare in onda indossando il velo. Provocazione greve? No: triste e amarissimo pro memoria sullo stato di segregazione femminile in quei paesi. A chi - incredibilmente - srotola nei cortei gli striscioni tipo “Queers for Palestine” (omosessuali perla Palestina), occorre spiegare che sarebbe un po’ come se i capretti festeggiassero la Pasqua o i tacchini il Natale. Qualunque persona sana di mente, infatti, sa bene cosa accada alle persone omosessuali in sistemi gestiti da fondamentalisti islamici. Eppure c’è chi fa finta di non capire. Ecco, se non vogliamo stare sempre sulla difensiva, occorre ribattere con molta durezza ai falsi argomenti di chi è in malafede. E contemporaneamente, abbiamo il dovere – con pazienza e tenacia – di aiutare chi è in buona fede a collegare ciò che a loro pare distante, e cioè la battaglia in Medio Oriente e la sfida esistenziale per la libertà che ci riguarda tutti. Anche qui. Se - prima o poi - non vogliamo sciaguratamente assistere al primato della sharia. 

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