Il piano di Zelensky
Analisi di Micol Flammini
Testata: Il Foglio
Data: 28/08/2024
Pagina: 1/4
Autore: Micol Flammini
Titolo: Dopo la seconda notte di attacchi russi, Kyiv promette ritorsioni

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 28/08/2024, a pag. 1/4, con il titolo "Dopo la seconda notte di attacchi russi, Kyiv promette ritorsioni" l'analisi di Micol Flammini.

Micol Flammini
Micol Flammini

Zelensky con il generale Syrsky, da un anno comandante in capo dell'esercito ucraino. Dopo un lungo periodo di demoralizzazione e sconfitte nel Donbass, l'Ucraina non molla l'iniziativa a Kursk. L'obiettivo dell'offensiva è ancora avvolto nel mistero. Syrsky dichiara che l'ha lanciata per prevenire un rafforzamento russo nella regione.

Che sia una punizione per l’incursione nella regione russa di Kursk o il solito manuale del conflitto di Vladimir Putin contro le infrastrutture civili, l’Ucraina è stata colpita per il secondo giorno di fila da un attacco diretto contro parte del suo territorio: più di ottanta droni e dieci missili (tre Kinzhal, cinque Kh-101, due Iskander) sono stati lanciati contro gran parte del suo territorio e i jet polacchi, dall’altra parte del confine occidentale, hanno trascorso la seconda notte in allerta. La contraerea ucraina è stata pronta e abile, all’abbattimento hanno partecipato anche i caccia F-16 arrivati quest’estate, ma Kyiv non ha ancora la capacità di eliminare tutto quello che i russi lanciano né di fermare ogni attacco che tormenta le notti degli ucraini e mira a distruggere le loro infrastrutture energetiche.

E’ un assaggio dell’inverno, quando il danno alle centrali elettriche si sente di più, o è una minaccia per far capire alle Forze armate dell’Ucraina che se intendono andare avanti nella regione russa di Kursk, o in quella di Belgorod, i civili continueranno a essere presi di mira: il metodo non cambia, serve a sfiancare, a creare una pressione da parte dei civili contro l’esercito per chiedere la fine della guerra. I tentativi di Mosca di costringere gli ucraini alla resa finora sono stati vani e adesso che l’esercito sta portando avanti l’offensiva nel territorio russo c’è ancora meno appetito per concedere a Mosca una pace alle sue condizioni. Kyiv alza la testa e ai due giorni di attacchi russi ha risposto come mai aveva fatto prima: il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha promesso una ritorsione e durante un incontro con la stampa ha fatto sapere che il primo missile balistico di produzione ucraina è stato testato con risultati soddisfacenti. Non era mai accaduto che Zelensky, dopo una delle tante notti, albe o tramonti trascorsi al riparo dai missili di Mosca e dai droni dell’Iran promettesse al capo del Cremlino Vladimir Putin una ritorsione. L’Ucraina sente che questo è il momento della svolta, è pericoloso, pieno di criticità. L’operazione Kursk è accompagnata dall’avanzata dell’esercito russo nella regione ucraina di Donetsk, gli ucraini sono costretti a sfollare, la linea del fronte si sposta e Mosca va verso l’occupazione di nuovi territori: un’avanzata lunga, dispendiosa, ma comunque dolorosa per l’Ucraina. Kursk ha insegnato qualcosa di diverso, ha mostrato che l’Ucraina ha energie, ha forze e può mettere in difficoltà Mosca o entrando nel suo territorio, o facendo arrivare le sue armi fino alla capitale. In tutti e due i casi, Kyiv dimostra che il Cremlino non ha un piano di intervento per liberare i suoi stessi territori, per bloccare l’avanzata dei soldati ucraini e non ha le difese aeree per fermare gli attacchi contro Mosca o contro le sue raffinerie, i suoi depositi di armi, i suoi impianti di stoccaggio. Questa consapevolezza non mette in crisi il potere di Vladimir Putin, che è ancora saldo e può contare su una catena di comando dentro all’esercito e sui servizi segreti a lui molto fedele, ma scuote una macchina impostata per portare avanti una guerra lunga, per avanzare rosicchiando territorio, per costringere l’altro a difendersi. Zelensky ha detto che non c’è spazio in questo momento per un negoziato con Putin ed è pronto per presentare agli Stati Uniti, al presidente uscente Joe Biden e ai due candidati alla Casa Bianca Kamala Harris e Donald Trump, una strada per arrivare alla vittoria: nessun passo indietro, Kyiv non cede. L’Ucraina ha alle spalle un inverno di sconforto e di mutamenti. Il cambio ai vertici delle Forze armate, l’uscita del generale amatissimo Valeri Zaluzhny e l’arrivo del non molto amato Oleksandr Syrsky hanno messo in crisi l’umore dei soldati e della popolazione, tanto più che l’arrivo di Syrsky è coinciso con il ritiro da Avdiivka, la prima città caduta dopo Bakhmut, e da cui gli ucraini si sono ritirati in modo confuso e disorganizzato. Adesso Syrsky sta dando prova di avere le idee chiare: non considera la guerra contro Mosca come una questione di difesa, non è più soltanto potenziamento della linea del fronte, ma si fonda sulla consapevolezza che Kyiv non avrà mai a disposizione un pozzo di soldati come quello di Putin, quindi deve agire in modo diverso. La guerra non è più solo lungo il fronte impostato da Mosca, adesso riguarda tutta la regione: i confini tra Russia, Ucraina e Bielorussia sono porosi. Syrsky ieri ha parlato per la prima volta degli obiettivi dell’operazione Kursk, ha detto che Mosca ha inviato a fermare l’avanzata di Kyiv circa trentamila soldati che intendeva mandare in Ucraina. Kyiv aveva osservato i movimenti russi e per prevenirli ha lanciato l’operazione Kursk: ora nella regione controlla 1.294 chilometri quadrati – una porzione di territorio grande quanto quello di Roma capitale – controlla cento insediamenti e ha catturato cinquecentonovantaquattro soldati russi.

Forse per cercare di distrarre gli ucraini dall’est, sul territorio bielorusso in direzione di Chernobyl, Minsk ha schierato i suoi soldati, che difficilmente hanno le potenzialità per attaccare l’Ucraina, ma possono dare fastidio, organizzare incursioni e passare attraverso quel tratto di confine da cui il 24 febbraio si mossero i soldati russi. L’esercito bielorusso è sparuto e con soldati poco motivati, ma ormai da un anno conta sul sostegno e l’addestramento degli uomini che un tempo erano mercenari della Wagner, e deve sottostare agli ordini del dittatore Aljaksandr Lukashenka, sempre ansioso di fare colpo su Putin.

Per inviare al Foglio la propria opinione, telefonare: 06/5890901, oppure cliccare sulla e-mail sottostante

lettere@ilfoglio.it