Riprendiamo da LIBERO di oggi, 25/08/2024, a pag.1/11, con il titolo "I cattolici spingono gli Usa verso Trump" il commento di Antonio Socci.
Antonio Socci
Alcuni giorni fa, sul New York Times, è intervenuto Matthew Schmitz, direttore della rivista online Compact.
Il suo articolo aveva questo titolo: «I convertiti cattolici come JD Vance stanno rimodellando la politica repubblicana». Secondo l’autore «il cattolicesimo mantiene una sorprendente risonanza nella vita americana, soprattutto in certi circoli d'élite. È emerso come il gruppo religioso più grande e forse più vivace in molte delle migliori università. Rivendica come seguaci sei dei nove giudici della Corte Suprema. Continua a conquistare convertiti di alto profilo e il suo insegnamento sociale esercita un'influenza (spesso non riconosciuta) sui dibattiti pubblici, ispirando pensatori politici che cercano di sfidare sia la sinistra culturale che la destra laissez-faire». Questa riflessione diventa oggi ancora più attuale per la scelta del cattolico Robert F. Kennedy Jr di schierarsi a fianco di Donald Trump. Egli è infatti il nipote di John, il primo presidente cattolico della storia americana: la sua fede religiosa a quel tempo suscitò molti problemi perché l’élite degli Stati Uniti era tradizionalmente Wasp white anglo-saxon protestant – e non amava i cattolici, perlopiù di origine irlandese o italiana (lo racconta il libro di Shaun Casey, The Making of a Catholic President: Kennedy vs. Nixon, Oxford University Press). Robert Kennedy Jr è il figlio di Bob Kennedy, anch’egli ucciso in un attentato. Ha rotto con il Partito Democratico perché sostiene che suo padre e suo zio non si riconoscerebbero più in esso: uno smacco storico per i Dem che hanno sempre sbandierato i due fratelli Kennedy uccisi come loro simboli. Ora c’è da aspettarsi una dura campagna mediatica contro Robert Kennedy Jr. Il quale – a proposito della sua fede personale - ha raccontato che i suoi santi preferiti sono Francesco (il secondo nome suo e di suo padre), a cui ha dedicato anche un suo libro, e Agostino. In una intervista a Vatican news ha spiegato che «la fede di mio padre era la fede di Dorothy Day, dei Vangeli. Era il cattolicesimo in cui credevano Papa Giovanni XXIII e San Francesco d'Assisi, per il quale la Chiesa dovesse essere uno strumento di giustizia e gentilezza in tutto il mondo». Una visione che ritiene la stessa di Papa Francesco.
Ma torniamo al vicepresidente designato da Trump, James D. Vance: è un convertito recente, è stato battezzato nella Chiesa Cattolica nel 2019. Le sue convinzioni cattoliche appaiono più argomentate di quelle di Kennedy jr. Schmitz spiega che egli si è unito «a un influente gruppo di convertiti conservatori, tra cui gli studiosi di diritto Erika Bachiochi e Adrian Vermeule, lo scienziato politico Darel Paul, l’editorialista Ross Douthat, il teologo R.R. Reno e lo scrittore Sohrab Ahmari», i quali «condividono una combinazione di conservatorismo sociale» e la volontà di opporsi tanto ai neocon, sul dominio del mercato e della globalizzazione che ai liberal, sulla deregulation antropologica e l’ideologia woke. «Nel farlo, possono rivendicare» scrive Schmitz «una giustificazione dalla dottrina sociale cattolica». Non a caso Vance nel 2019 dichiarava: «Le mie opinioni sulla politica pubblica e su come dovrebbe essere lo stato ottimale sono piuttosto allineate con la dottrina sociale cattolica».
NUOVO CONSENSO
Riguardano la difesa della vita e dell’antropologia tradizionale, il patriottismo, la pace (in accordo con l’opposizione alla guerra di Trump) e anche le questioni economiche con idee del tutto diverse dagli intellettuali cattolici conservatori del passato che erano – come Michael Novak – molto fiduciosi nel Mercato e nella globalizzazione. L’idea della difesa dei salari e l’apertura verso i sindacati (il senatore Marco Rubio fu tra i primi a farla, citando proprio la dottrina sociale della Chiesa) s’incontra con la politica di Trump a favore dei lavoratori americani impoveriti dalla globalizzazione. Infatti è stato molto significativo l’intervento, alla Convention repubblicana, per la prima volta nella storia, di Sean O’Brien, presidente di uno dei maggiori sindacati di Stati Uniti e Canada (l’International Brotherhood of Teamsters).
La crescente influenza dei cattolici che, spiega Schmitz, «ha modificato il modo in cui il Partito Repubblicano affronta la politica» e in certi casi ha «contribuito a creare un nuovo consenso al di là delle linee di partito», non è dovuta alla forza di lobby e istituzioni cattoliche, ma al valore della loro visione realista e umanista: è la visione cattolica che cerca di evitare i disastrosi eccessi delle ideologie dominanti, facendo tesoro del magistero sociale dei Papi, da Leone XIII ad oggi.
C’è però, alla base, anche un importante cambiamento sociologico che rende decisivo il voto cattolico alle presidenziali. Oggi vivono negli Usa 72 milioni di cattolici e il cattolicesimo è la prima religione organizzata del Paese (ma ovviamente inferiore alla somma delle tante confessioni protestanti). Questo rappresenta una svolta nella storia americana e fa della Chiesa cattolica americana- che ha un episcopato compatto e molto autorevole, che guida un popolo cattolico fedele e attivo- un modello per tutta la Chiesa. Insieme alla Chiesa africana che è in forte crescita di fedeli (257 milioni) e sacerdoti, nonostante le persecuzioni islamiste che subisce.
Con Giovanni Paolo II si guardava al modello Polonia che poi con Solidarnosc, nato dalla visita del Papa nella sua patria, non rappresentò solo la scintilla che portò al crollo del comunismo all’Est europeo, ma soprattutto indicò una strada incruenta attraverso cui le Nomenklature comuniste capirono che potevano mollare il potere senza un bagno di sangue. Poi, dopo, il modello di cattolicesimo italiano fece parlare di "eccezione italiana": fu dovuto alla forte influenza Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger, ai nuovi movimenti allora erano fiorenti e alla guida del card. Ruini sull'episcopato.
Il vento nuovo, oggi, per la Chiesa, arriva dalle periferie: Africa e Stati Uniti. Ma è un vento nuovo pure per l’Europa e il mondo.
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