Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 31/08/2024, a pag. 1/XIV, con il titolo "Non è con la paura che si aiuta Kyiv" l'editoriale di Giuliano Ferrara.
Giuliano Ferrara
La domanda è: perché tarda e si indebolisce la possibilità di mettere fine alla guerra d’aggressione russa all’Ucraina, nell’onore e nella giustizia? La risposta vera è una sola: perché la coalizione che difende Ucraina e Europa dall’espansionismo blindato di Putin ha paura di una escalation militare. Putin questo lo sa, e fa il suo gioco. Alla base di tutto sta il paradigma del Patto di Monaco (1938): se una potenza aggressiva reclama territori nel cuore dell’Europa ai danni di un paese che non si può difendere da solo, e in quel caso si trattava dei Sudeti nella Cecoslovacchia minacciata dal Terzo Reich, bisogna cedere in cambio della pace, con il noto risultato dello scoppio della guerra in Europa un anno dopo, quando scattò l’invasione della Polonia. L’unica differenza, in peggio, è che l’autocrate russo la guerra l’ha già scatenata con l’invasione, e prima con tutti gli atti di aggressione che hanno portato poi all’invasione (Crimea, infiltrazione militare del Donbas). A Monaco dunque si consumò il tradimento diplomatico delle speranze di resistenza europee all’espansionismo di Hitler, la Monaco strisciante dei nostri giorni è invece un cedimento lampante a un’offensiva devastatrice dell’equilibrio europeo già in atto. E’ un problema di origine americana, con la debolezza politica progressiva della presidenza Biden e l’offensiva trumpiana al Congresso e nell’incerta campagna presidenziale. E’ un problema dell’Unione europea, con la divisione emersa ieri drammaticamente al consiglio informale dei ministri degli Esteri sulla questione se possa diventare decisione comune l’autorizzazione a slegare le mani all’esercito nazionale ucraino nella difesa contro l’occupante invasore. Alcuni paesi, in una logica di decisione nazionale, consentono l’uso delle armi e dei sostegni forniti a Kyiv per colpire ogni obiettivo in grado di fermare l’esercito russo.
Altri, tra cui l’Italia che, come ripete contro ogni logica politica e diplomatica la Farnesina, “difende l’Ucraina ma non è in guerra con la Russia”, vogliono la botte piena e la moglie ubriaca. Il problema è ancora più corposo, e scandaloso, se si pensi al fatto che la fornitura di armi va avanti dall’inizio dell’invasione con una gradualità e con interruzioni che costringono gli ucraini a fronteggiare in modo più che impari, e con un generale risultato di perdite umane immenso sui due fronti, per non parlare del destino di città e infrastrutture, lo sforzo bellico monumentale in cui è impegnata la Russia di Putin. Un paese che oggi vuole dimostrare come lo sconfinamento offensivo di Kyiv su territorio russo, secondo una plurisecolare variante tattica, è destinato semplicemente a rifluire senza intaccare la capacità offensiva degli ingenti armamenti e delle truppe coscritte impegnati nella nuova Grande guerra patriottica chiamata “operazione speciale”, in attesa del Generale inverno.
Putin ha costruito un sistema di alleanze diplomatiche, politiche, economiche e militari, con autocrazie amiche, alleate e neutrali, che gli consente di depotenziare le sanzioni, di inserirsi nel gioco elettorale democratico degli occidentali con i suoi proxy e infiltrazioni politiche palesi o occulte o dissimulate, di far sognare al sud del mondo un nuovo ordine internazionale fondato sul declino della potenza degli Stati Uniti e dell’Unione, di giocare anche il fronte mediorientale contro la stanchezza delle opinioni pubbliche democratiche, e a questo scopo globale aggiunge, per conseguire i suoi risultati di umiliazione di Europa e Stati Uniti, la minaccia dell’escalation e la definizione di una vera difesa dell’Ucraina come passo verso l’escalation. Per quanto contino sulla scena del conflitto, e un certo peso ce l’hanno, non si capisce se i Tajani, i Crosetto e i Meloni si rendano conto del fatto che la posizione nazionale di sicurezza e difesa dell’Italia in Europa pende pericolosamente verso un appeasement strisciante e inconfessato che rende vana, costosa sul piano politico diplomatico e umanitario, l’asserita necessità di difendere l’Ucraina difendendo le libertà e l’identità strategica dell’Europa e dell’occidente atlantico.
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