Riprendiamo da LIBERO di oggi 25/08/2024, a pag. 1/3, con il titolo "I vescovi sostengono le "navi umanitarie"? Portino tutti in Vaticano", l'editoriale di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
Non siamo (e nemmeno amiamo) quel tipo di liberali che pretenderebbero di spiegare alla Chiesa ciò che essa deve dire o fare. In una società basata sulla libertà- che lo spirito di Tocqueville ci protegga e ci illumini tutti! - è fondamentale assicurare tanto ai singoli credenti quanto alle confessioni religiose la possibilità di dispiegare pienamente e liberamente la propria predicazione e la propria azione pastorale.
Meno che mai ci permetteremmo (ce lo vieterebbero il rispetto, il senso della misura e perfino un minimo di senso dell’autoironia) di formulare appunti sulle parole del Papa: l’Italia è già piena di laici aspiranti estensori di encicliche.
Per tutte queste ragioni, abbiamo registrato senza fare una piega la benedizione papale indirizzata all’equipaggio della nave Mare Jonio, e pure la notizia che questa imbarcazione (che fa capo all’ong Mediterranea Saving Humans) sarà affiancata da un’ulteriore nave finanziata dai vescovi, cioè dalla Conferenza episcopale italiana. Su questa barca- apprendiamo - oltre ai volontari e ai medici ci sarà anche una delegazione di giornalisti.
Abbiamo letto dell’entusiasmo di don Mattia Ferrari, il supertelevisivo cappellano della ong, e a suo tempo prendemmo nota dell’incontenibile gioia di Luca Casarini, già leader no global e ora salvatore/traghettatore nei nostri mari, recentemente al centro di un rumoroso caso giornalistico proprio relativo a presunti finanziamenti di provenienza ecclesiastica alla ong.
Tutto questo- nel merito- non ci piace, non ci convince, ci pare legato a una visione dell’immigrazione che tende a giustificare (e temiamo perfino a favorire) l’immigrazione illegale e incontrollata. E, su un altro piano, abbiamo anche seri dubbi sul fatto che molti cattolici italiani siano contenti di questo tipo di attivismo ecclesiastico pro ong. Ma - da liberali non possiamo eccepire altro in termini di pura teoria: libera la Cei di finanziare chi crede, libere le ong di avvalersi di quel sostegno, liberi i cattolici italiani di farsi la propria idea al riguardo.
Dov’è che però qualche domanda diventa doverosa da parte nostra? Par di capire che queste operazioni marittime, pure stavolta (ma in questo caso con l’intervento diretto di un ente ecclesiastico) porteranno i migranti in Italia. È qui che casca tutto. Liberali sì, ma ciechi non ancora, potremmo dire. Come funziona il meccanismo? Qualcun altro compie l’opera di carità, ma poi si chiede allo Stato italiano di pagare il conto, di accogliere i migranti (illegali o clandestini, scegliete voi il termine preferito), di sostenere i costi (materiali, morali, e anche legali, visto quel che poi inevitabilmente accade nelle nostre città con l’arrivo di questa marea umana)?
Ecco, l’azione dei vescovi sarebbe ineccepibile se prevedesse un altro finale: e cioè la consegna dei migranti alla Città del Vaticano, a cui peraltro non mancano i mezzi e gli immobili per farsene carico.
È anche il caso- starei per dire: in termini di leale collaborazione - di capire come si concilii questa azione con il vigente Concordato tra Chiesa e Stato, e pure con il meccanismo dell’8 per mille, del quale la Chiesa italiana beneficia in modo assai significativo, anche con meccanismi che sono stati oggetto di vasto dibattito e pure di qualche dissenso.
Ecco, sempre in termini liberali, c’è da chiedersi: è virtuoso, è difendibile un meccanismo per cui da un lato una confessione religiosa incassa, e dall’altro (con le sue azioni non concordate) pone costi di ogni tipo a carico dello Stato? Sono interrogativi legittimi, che credo molti si pongano, sia tra credenti sia tra i laici.
Lo diciamo con il massimo rispetto possibile: ma la sensazione è che da parte dell’attuale Cei (o da parte di singoli prelati nel silenzio della Cei stessa) le forme di attivismo politico stiano via via allargandosi, casualmente sempre in direzione antigovernativa: e dopo il caso delle campagne anti-autonomia, ora si va sul terreno ultrasensibile dell’immigrazione, ponendo oneri e costi inevitabilmente a carico dello Stato italiano. Più di qualcosa non torna, ci pare.
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