Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 26/08/2024, a pag. 8, con il titolo 'Il killer di Solingen doveva essere espulso. Scholz sotto attacco sull’immigrazione'" la cronaca di Mara Gergolet
Mara Gergolet
Issa al Hasan doveva essere espulso. È questa la verità burocratica che emerge il giorno dopo. L’uomo che si è consegnato alla polizia dicendo «sono io colui che cercate» e che è stato incriminato per terrorismo alla Corte di Karlsruhe per l’attentato di Solingen rivendicato dall’Isis, non solo non doveva più essere in Germania. Ma ha beffato la legge tedesca in un modo che ha lasciato molti interdetti, perfino increduli. Arrivato a Bielefeld, nell’Ovest, nel 2022, è stato raggiunto da un decreto d’espulsione: doveva tornare da dov’era arrivato, ossia nel Paese Ue di primo approdo, come prevede il regolamento di Dublino. Nel suo caso, la Bulgaria. Ma Issa a quell’ordine non ha mai risposto, si è negato all’ufficio immigrazione l’unica volta che i funzionari l’hanno cercato a casa — rendendosi irreperibile — finché i termini dell’ordinanza non sono scaduti, e l’espulsione non era più eseguibile. A quel punto, invece, per la legge tedesca la sua permanenza si è regolarizzata, anzi ha pure ottenuto la «protezione sussidiaria», come chi arriva dalla Siria e dall’Afghanistan. Ricevendo un alloggio nel centro rifugiati di Solingen, a 250 metri dalla piazza dove ha compiuto la strage.
È questo castello kafkiano di procedure che non funzionano, e che è facilissimo aggirare, ad aver inevitabilmente aperto il dibattito politico. Non solo nelle file più estremiste, ma anche tra l’opposizione cristiano-democratica e nel governo. Il caso del terrorista di Solingen illumina la montagna di pratiche inevase e mostra le difficoltà del cancelliere Scholz a realizzare quel che pur aveva promesso: «Espellere in grande stile». Solo per restare ai primi 6 mesi di quest’anno, sono 43 mila i richiedenti asilo provenienti da altri Paesi Ue, Italia inclusa, che la Germania ha deciso di rimandare indietro. Ebbene, per 23 mila di questi c’è già anche l’accordo con il Paese d’approdo: eppure solo in 3.500 sono partiti.
L’estrema destra dell’Afd ieri ha pubblicato un manifesto elettorale con un aereo in volo, e sopra la scritta «Sommer, Sonne, Remigration»: estate, sole, remigrazione. È questa la parola d’ordine: remigrazione. Oscura e nebulosa, secondo i teorici come Martin Sellner, il leader identitario austriaco che l’ha coniata, vuol dire che devono andarsene tutti quelli che non si integrano a sufficienza, che non sono «abbastanza tedeschi», anche se hanno i documenti in ordine e i figli iscritti a scuola. L’Alternativa per la Germania, l’Afd, l’ha trasformando nel suo principale slogan elettorale: e domenica, quando si vota in Turingia — dove da mesi è primo partito — si misurerà quanto l’estrema destra ha messo piede.
Ma non si tratta solo dell’Afd. Ieri è stata la giornata in cui ha affondato Friedrich Merz, il leader della Cdu e, come lo chiama la stampa britannica, il «cancelliere-in-attesa». Merz ha scelto parole dirette: «Non sono i coltelli il problema, ma le persone che li portano in giro. Nella maggior parte dei casi si tratta di rifugiati e dietro la maggior parte dei crimini ci sono motivazioni islamiste». Ha chiamato in causa Olaf Scholz: «Le visite sui luoghi del crimine, le espressioni di compassione e le minacce di punizione sono tutte corrette e necessarie, ma non sono più sufficienti. Basta. Ora è il momento del cancelliere federale». Subito dopo gli ha teso la mano con una proposta «avvelenata»: noi ci siamo per una legge più dura sull’immigrazione, se dovesse mancare il sostegno di verdi o liberali. E ha elencato alcune priorità: 1) si può espellere in Siria e Afghanistan; 2) controlli ai confini; 3) procedure veloci.
Spetterà a Scholz dare una risposta questa settimana. Il presidente Steinmeier avverte che «dobbiamo proteggerci da questi attacchi, e forse proteggerci meglio», aprendo a maggiori poteri per le forze dell’ordine. Il governo discute se proibire i coltelli oltre i 6 centimetri, come chiedono i verdi. Ma non è certo quella la misura chiave. La Spd da tempo è schierata sulla linea dura delle socialdemocrazie nordiche, meno aperte. Ma indipendentemente dagli inviti di Merz, alla fine dovrà muoversi Scholz.
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