17/6/02 La storia reiventata
Falsi storici sull'Israele
Testata: Corriere della Sera
Data: 14/06/2002
Pagina: 1
Autore: Cesare Medail e Guido Olimpio
Titolo: Gli arabi, gli ebrei e la doppia memoria della Resistenza-Sangue e Bookmaker
La seconda parte dell'articolo tratta della Resistenza, di cui non ci occupiamo in questa sede. Ci occuperemo dunque solo della prima parte, che ci riguarda invece da vicino.

1948: la prima guerra fra arabi ed ebrei portò alla nascita dello Stato d’Israele

Falso storico: la nascita dello stato d'Israele era stata decretata da una risoluzione Onu; DOPO la sua nascita gli arabi scatenarono la guerra per distruggerlo.

e al primo esodo dei palestinesi dalle loro terre.

Per volontà degli arabi, come è documentato da fonti arabe.

Ma gli uni e gli altri ricordano quell’anno in modo opposto: e una memoria divisa può generare nuovi cicli di violenza

Non c'è mai stato nessun "ciclo" di violenza: c'è una parte che da 54 anni continua ad attaccare e un'altra che da altrettanto tempo cerca di difendersi.

(«Memoria e violenza» è il tema di un Convegno della Fondazione Feltrinelli, a Cortona). Per gli israeliani il ’48 fu la riparazione loro dovuta dall’umanità dopo l’Olocausto;
No: fu la realizzazione di una promessa fatta dal governo britannico oltre 30 anni prima - realizzazione peraltro molto incompleta, visto che dalla terra che il governo britannico si era impegnato a dare agli ebrei era già stato sottratto circa il 75% per costituirvi il regno di Transgiordania (da cui furono immediatamente cacciati tutti gli ebrei che vi risiedevano), e con la risoluzione Onu veniva sottratta quasi la metà di ciò che rimaneva per farne lo stato di Palestina.

e rimuovono le «atrocità», le violenze subite dall’«altro», al quale non riconoscono lo stato di vittima. Al contrario, la narrativa palestinese che ancora rivive la perdita di vite e la fuga dalle case, chiama il ’48 «anno della Catastrofe», dirà a Cortona Ilan Pappe, politologo dell’Università di Haifa.
Gli israeliani non riconoscono ai palestinesi lo stato di «vittime» della loro violenza, perché ciò rifletterebbe i loro incubi peggiori.

Falso: gli israeliani non lo riconoscono perché i palestinesi sono vittime della violenza araba, come sa chiunque abbia una sia pur minima conoscenza storica della regione.
Da parte palestinese, invece, c’è una riluttanza a riconoscere compiutamente l’Olocausto,

Non è che non lo riconoscano "compiutamente": non lo riconoscono affatto.

offrendo così ulteriori motivazioni all’aggressività israeliana.
Falso: da parte israeliana c'è difesa dall'aggressività araba, nient'altro che questo.

La ricomposizione della memoria divisa, quindi, con l’esplicito, mutuo riconoscimento dello stato di vittima, è la premessa necessaria di ogni processo di pace, sostiene Pappe, prima ancora di qualunque accordo sui confini.
E come mai si interpella una sola delle parti? Per parlare di pace non bisognerebbe essere in due?

Sangue e Bookmaker
Corriere della Sera, venerdì 14 giugno

E in Israele c’è chi scommette sugli attentati
Si punta sui luoghi dove colpiranno i kamikaze. Un attacco alle Torri di Tel Aviv è dato 15 a uno
di Guido Olimpio

Nella giornata di ieri si è riunito per la prima volta a Ramallah il nuovo governo palestinese; una ventina di terroristi in procinto di compiere attentati suicidi sono stati arrestati; dieci palestinesi e due israeliani sono rimasti feriti in scontri nei territori, ma ai lettori del Corriere non è dato di essere informati su questi fatti, perché a Guido Olimpio è arrivata una sola notizia: che in Israele c'è chi scommette sul luogo dei prossimi attentati. E sembra che il nostro non sia disposto a prendere in considerazione l'ipotesi che si tratti di un tentativo di esorcizzare in qualche modo il terrore in cui sono costretti a vivere gli israeliani: solo condanna per i soliti ebrei pronti a speculare anche sulla morte dei propri cari.

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME - Che molti israeliani abbiano la passione del gioco è cosa nota. Erano capaci di sfidare terroristi e posti di blocco pur di tentare la fortuna al casinò palestinese di Gerico, prima che fosse chiuso a causa dell’intifada. Ma un gruppo di giocatori di Kiryat Malachi, nel sud del Paese, ha superato ogni limite. Un giornale locale ha rivelato che alcune persone hanno messo in piedi una rete per scommettere su dove avverrà il prossimo attentato. La polizia della città ha avviato un’inchiesta per scoprire i responsabili dell’incredibile iniziativa.
I bookmaker hanno preparato con l’aiuto di un computer una specie di formulario e hanno diviso Israele in «regioni d’attacco». Ogni zona ha ovviamente una probabilità più o meno alta di essere teatro di un’attentato suicida. E questo «rate» determina il pagamento della posta. In una zona isolata, risparmiata dai kamikaze - esempio Eilat - il vincitore è pagato 17 a uno. Una bomba contro le Torri Azrieli di Tel Aviv 15 a uno. Guadagni bassi invece nella fascia costiera, martoriata da decine di operazioni suicide, e a Gerusalemme, per mesi il principale bersaglio degli uomini bomba.
La puntata minima è di due euro ed è possibile puntare su una sola regione. Gli organizzatori si sono preoccupati di fissare delle regole per definire «l’attentato». Primo: l’azione deve essere compiuta da un arabo. Secondo: la notizia dell’attacco deve essere riportata dai media.
Un giocatore, intervistato dal giornale, ha difeso la sua scelta. «Non mi vergogno. Viviamo in un Paese dove succedono tante cose. E poi chi non vuole partecipare non è forzato a farlo».
Chissà cosa penseranno le famiglie dei 17 israeliani uccisi qualche settimana fa a Rishon Letzion all’interno di una sala da gioco illegale. Secondo la polizia il kamikaze era un cliente del locale e per questo è riuscito a compiere la strage.
Guido Olimpio





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